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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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Correva l'anno 2005: la giovane macchina Protest The Hero faceva timidamente capolino nel vasto gotha mondiale, forte del successo ottenuto agli Indie Music Awards di Toronto con l'EP A Calculated Use of Sound, nella categoria Best Metal Band. Sulla cresta dell'onda, i cinque giovani dell'Ontario presero il mestiere che sapevano fare meglio, manipolandolo, rimescolandolo ed evolvendolo, fino ad ottenere quel singolarissimo trademark che li contraddistingue tuttora rispetto a miriadi di band analoghe. Un risultato nato da un'indole punk festaiola, ma allo stesso tempo dal prog, dal math e dall'hardcore. E mentre molti si chiedevano chi fosse il vero padre biologico del debut album Kezia, molti altri iniziavano ad apprezzare le qualità del quintetto canadese.
Kezia nasceva come una mosca bianca nell'immensa nidiata metalcore del periodo. A differenza dei suoi numerosissimi fratelli, molti dei quali clonati con lo stampo dei loro predecessori, presentava tratti somatici ben più distinti: un esemplare unico in una corrente che andava trasformandosi da sottogenere underground a vero e proprio fenomeno musicale. Lì dove il tipico mosh kid con frangia strategica e dilatatori si aspettava breakdown e voci suine, i Protest The Hero agivano secondo una logica del tutto inaspettata, seguendo canoni estranei agli stilemi dell'epoca. Non si trattava più di ripercorrere il melodic death svedese, né di inseguire il sogno americano a suon di ignoranti mazzate HC, bensì di mischiare molteplici conoscenze, di fondere sonorità diametralmente opposte, di reinterpretare il concetto di progressive metal sotto una chiave meno banale e più moderna, ma soprattutto più ironica. Un’impresa, questa, che fino ad allora era riuscita solo in pochi ed isolati casi (nello stesso anno usciva Alaska dei prolifici Between The Buried And Me). Insomma, questo disco sembrava avere tutte le carte in regola per finire nello scatolone polveroso degli esperimenti falliti, direte voi. Ma per strano che fosse, l'effetto finale sembrava aver attirato la curiosità di una buona fetta di ascoltatori, sia medi che esigenti, suscitando i consensi delle audience più eterogenee. Nel lavoro dei Protest The Hero tutto pareva funzionare al contrario: dove dovevano esserci urla sguaiate c'era invece la paradisiaca voce di Rody Walzer, quasi in stile power (ammettiamolo: a chi non ricorda un po’ il Tony Kakko dei Sonata Arctica?), mentre le alternanze scream/growl si relegavano a qualche episodio saltuario. Fin qui ciò sarebbe bastato per scacciare buona parte degli estremisti ma, a difesa del buon Rody, bisogna sottolineare che il risultato appariva meno femminile di qualsiasi altra band post-hardcore odierna, specialmente se a sostenerlo era (ed è) l'assetto chitarristico-ritmico di Tim Millar e Luke Hoskin, spinto al limite della schizofrenia. Tutto al contrario, perché le canzoni parevano partire con assoli, o perlomeno mettevano in chiaro l'impeto funambolico di provenienza mathcore del quintetto. Per farsi un'idea bastava ascoltare la opener No Stars Over Bethlehem: un caos non ancora completamente dosato o controllato, ma che in certi punti lasciava qualche pausa per riprendere una boccata d'aria e poi concludersi con toni epici (Turn Soonest To The Sea). Erano evidenti anche reminescenze punk qua e là alla Propagandhi, come nella breve Nautical, ma per il resto la formula heavy dei Protest The Hero si ripercuoteva bene o male in tutte e dieci le tracce, salvo sporadiche eccezioni. Un brevetto forse un po' impegnativo al primo impatto, ma che di canzone in canzone si rivelava lineare e mai troppo fine a se stesso, come nelle godibili Divinity Within e Bury The Hatchet. In più, come se non bastasse, Kezia aveva anche la pretenziosità di rappresentare un concept. Concluso dunque l'ascolto e digerite tutte queste esperienze in una volta sola, si sentiva il bisogno fisico e mentale di prendere una pausa di riflessione. Poi, però, la curiosità tornava.
Con questo debutto discografico i Protest The Hero riuscivano quindi a prendere posto nell'affollato Olimpo del metal moderno; uno spazio meritato, forse conquistato a suon di virtuosismi e tecnicismi, ma comunque sempre al soldo della sperimentazione e creatività. Più semplicemente, era uno spazio guadagnato con onesto talento. A riascoltare Kezia oggi pare di sentire dei Queen ridimensionati, più giovani ed incazzati, in un contesto storico/musicale non troppo roseo. Ma, per fortuna loro e anche nostra, questi cinque hanno saputo ridere di se stessi, svecchiando e attualizzando un genere che sembrava non avesse nient'altro da dire.
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9
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molto soddisfacente come recensione sicuramente invoglia all'ascolto ma per chi come me quella fase l'ha gia passata rimane poco se si toglie la parte del contesto storico... spero che vengano aggiunte parti che trattano anche l'aspetto artistico personale in particolare quello dei testi o magari qualche particolare sul nomeeccetera |
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8
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Se vabè i Queen HAHAHAHAHA. La band più sopravvalutata della storia, ma quali primi cinque dischi che l'unico a salvarsi è Innuendo |
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7
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caro aiden, anche se il paragone Queen - Protest the Hero mi sembra abbastanza forzato, ascoltati i primi 5 dischi dei queen prima di pensare queen = i want to break free, we are the Champions e altre canzoncine commerciali del caxxo |
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6
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Mettere sullo stesso piano Queen e PTH è una grave offesa verso questi ultimi |
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5
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è solo la terza che lo ascolto però gli darei almeno un 85... mi piace moolto probabilmente il voto si gonfierà ancora tra un pò di ascolti. la voce del cantante è stupenda. |
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4
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la band che ha portato un pò di freschezza al metalcore (genere ormai saturo di band inutili e senza ragione di esistere). li adoro |
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3
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fa piacere sapere che non l'ho pensato solo io  |
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2
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anche me sono parsi , in questo primo album come dei queen moderni. |
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1
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Me ne sto innamorando ogni giorno di più...il coretto finale di Turn Soonest To The Sea è una delle cose più belle che abbia mai sentito |
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INFORMAZIONI |
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Underground Operations/Vagrant Records
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Tracklist
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1. No Stars Over Bethlehem 2. Heretic & killers 3. Divinity Within 4. Bury the Hatchet 5. Nautical 6. Blindfolds Aside 7. She Who Mars the Skin of Gods 8. Turn Soonest to the Sea 9. The Divine Suicide of K. 10. A Plateful of Our Dead
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Line Up
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Rody Walker (Voce) Tim Millar (Chitarra) Luke Hoskin (Chitarra) Arif Mirabdolbaghi (Basso) Morgan Carlson (Batteria)
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