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Agrypnie - Aetas Cineris
( 3357 letture )
“...I also have phases in my life with really intensive repeating nightmares, or I just can´t sleep at all (insomnia = Agrypnie). Some lyrics are about these nights. It is really amazing and fascinating how big the impacts of those things are. Sometimes the whole next day is a kind of unreal, because you're still captivated by a dream from the last night or just a sequence of it...” (da un'intervista a Torsten, Der Unhold)

Quarto full lenght per i tedeschi Agrypnie, che interrompono la cadenza biennale mantenuta per i predecessori con Aetas Cineris, album in cui vengono esasperate ed in parte superate alcune caratteristiche che da sempre hanno caratterizzato il trademark della band: marzialità nel comparto ritmico, inconsistenza dei passaggi di tastiera, elevata lunghezza delle composizioni, trasformando sempre più l'ascolto in un viaggio siderale, scaldato dal torpore emotivo caratteristico della band.

Ad una prima analisi emerge che il nuovo arrivato in casa Agrypnie risulta legato a doppio filo con l'EP Asche, edito a fine 2011. Oltre ad essere stati registrati nella stessa sessione e a condividere Gnosis ed Erwachen (praticamente immutate tra un'uscita e l'altra, ad eccezione del mastering), alcuni piccoli particolari creano specularità tra le due pubblicazioni: i titoli fanno riferimento allo stesso soggetto, la coppia di strumentali Kosmos [Alpha]/Kosmos [Omega], le cover che rappresentano soggetti simili. Volendo essere riduttivi, si potrebbe riconoscere una buona scelta di marketing: anticipare l'album con un singolo, magari contenente anche del materiale extra, è oramai una politica sempre più spesso sfruttata dalle band, tuttavia non è che una visione limitata. È molto più probabile, che Torsten si sia trovato con una tale quantità di materiale inedito a fine registrazione da decidere di spezzarlo in due uscite, non volendo sprecare nulla del frutto della proprie nottate.

La traversata si apre con Trümmer/Aetas Cineris, sul suono di accordi di piano lapidari, rintocchi echeggiano su un corridoio di vetri infranti, prima di lasciare spazio alla calda furia del quartetto. Le linee vocali sovraincise sono più graffianti che mai, incalzate dal fast picking e dalla sezione ritmica tellurica, tuttavia in grado di ammorbidirsi con le melodie a cui gli Agrypnie hanno abituato il proprio pubblico nel corso degli anni.
Si nota presto che Aetas Cineris possiede delle tempistiche dilatate, a tratti quasi trascinate, ma in grado di accentuare la componente malinconica del songwriting. Anche quando i synth si fanno avvolgenti e gli arpeggi di chitarra si disperdono tra riverberi remoti, la scansione delle pelli rimane incalzante e serrata, contrapponendo stop'n go alla continuità dei fraseggi della sei corde. Una caratteristica che ritorna spesso in tutto il platter è come il lavoro ritmico ed il fraseggio melodico si contrappongano, creando un intrico di plumbee sfumature e bagliori fulminei, catturando alternativamente l'attenzione dell'ascoltatore che è in bilico tra l'apprezzare il tocco di gocce di pioggia ardente sulla pelle e la maestosa grandezza del rombo di un tuono.
La componente strumentale si ritaglia un spazio maggiore rispetto al passato, lasciando a Torsten il tradizionale ruolo di cantore del dolore, in quest'occasione accentuato dall'ossessività delle musiche e dalla funambolesca architettura del vuoto concepita dalla band. Le strutture più classiche, di cui ancora c'era traccia in 16[485] , vengono qui sconvolte, uscendo dal canone e trasformando ogni capitolo in un viaggio a sé stante.
A questo proposito l'organizzazione della tracklist è sapiente: i brani più strutturati sono separati tra loro da lunghi passaggi senza voce e code strumentali, in modo da rendere digeribile la durata di ogni traccia, che complessivamente non sta mai sotto gli otto minuti. La fluidità viene aumentata dall'inserimento di un break strumentale, Kosmos [Alpha], peregrinazione tra stelle morenti e relitti di corpi celesti ormai esausti in cui la temperatura scende ed il clima si fa asettico.
Infine, la coppia conclusiva comprende i due brani più lunghi dell'album, che da soli occupano quasi ventitre minuti di riproduzione. Sinnflut è come una corsa verso il baratro mentre il terreno frana sotto i piedi. Il momento in cui si realizza l'imminente caduta è straniante, immagini che scorrono in slow motion, in preda ad un turbinio di sentimenti contrastanti. Lentamente i confini degli oggetti sfumano fino a perdere consistenza, sulle note inconsistenti dei synth che iniziano ad abbracciare ogni cosa. Un ultimo disperato grido acustico crea continuità con Asche, in cui chitarre clean ed intrecci di cori strutturano una colonna sonora del vuoto, lasciando spazio solamente ad una chiusura dai toni epici.
Poco ancora da aggiungere, se non che l'esecuzione e le capacità strumentali del quartetto sono degne di nota, messe in risalto da scelte di produzione azzeccate, soprattutto per quanto riguarda i suoni e la stratificazione degli strumenti. Nonostante molto spesso nell'estremo vinca il sound d'insieme e l'impatto, in questo caso la disposizione dei tappeti atmosferici e dell'effettistica riesce a creare un substrato fatto di panneggi di delay e vellutati passaggi elettronici, in grado di conferire un'aura di soprannaturalità all'intero album. L'impianto melodico, di per sé già orientato verso la malinconia, diviene così ancora più delicato ed impalpabile, una ragnatela su cui si condensano le gocce della tristezza.

