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REVENIENCE - Teatro Antoniano, Bologna, 23/10/2017
30/10/2017 (1356 letture)
Tossico, alcolizzato, disoccupato e vagabondo. Questa è l'associazione quando qualcuno suona metal.

Queste le parole di Anna Brini, guida turistica bolognese, mentre si improvvisa mediatrice tra la giovane band sul palco e il pubblico seduto in platea. Sono i Revenience, proprio quelli che quest'estate fomentavano la folla lituana in apertura agli Evanescence. Ora rischiano un confronto ancora più tosto: quello con un uditorium senior, serio, e sentenzioso, che li guarda dal basso tra l'incuriosito e il perplesso.
Ma facciamo un passo indietro. Siamo al celebre Teatro Antoniano di Bologna, quello dello Zecchino D'Oro, come abbiamo pensato subito tutti, che è però anche un posto particolare, fondato su un progetto sociale e religioso di condivisione e assistenza.
Umanità, passione, connessione? Non vedo contraddizioni con lo svolgimento della serata.

Una fila di gente che ha per lo più passato la mezza età ha preso possesso della sala d'ingresso, è vestita a festa ed è garbata mentre si informa con vispa invadenza sulle faccende delle famiglie altrui. Si meravigliano che l'evento sia gratis, si chiedono di chi sia nipote quello là che suona. Quel capellone. Mi sento a casa.
La fila si esaurisce ben presto grazie al personale dell'Antoniano, che assegna a ciascuno un posto in sala e un foglio che presenta in poche righe la carriera del nostro gruppo: a partire dalla pubblicazione del debut album Daedalum, fino all'edizione speciale sbarcata nel 2017 sul mercato giapponese. Di questa come di tanto altro potete leggere anche voi nella nostra intervista con la cantante Debora Ceneri.
Varcata la soglia, l'ambiente che si fa avanti è avvolto nella tappezzeria blu: un cinema teatro lineare e senza particolarità, dove già in molti hanno preso posto e ora chiacchierano, ridono. In tutto poco meno di cinquecento spettatori. La platea viene così interamente riempita, e qualora ci fossero stati dei biglietti forse avrei potuto dire sold out. Il palco è già pronto, ma approfitto degli ultimi minuti di via vai per presentarmi ai Revenience. I ragazzi mi stringono la mano spontaneamente, dimostrandosi affabili con estrema semplicità e cordialità. Non servono test psico-attitudinali per capire chi hai davanti, e nel marasma delle band con innegabile talento, la stima se la meritano quelle che ti ispirano anche quando non suonano.

