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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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Non chiedetemi il perché, ma ricordo bene il comunicato stampa uscito giusto un anno fa. Due righe in croce che recitavano così: Sotto la supervisione dell'esperto Chris Tsangarides (Gary Moore, Yngwie Malmsteen, Judas Priest, Thin Lizzy), la rock band tedesca King's Call ha dato il via alle sessioni di registrazione del nuovo disco, Lion's Den. Il full-length conterrà dodici canzoni e uscirà sul mercato europeo tramite Mausoleum Records. Ed esattamente 11 mesi dopo ecco il parto discografico tra le mie mani. Suggestiva la cover ma il resto? Il nome del grande Chris Tsangarides è assurto ormai ad icona metal da almeno tre generazioni, tutto quello che toccava diveniva oggetto di culto da parte del popolo lungocrinito. Lui doveva e poteva fare da garante illuminato e da nocchiero su questi solchi, invece.
Sinceramente questa terza prova dei King's Call mi lascia interdetto, anzi qualcosa di più, per essere sincero sino in fondo. Vero che i nomi presenti in formazione hanno un background importante: Alex Garoufalidis, ottimo chitarrista, ha jammato e collaborato con Graham Bonnet (Alcatrazz) e Chuck Wright (House Of Lords, Quiet Riot), il vocalist Mike Freeland è stato il singer dei gloriosi Praying Mantis e poi lui, il deus ex machina, Chris “ il re mida” Tsangarides, nominato per un Grammy britannico, leggenda tra le leggende dei tasti luminosi dietro un mixer, che avrebbe dovuto rilasciare un po’ della sua innata classe ed esperienza mastodontica per colorare il nuovo platter di questi teutonici d’assalto. Invece parecchie cose stonano, la batteria su tutto. Una drum inaccettabile, plastificata, sintetica, falsa come una moneta da 7 euro, senza profondità, senza piatti, e sinceramente inadatta ad una stesura di questa tipologia. Insomma, possibile che un nume tutelare di tal portata abbia potuto avallare una scelta tanto autolesionista e masochisticamente scellerata? Purtroppo si, tutto vero. Se le chitarre brillano e graffiano tutte le song, le corde vocali acide di Mike Freeland sussistono come bel contraltare allo strapotere della sei corde, ma la produzione del rullante e dei tom sono da demotape di una sagra paesana e rovinano quanto di buono la band propone. Ci sono tracce d’atmosfera, altre peripezie più marcatamente metalliche e altre ancora nell’incavo del hard di spessore con melodie abili, ma francamente la batteria sembra un giocattolo da infanti e si palesa come i-nas-col-ta-bi-le! Come rovinare una discreta release, rendendola deforme e goffamente sgraziata. In questa maniera diventa difficilissimo poter parlare della tracklist anche se ci sono composizioni che, con un sound diverso, assumerebbero autorevolezza e importanza all’ascolto. Mother Nature ha qualcosa dei Van Halen e il solo sfrega contro le casse, ma quel rullante è un vero cesso e il sound della batteria praticamente inesistente, Riding The Storm avrebbe bisogno di un super basso invece di linee minimali; il pezzo è sostenuto da voce e pickup di Alex Garoufalidis, il resto è evanescente con buchi vuoti che lasciano costernati. Dig It è un scampolo con una prestazione vocale incalzata dalle corde scalate della chitarra davvero buona, ma inutile ripetere che le pelli suonano come scatole vuote dei bastoncini di capitan findus e il “ride” è un miraggio lontano; Shy Love in mano ai The Poodles farebbe faville, qui è solo una song buona, niente più, nonostante il grande assolo di Alex. Il leitmotiv di questo album e di questa produzione potrebbe andare avanti all’infinito, imperniata sui se e sui ma. E sarebbe stucchevole ed irrilevante. Certo, Is This The Life si traveste da song notevole, ascoltatevi lo scandaloso rullante che si sviluppa come il tamburellare delle falangi sulla latta del caffè, ma se la produzione e la scelta di certi suoni affossa miseramente il tutto, come si può parlare di un disco che spicca? Solo in Holy Ground, tra l’altro nulla di speciale come composizione, appare un sound percussivo quasi decente, e sottolineo il quasi: insomma non c’è altro da aggiungere.
Non bastano grandi guitar, melodie accattivanti e vocalità conformi per dare alle stampe un ottimo cd: nel 2013 servono suoni potenti, produzione liftata e una batteria almeno decente che si possa udire e soppesare. E dell’ultima voce non esiste manco l’ombra. Peccato perchè Mike Freeland e Alex Garoufalidis sono bravi e hanno idee, ma il resto mette davvero l’angoscia, compreso il tanto osannato Tsangarides. Che gli sarà accaduto per dare il placet ad una “roba” così?????
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ma che dite??? io ce l'ho e i suoni della batteria sono buoni!! Mi è piaciuto talmente da comprarmelo originale! |
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Sto ascoltando l'album da qualche giorno, ma sinceramente non sto riscontrando una batteria così disastrosa come quella che hai descritto...non è che per caso era un problema del promo in tuo possesso? Boh, a me sembra quanto meno nella media, sicuramente non tale da penalizzare così pesantemente il disco |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Mother Nature 2. Riding The Storm 3. Dig It 4. Shy Love 5. Is This The Life 6. Avalon 7. Red Lights 8. Get Up 9. Holy Ground 10. Avalon – Rising 11. Waiting For You (Bonus Track) 12. Love Will Find a Way (Bonus Track)
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Line Up
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Mike Freeland (Voce) Alex Garoufalidis (Chitarre) Andreas Kramer (Basso) Azerbaijani Asec Bergemann (Batteria)
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RECENSIONI |
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