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Hollywood Undead - Hotel Kalifornia
05/09/2022
( 9345 letture )
Dalla metà degli anni ‘00 in poi chi è in cerca di svago e ignoranza musicale ad alti (?) livelli non può non essersi imbattuto negli Hollywood Undead: sbucati fuori nel bel mezzo della scene phase, furoreggianti su MySpace e prime movers del crunkcore (sì, quella roba agghiacciante alla Brokencyde), i cinque hanno sempre avuto maggiori affinità con una crew rispetto a un gruppo metal, eppure il vizio di unire southern hip-hop, gangsta rap, musica elettronica e nu metal ha donato loro grande fama tanto che, almeno negli States, la formula crossover/rap brevettata da questi discutibili individui continua a riscuotere un buon successo mainstream. Nomi d’arte (ehm, arte…) improbabili, maschere peggiori dei Mushroomhead forse adatte alle comparse della serie La Notte del Giudizio, videoclip esagerati, atteggiamenti da gangster-wannabe e testi in bilico fra cafonate post-adolescenziali e riflessioni più mature legate a una critica sociale avente nella città degli angeli il bersaglio preferito. Un attimo prima “sex, drugs & rock ‘n’ roll”, quello dopo puntano il dito contro il sistema marcio di L.A.; che dire, un’incoerenza 100% american style. Ciò nonostante, i vari dischi -quali più quali meno (Swan Songs e American Tragedy sono imprescindibili per capire se li amate o vorreste defenestrarli in meno di un secondo)- hanno saputo regalare vagonate di guilty pleasure e anche l’ultimo doppio album New Empire (2020) si è difeso bene, con il volume uno nettamente superiore alla parte due.

Purtroppo il nuovo Hotel Kalifornia, tolti alcuni spunti di classica manifattura HU, si dimostra una release opaca e non basta certo abbozzare una specie di concept sugli angoli bui (fisici e morali) di Los Angeles per farla franca. I brani all’apparenza conservano l’abituale canovaccio “rap + elettronica + metal” e se il flow intrecciato degli MC è sempre una garanzia, lo stesso non vale per il cantato pulito di Daniel Murillo che, inaspettatamente, buca diversi refrain senza mai assestare quel gancio melodico necessario a convalidare il lavoro dei compagni. La scaletta vive dunque di alti e bassi, qualche fiammata e parecchi episodi sottotono dando l’idea di una mancanza generale di ispirazione, da attribuire forse all’impegnativa doppietta di neanche due anni fa che ha tolto creatività all’ensemble. Si gioca facile e non vengono esplorate soluzioni inedite, però in questo modo ad uno standard già ritoccato verso il basso si aggiunge la fastidiosa impressione del “già sentito” e di conseguenza la (mezza) frittata è bella che fatta.
Il rap con drop nu-core dell’opener Chaos è comunque una valida partenza, World War Me strizza l’occhio a sua maestà Eminem poi infila un breakdown tra i chorus radio-rock e vince la scommessa, al contrario Ruin My Life è una tamarrata EDM che rimanda all’essenza marcia del crunkcore e invita a perdere la dignità sulla pista da ballo più scrausa del Sunset Strip; è un pezzo da denuncia, ma qualcuno (colpo di tosse immaginario) potrebbe anche dire che il suo sporco lavoro lo porta a termine… Hourglass inizia a far emergere carenze melodiche e si butta via in aperture arena rock del tutto superflue, il rap metal di Alone at the Top viene slavato ancora da un cantato pulito stucchevole (modello ultimi Papa Roach), mentre il gangsta rap fumettistico di Wild in These Streets è passabile nonostante il sentore di plastica a differenza di Go to War, fin troppo leggera (con un titolo simile era lecito aspettarsi un qualcosa di più aggressivo) anche se pure in questo caso le metriche dei rapper si muovono con fluidità sulla base ritmica. Lion Eyes è a mani basse la peggiore della tracklist (elettronica irritante e clean vocals terribili), quindi tocca allo spanglish rap metal dell’elasticizzata Dangerous e alla giustificata arroganza di Trap God rimettere in carreggiata l’album, prima che la ruspante Happy When I Die -tra Eminem e Snoop Dogg- strappi finalmente un sorriso compiaciuto e il nu/rap metal di Reclaim faccia il suo veleggiando tra lontani echi linkinparkiani. L’indolente City of the Dead e il battito quadrato dell’orecchiabile Alright, entrambe sufficienti, chiudono senza infamia e senza lode.