Calate le luci Anna Brini saluta il pubblico, che si agita e l'accoglie con risate e un grande applauso. Sembra che molti già abbiano avuto modo di conoscerla, ma sentendola scherzare e presentare la band, anche io ho modo di apprezzare una persona in vero stato di coinvolgimento per il proprio lavoro. In platea l'atmosfera è già distesa e divertita. Anna ha fatto la magia che di solito compete ai gruppi d'apertura.
In onore all'eccezionalità del contesto, ci spiega che sullo sfondo verranno proiettate nel corso del concerto diapositive sui primati di Bologna. Un modo per unire la musica alla consapevolezza del valore della città su cui sediamo, che rende l'idea della performance ancora più interessante.
Finite le parole è l'ora della musica e i Revenience fanno la loro entrata sulle note di Pride (In the Name of Love) degli U2. Intanto alle spalle del gruppo una slide ci ricorda quella bolognese come la prima università al mondo. Il gruppo ha riservato al pubblico, in onore alla sua singolarità, un pour pour ri di rivisitazioni dei brani leggenda del secolo scorso. Un paio di coppie di brani da Daedalum verranno però eseguiti a metà concerto.
L'attacco è un po' timido, ma a far sobbalzare tutti ci penserà il secondo pezzo Peace of My Heart di Janis Joplin. Da qui con lo sfilare di un variopinto corpus di titoli si accompagnerà un'escalation che è pure di emozioni. La giovane band mette insieme una setlist ben organizzata, che scorre via fluidamente, riuscendo a mantenere alta l'attenzione del pubblico, per cui è stata pensata su misura. Proprio quest'ultimo sembra infatti reagire bene, pur nella sua compostezza. Non serve infatti essere un abitué del gothic metal per intuire il valore di certe evoluzioni vocali di Deborah Ceneri, che si giostra tra l'incisività della Joplin e l'agilità di Michael Jackson come fosse niente. La cantante mette sul tavolo una risonanza invidiabile e un'attenzione da maestra per le dinamiche di ogni singola canzone. Da citare è l'esperimento con Summertime (Ella Fitzgerald e Luis Armstrong) ossia un'interpretazione esclusivamente vocale che tra un vibrato e un crescendo rimarrà tra i momenti più emozionanti della serata. Alla strumentazione quattro musicisti inappuntabili. Dietro la batteria la precisione di Simone Spolzino crea con il bassista Fausto De Bellis una trama ritmica che è una sicurezza per tutti. Quest'ultimo, costante con il basso così come con la chitarra acustica, partecipa alle seconde voci insieme al chitarrista Michele Di Lauro: l'anima della festa. Signore scombussolate si piegano dalle risate qualunque cosa dica. Infine un concentrato Pasquale Barile dietro le tastiere, rende convincente ogni pezzo con la giusta scelta di suono. E' impossibile non notare quanto il gruppo sia unito e come tutti e cinque si sentano a proprio agio nel portare sul palco in modo così spontaneo quest'amicizia che intrattiene molto più di tanti effetti speciali.
A metà concerto è finalmente ora dei quattro brani tratti da Daedalum. A questo punto il gruppo si è ormai guadagnato la fiducia del pubblico, che quindi è ben disposto ad ascoltare qualcosa di meno convenzionale. Finisce anche Shadows and Silent, e la slide sullo sfondo ora ci fa sapere che il primo cremino a quattro strati è stato bolognese. L'esibizione è quasi impeccabile, e con un po' di amerezza da parte mia, che solo il pensiero del cremino consola, si passa (troppo) presto alla seconda metà delle cover.

La singolarità del contesto ha dato all'evento qual carattere di familiarità e senso di comunità in più. Ma determinante al successo della serata è stata la capacità del gruppo a sapersi reinventare in una situazione diversa dal regolare concerto metal. Sono stati fondamentali la bravura e l'esperienza di tutti e cinque i musicisti, ma credo che la gente si ricorderà più a lungo dell'clima di amichevole complicità che prima era sopra al palco e poi è sceso in platea. I Revenience hanno fatto sentire il pubblico apprezzato, e questo li ha ringraziati stimandoli a sua volta.
Sfatato il cliché del tossico, alcolizzato, disoccupato e vagabondo?

SETLIST REVENIENCE
1. Pride (In The Name Of Love) - U2
2. Peace Of My Heart - Janis Joplin
3. Every Breath You Take - Police
4. Wish You Were Here - Pink Floyd
5. Stand By Me - King
6. Your Song - Elton John
7. Summertime - Ella Fitzgerald e Louis Armstrong
8. Rock 'N' Roll - Led Zeppelin
9. Shamble - Revenience
10. Lone Island - Revenience
11. Revenant - Revenience
12. Sadows And Silent - Revenience
13. Black And White - Michael Jackson
14. We'll Rock You - Queen
15. Another Brick In The Wall - Pink Floyd
16. Jailhouse Rock - Elvis Presley
17. I Don't Want To Miss A Thing - Aerosmith
18. The Show Must Go On - Queen
19. Hey Jude - Beatles

---- ENCORE ----
20. Knockin' On Heaven's Door - Bob Dylan
21. Que Sera, Sera (Whathever Will Be Will Be) - Doris Day e James Stewart


Si ringrazia Alessandra Merlin per le foto.



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