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27/04/24
CRASHDÏET
VHS - RETRÒ CLUB, VIA IV NOVEMBRE 13 - SCANDICCI (FI)
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( 1654 letture )
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Dopo un esordio promettente ritornano con la loro ultima fatica in studio i nostrani Artaius. Se li avevamo lasciati due anni fa alle prese con un sound che partendo dal folk andava a lambire i lidi del prog e del symphonic, li ritroviamo oggi con Torn Banners, disco che si rivela nuovamente ambizioso e che vede la band alla ricerca di un equilibrio tra i vari elementi che contraddistinguono le loro sonorità. Non ci resta quindi che immergerci nelle profondità dell'album per scoprire quale rotta ha solcato questa volta la band.
Ad aprire Torn Banners è l'impetuosa Seven Months, che ci svela in parte il ricco sound proposto dalla band emiliana: una base melodic death data soprattutto dal riffing di Massimo Connelli, dal tappeto ritmico serrato della batteria e dallo screaming di Francesco Leone, elementi che a tratti fanno ricordare le sonorità degli Eluveitie; a questo strato più aggressivo si vanno a sovrapporre vivaci melodie di flauto e di violino che danno quella connotazione folkeggiante. L'incipit del primo brano infatti si apre proprio con l'intrecciarsi dei due strumenti tradizionali per poi spostarsi invece verso sonorità diverse, in cui è la tastiera a diventare protagonista alcune volte con un suono psichedelico e altre rasentando il prog anni '70. La successiva Daphne ne è un altro esempio, proseguendo sulla stessa lunghezza d'onda della precedente. Si procede quindi con Leviathan, che per altro vede l'ottima prestazione al violino di Tim Charles dei Ne Obliviscaris, e con le ottime Eternal Circle e The Hidden Path, che oltre ad ai pregevoli inserti di violino e flauto, sono due canzoni efficaci, in cui le varie influenze sono state amalgamate in modo fluido. Come da copione non può mancare la ballad, Pictures Of Life, che rallenta l'avanzata dell'album con un semplice e dolce accompagnamento di chitarra acustica e altrettanto pacate melodie di violino e flauto, le quali vanno ad intrecciarsi alla voce di Sara Cucci, che, abbandonato il lirico adottato in The Fifth Season, sfoggia un timbro caldo comunque molto più espressivo nel registro acuto. La seconda parte del disco riparte con Pearls Of Suffering in cui fanno capolino ritmi più giocosi, ma senza distanziarsi troppo dal sound proposto, mentre con Dualità si approda a sonorità più estreme, ma il cantato in italiano non sembra adattarsi perfettamente alla canzone, ci si avvia quindi alla chiusura dell'album con la coinvolgente titletrack, brano con cui si risolleva l'attenzione, calata leggermente con le due precedenti tracce che, pur essendo piacevoli, non appaiono come momenti indimenticabili.
Per concludere, l'ultimo lavoro degli Artaius si presenta come un prodotto ben confezionato: la canzoni sono ben strutturate, anche se in alcuni casi l'eccessiva durata dei pezzi sembra rendere meno scorrevole l'ascolto, nonostante ciò le prestazioni dei singoli musicisti si rivelano valide e la produzione è riuscita, con un lavoro preciso, a far risaltare gli elementi salienti del sound. La band nostrana ha compiuto buoni passi avanti rispetto alla precedente uscita. L'album in questione infatti ci riserva molti pezzi ben riusciti, tra cui Daphne, Eternal Circle o The Hidden Path per citarne alcuni, nei quali gli Artaius hanno ottenuto un sound equilibrato e personale, ma anche altri in cui le varie influenze non sembrano ancora miscelate a dovere; insomma ci sarà ancora da lavorare ma gli Artaius sono decisamente sulla buona strada.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Seven Months 2. Daphne 3. Leviathan 4. Eternal Circle 5. The Hidden Path 6. Pictures Of Life 7. Pearls Of Suffering 8. Dualità 9. By Gods Stolen 10. By Humans Claimed 11. Torn Banners
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Line Up
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Sara Cucci (Voce) Francesco Leone (Harsh Vocals) Elena Mirandola (Violino) Massimo Connelli (Chitarra) Giovanni Grandi (Tastiera) Enrico Bertoni (Basso) Alessandro Ludwig Agati (Batteria)
Musicisti Ospiti: Tim Charles (Violino nella traccia 3) Dario Caradente (Flauto)
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