Dove sono finite quelle mine in stile California Dreaming o, per tornare alla preistoria, Undead e Hear Me Now? Qui ci si diverte pure, ma l’intrattenimento dei primi dischi o di New Empire Vol. 1 è solo un lontano ricordo. Sono loro, non c’è dubbio, tuttavia si sente che i ragazzacci non hanno dato il meglio accontentandosi di un lavoro di mestiere, privo di un qualsivoglia guizzo che mai era mancato nei precedenti full-length.
Voto all’Hotel Kalifornia (non quello degli Eagles)? Se fossimo su TripAdvisor non più di due stelle e mezzo: soggiorno di una notte al massimo - colazione esclusa.



VOTO RECENSORE
67
VOTO LETTORI
70 su 1 voti [ VOTA]
tomriddlelord31
Venerdì 16 Settembre 2022, 22.36.41
4
Se piace il crossover e ci si vuole divertire senza pretese eccessive, questo gruppo a mio avviso non è niente male. Era da tempo che attendevo una recensione degli HU su questo sito, purtroppo però è stato scelto uno dei lavori più anonimi del gruppo. Per me voto 70, ma non mi dispiacerebbe veder recensiti altri lavori più significativi di questo gruppo.
d.r.i.
Giovedì 8 Settembre 2022, 13.35.48
3
@Indigo: chiaro, forse metterei crossover/nu metal quantomeno per dare idea sulla linea portante della musica. Il genere lo ascolto anche ma questo disco mi pare abbastanza anonimo.
Indigo
Giovedì 8 Settembre 2022, 10.08.57
2
@d.r.i. guarda, alla fine ho messo crossover perché gli HU sono proprio un mix di nu metal (impoverito rispetto quello della fase storica), rap in varie forme e tanta elettronica, con gli ultimi due elementi a prevalere sul primo. I ritornelli si, sono abbastanza linkinparkiani mentre il flow dei rapper è più influenzato dai vari eminem, Snoop dogg, insane clown posse ecc. In questi casi dubbi diciamo che la parola crossover torna sempre utile ed essendo una definizione ampia può andare bene anche con loro. Comunque se non li conoscevi hai beccato proprio il disco meno brillante, gli altri sono molto meglio, chiaro, deve piacere questa forma di musica, altrimenti è solo tempo perso.
d.r.i.
Lunedì 5 Settembre 2022, 10.34.05
1
Qui più che crossover ci sento del nu metal fatto non troppo bene, scimmiottano limp e linking ma senza riuscirci. Bocciato in toto, quella che mi piace è la meno metal cioè Run My Life almeno ha un ritmo.
INFORMAZIONI
2022
Dove & Grenade
Crossover
Tracklist
1. Chaos
2. World War Me
3. Ruin My Life
4. Hourglass
5. Go to War
6. Alone at the Top
7. Wild in These Streets
8. Dangerous
9. Lion Eyes
10. Trap God
11. Happy When I Die
12. Reclaim
13. City of the Dead
14. Alright
Line Up
Dylan “Funny Man” Alvarez (Voce)
Daniel “Danny” Murillo (Voce, Tastiere, Programming, Chitarra, Basso)
Jorel “J-Dog” Decker (Voce, Tastiere, Programming, Chitarra, Basso)
Jordon “Charlie Scene” Terrell (Voce, Chitarra)
George “Johnny 3 Tears” Ragan (Voce, Basso)
 
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