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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Magister Templi - Lucifer Leviathan Logos
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( 3256 letture )
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L’immagine dei Magister Templi confonde e sorprende: se leggendo il titolo dell’album oppure i nomi d’arte dei componenti della band potevo aver avuto l’impressione di dover affrontare un ascolto occult/doom che mi avrebbe portato oltre i tranquilli confini del mio orticello hard-heavy-power, la galleria fotografica di corredo ai file musicali -nella quale i nostri si presentano con giubbotti di jeans smanicati, giacconi di pelle frastagliati e cartucciere- mi ha in qualche modo rassicurato sulla natura del materiale da recensire. Il progetto -si legge sulla cartella stampa per evitare ulteriori confusioni- non intende -solamente, aggiungerei- rispolverare suoni degli anni Settanta, ma piuttosto proporre un metal genuino ed ispirato alla N.W.O.B.H.M., del quale la spruzzata di doom metal tradizionale costituisce uno solo dei tratti distintivi. I cinque barbuti e lungocriniti ragazzoni vengono dalla Norvegia e si definiscono, prima di tutto, una heavy metal band alle prese con testi ispirati al misticismo occidentale, alla magia rituale ed all’alchimia. Fondati nel 2008 dal cantante Abraxas e dal chitarrista Baphomet al termine di una rissa, i Magister Templi citano i Mercyful Fate tra le loro influenze, esordiscono con il demo Lucifer/Restoration nel 2010 e, una volta attrezzata una formazione stabile, cominciano un’attività live che li porterà a suonare di supporto agli inglesi Pagan Altar ed a partecipare ad alcuni festival estivi. Il 2012 saluta la pubblicazione dell’autoprodotto Iao Sabao, concept ispirato al Libro della Goetia del Re Salomone ed al manoscritto alchemico dello Splendor Solis che procurerà loro un contratto discografico con la Cruz del Sur Music di Roma.
Premesse così variegate sfidano ad un ascolto che sappia identificare le matrici, scoprire il filo logico e ricondurre tante influenze ad un denominatore comune, perché innata è la nostra esigenza di semplificare, inquadrare, catalogare e riportare a schemi noti. La pesantezza ritmica, il pastume analogico dei suoni, il cantato pulito e quasi recitato alla Rocky Horror Picture Show accompagnano l’ascoltatore in una sorta di non luogo, sospeso tra un’innegabile derivazione classica (e retro, per quanto smentito dai Nostri) ed un’esecuzione brillante, mai uguale a se stessa, capace di cavalcate improvvise, repentini cambi di tempo ed un’invenzione ritmica costante. È come se dalla Norvegia si tenessero d’occhio i movimenti e le atmosfere doom, fermandosi però sul ciglio, contemplando con parti rallentate di inconfondibili origini, ma senza immergere completamente il piede in acque profonde: l’amore per l’heavy più tradizionale, in questo interessante contrasto, sembra prevalere nell’impegno comunicativo, chiaramente scandito e sempre melodico di Abraxas alla voce (Lucifer), nelle parti di chitarra che rallentano solo per ripartire con ulteriore convinzione, nel drumming squisitamente heavy di Grimmdun (The Innsmouth Look), in una produzione che ammanta di sonorità retro -mortificandole, potrebbero sostenere alcuni- delle idee di contaminazione e sorpresa a volte riconducibili ad una produzione prog, comunque assolutamente moderne. Quello dei Magister Templi è uno spiazzante divertimento oscuro, nel quale la materia del concept viene plasmata e piegata ad un gusto musicale non sempre in sintonia con la profondità del mistero che vorrebbe raccontare: nella voce stranita, nella ritmica che pare procedere incurante del resto ed implacabile, nel chiuso dei suoni a loro agio in un’edizione limitata in vinile che pare perfetta per questo disco, si scoprono piani di lettura diversi, salti temporali, note che si incontrano per un attimo e poi proseguono sul loro cammino. Il disco è frutto di influenze eterogenee, si sente, di interessi diversi eppure condivisi dal quintetto per interesse, amicizia o cultura, a formare un colorato compromesso di trentasette minuti: dal giapponese Haruki Murakami a Dostoevskij, dall’occultista Aleister Crowley al filosofo nostrano Pico della Mirandola, passando per Vivaldi, l’artista norvegese Emanuel Vigeland, e poi Tchaikovsky, Lovecraft, i bisnonni occultisti di famiglia e gli sport nordici, queste sono solo alcune delle ispirazioni citate nelle interviste, a testimonianza di uno sguardo che mette la musica al servizio di una visione ampia e sfaccettata, intellettualmente e culturalmente brillante. “Back and forth”, avanti e indietro tra argomento e gusto musicale, è l’espressione efficace per descrivere il cammino tormentato, eppure melodico, della band. Il disco è un continuo andare e tornare, esplorando territori sconosciuti per poi fare ritorno alla Casa dell’heavy e del rock (Logos), catturando l’interesse di tanti senza pienamente, crudelmente compiacere nessuno. È una straordinaria espressione di libertà, se vogliamo, tanto più apprezzabile se si considera quanto è difficile conservare la sensazione al momento di registrarla.
All’esordio di Lucifer Leviathan Logos mancano la durata ed il marketing per potersi proporre come credibile heavy metal opera, eppure i sette frammenti in scaletta possiedono un carattere capace di elevarli a qualcosa di più che semplici “canzoni”: slanci ricomposti a fatica, tentativi di fuga, cow-bell ottantiane (Vitriol), ammiccamenti doom e cavalcate in doppio pedale sono microstorie ineffabili nella loro imprevedibile successione, cortometraggi con un finale irrisolto ed espressioni di un heavy viscerale, sabbioso e senza logica apparente. Nel disco c‘è il disordine della vita, la varietà umana, il rispetto per la tradizione e quella voglia di conoscere bulimica, irriverente e superficiale, tipica dei bambini. “Tutto ciò ci divertì per un istante”, direbbe Louis Simonin, e per questo merita almeno un istante di attenzione.
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la chitarra mi ricorda un sacco quella dei venom in welcome to hell (mi sembra che riprendano spesso il riff di nomine sathanas). bella voce |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Master of the Temple 2. Lucifer 3. The Innsmouth Look 4. Leviathan 5. Tiphareth 6. Logos 7. Vitriol
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Line Up
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Abraxas d’Ruckus (Voce) Baphomet (Chitarra) Patriark (Chitarra)
Akoman (Basso) Grimmdun (Batteria)
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RECENSIONI |
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