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Tiger B. Smith - Tiger Rock
( 1851 letture )
I Tiger B. Smith, sebbene il nome possa far pensare al classico gruppo stradaiolo/glam di matrice americana, erano un ensemble di tre ragazzi provenienti dalla Germania ed attivo nei lontani anni 70; influenzati pesantemente dall’imprescindibile Jimi Hendrix, ma anche dagli onnipresenti Black Sabbath e dagli Hawkwind, i tre tedeschi suonavano un misto fra hard rock, blues caricato a pallettoni e sporadiche venature prog, che tuttavia non fecero loro ottenere i risultati sperati e sognati, nonostante alcuni tour di spalla a gruppi come U.F.O. e Scorpions: la band, difatti, si sciolse nel 1975 e, salvo una breve reunion ad opera del cantante/chitarrista Holger Schmidt nel 2001, è passata decisamente sotto silenzio.

Quest’oggi, dunque, ci siamo ripromessi di analizzare l’esordio di questo trio, materializzatosi nel lontano 1972 sotto l’etichetta Vertigo ed intitolato Tiger Rock. Se anche voi, leggendo questo nome per la prima volta, avete avuto un breve flash di Rocky Balboa che si allena al ritmo di Eye of the Tiger per sconfiggere il temibile (e dopato) Ivan Drago, allora alzate la mano…a parte scherzi, il disco, che contiene solo cinque tracce, si apre in ottimo modo: la title-track, difatti, sfodera prima un riff abbastanza catchy di chiara matrice seventies, poi evolve in una cavalcata in cui l’influenza dei Black Sabbath, quelli di Children of the Grave in particolare, è palese: anche la voce del frontman, il già citato Holger Schmidt, fa vagamente il verso al caro vecchio Ozzy e, senza che il buon Madman o lo stesso Schmidt ce ne vogliano, proprio la voce sembra essere la parte meno brillante di un brano altrimenti di buona fattura; oltre alla voce, che peraltro è effettata, c’è da dire che anche qualche cambio di tempo di troppo non aiuta la coesione del brano, ma non la inficia neppure in maniera eccessiva. Un attacco di batteria più cadenzato, con riff che si aggancia poco dopo, introduce la seconda traccia, These Days, dove la voce del frontman è un pochino più variegata e suona meglio; i suoi compagni in sottofondo sfoderano una prestazione nuovamente convincente. Il limite della band in queste due prime tracce, come sottolineato, risiede in qualche cambio di tempo di troppo ed in una voce non sempre all’altezza, ma le qualità dei singoli non si discutono. Everything I Need possiede nuovamente un bel riff ed un bel ritmo, ma le linee vocali non convincono del tutto e lo dico con rammarico dato che il brano avrebbe tutto per essere un’ottima hit. A questo punto, immaginandoci di dover cambiare lato del vinile, incontriamo i due brani conclusivi del disco, i più lunghi nonché quelli, di conseguenza, più ammantati di influenze prog: To Hell, della durata di quasi 10 minuti, si segnala per una prima sezione strumentale dove vengono posti in risalto gli assoli acidi ed hendrixiani della chitarra, nonché l’ottimo lavoro al basso di Klaus Meinhardt; successivamente si ha una seconda parte dove la voce di Schmidt sembra recitare un etereo poema e, successivamente ancora, ritornano a parlare i soli strumenti, in una sezione che stavolta ci appare debitrice dei Led Zeppelin: proprio questa terza sezione, che si svolge in crescendo anche grazie all’ottimo lavoro alla batteria di Karl-Heinz Traut, è sicuramente la migliore di un brano che mantiene alto l’interesse ed il tiro per tutta la sua non indifferente durata; Tiger Blues, in omaggio al proprio nome, sfodera un’armonica ed un ritmo generale debitore del Delta del Mississippi, con Schmidt che sfodera quella che probabilmente è la migliore prestazione presente su queste tracce.

Non è semplice dare un giudizio definitivo su questo lavoro, breve eppure pieno di caratteristiche, sia positive che negative; fra le prime, come detto, annoveriamo un’ottima tecnica dei musicisti coinvolti, passaggi strumentali spesso azzeccati e piacevoli, anche se a tratti un po’ velleitari e slegati fra loro e due brani di ottima fattura, gli ultimi due dei cinque; fra gli aspetti negativi, il fatto che per l’appunto alcuni passaggi non sembrino legati alla perfezione, la presenza di tre tracce discrete, ma non fenomenali e, in particolare, l’eccessiva piattezza delle linee vocali, il vero tallone d’Achille di Tiger Rock: Questo lavoro, dunque, presenta certamente qualche motivo di interesse ed in fondo potrebbe catturare il vostro interesse, ma lascia anche un po’ di amaro in bocca considerando che, con un po’ più di attenzione, avrebbe potuto essere un lavoro di fattura decisamente migliore.



VOTO RECENSORE
65
VOTO LETTORI
99 su 1 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
1972
Vertigo Records
Hard Rock
Tracklist
1. Tiger Rock
2. These Days
3. Everything I Need
4. To Hell
5. Tiger Blues
Line Up
Holger Schmidt (Voce, Chitarra)
Klaus Meinhardt (Basso)
Karl-Heinz Traut (Batteria)
 
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