In definitiva, Aetas Cineris rappresenta un ulteriore passo per gli Agrypnie, che confermano le doti già messe in mostra con 16[485] e decidono di puntare verso una nuova galassia, concedendosi qualche rallentamento esplorativo. Ma, se a prima vista Aetas Cineris non delude le aspettative, va sottolineato come questa uscita non sia un lavoro di puro consolidamento: le architetture ambient cominciano ad infiltrarsi sempre più in profondità e a dilatare le strutture dei brani, ampliando le sezioni strumentali e piantando i semi di una sperimentazione votata alla trascendenza della tipica struttura della canzone.
Non sorprenderebbe se con il prossimo lavoro Torsten e soci si spingessero ancora più in là nella propria ricerca di rarefazione emozionale, alla conquista di nuove cineree nebulose.



VOTO RECENSORE
82
VOTO LETTORI
92.5 su 2 voti [ VOTA]
Macca
Martedì 6 Marzo 2018, 19.55.48
9
Che bello! Uno stile che mi ricorda molto i connazionali Der Weg Einer Freiheit, di cui adoro Stellar. Ottima band che aggiungerò sicuramente alla discografia.Voto 78
il vichingo
Martedì 26 Marzo 2013, 14.07.33
8
Ho appena ascoltato un pezzo degli Atra Vetosus e per tutta la durata ho avuto i brividi alla schiena. Veramente un ottimo disco, quasi quasi ci apro un topic sul forum... grazie per la segnalazione, Marchese.
Le Marquis de Fremont
Martedì 26 Marzo 2013, 13.38.47
7
Je m'excuse, c'entra poco con questa recensione ma vorrei segnalare anche Voice from the Eternal Night degli australiani Atra Vetosus che rischiano di diventare quello che sono stati i compatrioti Ne Obliviscaris nel 2012. Semplicemente stupendo. E si aggiunge a questo... Au revoir.
Le Marquis de Fremont
Lunedì 25 Marzo 2013, 14.24.31
6
Disco splendido di una band che non conoscevo e della quale devo ringraziare Monsieur GioMasteR per la segnalazione. Questo 2013 dopo Fen, October Falls et Eternal Tears of Sorrow, promette veramente bene. J'adore questo tipo di musica dai tempi dilatati e dal songwriting intenso e profondamente sentito. Dezember, Gnosis et Erwachen decisamente splendide. Vado subito a procurarmi i loro precedenti. Au revoir.
Max
Martedì 19 Marzo 2013, 11.21.59
5
Disco veramente bello, ma alla fine mi annoia un po' per via di alcune parti che non mi hanno convinto in pieno, poi è una questione di gusti. Bravi anche dal vivo, visti al summer breeze lo scorso anno e un paio di settimane fa' in Germania che promuovevano questo nuovo disco, anche se ero presente per i loro colleghi Der Weg Einer Freiheit...
golem
Lunedì 18 Marzo 2013, 21.44.10
4
disco vermanete bello e abbondantemente sopra la media di questo momento. il voto, considerando il panorama attuale (e certi votoni regalati a destra e a manca in rete), è pure stretto
Arvssynd
Lunedì 18 Marzo 2013, 16.03.42
3
Il black che offrono loro non riesce mai a stufarmi, eccezionali
il vichingo
Lunedì 18 Marzo 2013, 15.09.12
2
Incuriosito ho ascoltato Dezember ed in effetti ci troviamo di fronte ad un dischetto Black davvero di classe. Devo approfondire...
piggod
Lunedì 18 Marzo 2013, 14.53.24
1
Ormai lo sto ascoltando quotidianamente da più di una settimana e sono sempre più convinto che ci troviamo dinnanzi ad un lavoro di proporzioni enormi. Voglio lasciare sbollire l'entusiasmo iniziale, ma quì ho l'impressione di aver trovato il candidato numero uno a disco dell'anno...
INFORMAZIONI
2013
Supreme Chaos Records
Black
Tracklist
1. Trümmer/Aetas Cineris
2. Dezember
3. Zurück
4. Kosmos [Alpha]
5. Gnosis
6. Erwachen
7. Sinnflut
8. Asche
Line Up
Torsten, Der Unhold (Voce, Chitarre, Tastiere, Basso)
Martin Kühr (Chitarre)
Nathanael (Basso)
René Schott (Batteria)
 
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