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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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KYLESA + SIERRA + JAGGED VISION - Lo-Fi, Milano, 25/01/2014
29/01/2014 (1945 letture)
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Quasi in sordina i Kylesa si sono riservati un posto di prima importanza all'interno del palcoscenico mondiale. I costanti tour, che da anni li vedono protagonisti, ne sono la riprova: poche parole e tanta sostanza. L'unica data Italiana del tour che li vede presentarsi da headliner, in compagnia di Jagged Vision e Sierra, passava per Milano. Noi c'eravamo; ecco come è andata questa serata, tra alti e bassi.
153 KM La cifra rappresenta la distanza della sola andata dal domicilio veronese alla location del concerto, il Lo-Fi, un locale piccolo, intimo ma perfetto per i concerti di nicchia come quello di questa serata. Un volta entrati c'era un freddo cane, ma poco importa perché nel giro di qualche riff ci siamo tutti scaldati. Ovviamente l'attesa si è prolungata più del normale ma si vedeva già che ci sarebbe stato un buon flusso di gente. Bisogna ammazzare il tempo in questi casi: prima la solita birrettina, poi un salto al merchandising ufficiale con i protagonisti che intanto passeggiavano tranquilli facendo due chiacchiere con i presenti. Alle 22.30 tutto inizia e la magia di una serata all'insegna dello stoner/sludge prende forma; ora andiamo con ordine.
JAGGED VISION Pochi secondi e l'area antistante il palco si riempie, un'orda chiamata Jagged Vision si materializza ed i cinque norvegesi fanno casino, quello sano che piace tanto. Il palco diventa un ring da wrestling perché non c'è un istante fermo, ragionato o riflessivo. Tutto è donato al puro confronto con il pubblico, rischio pure di prendere una chitarra in testa non essendoci barriere e trovandomi in prima fila. Mi piace, non mi lamento affatto perché è l'attitudine che è importante, la grinta che sprigioni con le parole e le corde che vibrano. Questi cinque giovani scandinavi sanno il fatto loro e propongono un ottimo misto tra stoner ed hardcore. Le influenze dettate da Mastodon, Sleep ed Electric Wizard sono palesi, nulla di male a mio avviso perché bisogna assimilare per poi caratterizzarsi, questo non lo smentirò mai. Devo ammettere che ci riescono benissimo. Il pubblico apprezza, lasciandosi andare a headbanging e a molti applausi a scena aperta. La stretta sala concerti ormai è piena e c'è una splendida atmosfera, loro ne sono padroni perché sanno benissimo come movimentare l'attenzione. Non ci sono cali di pressione, non ci sono lentacci soporiferi; sono quaranta minuti di violenza sonora e visioni oniriche. Sul palco trapezoidale stanno stretti ma che importa se il risultato è questo. Hanno appena rilasciato il loro primo album per la casa discografica fondata dai Kylesa stessi, questo è il motivo per cui sono in tour con loro, ma credo sia un ottimo acquisto: consigliati assolutamente.
SIERRA Sono le 23.20 circa, tre capelloni canadesi salgono sul palco in sordina, qualche ritocco ai settaggi delle pedaliere e via; High On Fire in versione psichedelica attivati. Il basso è effettato talmente tanto che sembra un sonar più che un quattro corde; la chitarra invece è solitaria e leggera. Non ti prende a pugni come ti vuol far credere e quel pazzo di un batterista che incita il pubblico attraverso i microfoni posti ai lati dei tom è spettacolare. Le canzoni sono lunghe, articolate e prive di basi su cui poggiare, c'è respiro e leggerezza qui dentro; talmente tanto sentita che Jason -chitarra e voce- canta pochissimo, è in secondo piano rispetto alla musica e si fa talmente tanto prendere la mano che a volte arriva all'ultimo a cantare sulla strofa. Splendido, nulla da obiettare sul versante prettamente musicale, peccato che questi gruppi vadano ascoltati in cuffia attraverso il cd o il vinile. Il pubblico che mezz'ora prima scalpitava sulle note dei Jagged Vision, ora barcolla tentennante e qualche sbaglio viene registrato. Non è sintomo di poco interesse, o mancanze da parte della band, solamente che ci sono musiche che necessitano di ambienti intimi e personali. Il tour probabilmente non è la sede corretta per loro, probabilmente servirebbe differenziare un po' di più la scelta dei brani proposti per avere qualche acuto, piuttosto che cadere nel solito vortice di ambientazioni avanguardistiche dedite all'onirismo. Questo posso confermarvelo perché, il giorno seguente, dopo avere ascoltato il disco originale da solo, ho trovato degli spunti magnifici e raffinati. Peccato davvero, tutto questo non limita il mio volerli lodare e consigliare agli amanti dello stoner più intimo e riflessivo. La ragione della loro presenza in tour è la medesima dei norvegesi, anche loro hanno appena fatto uscire il loro album d'esordio e questa è l'ennesima riprova che i Kylesa puntano moltissimo su questi ragazzi e volevano mantenere una clima famigliare, ottimo direi.
KYLESA Io godo, godo come un riccio ad ascoltare i loro dischi, a vederli live a leggere i testi e ridere delle foto stupide di facebook. Non mi nascondo, sono arrivato carico come una molla e torno molliccio, con il morale un po' basso. Non è uno show da buttare, sia chiaro, ma sicuramente molte pecche e problemi hanno compromesso il risultato finale nella sua interezza; peccato, viene da dire, ma nulla capita per caso. Iniziano a suonare su per giù alle 00.30 con la solita verve che li contraddistingue, menefreghismo assoluto; poche, anzi pochissime parole e tanta musica. La partenza è affidata a Scapegoat. La scaletta alla fine prende a piene mani dall'ultimo album Ultraviolet, che dimostra di avere molte frecce al suo arco se presentato in sede live; musicalmente infatti c'è la possibilità di ascoltare brani quali Unspoken, Long Gone, Grounded, Low Tide e Quicksand, che assumono uno spessore maggiore, una vita distinta da quella delle tracce registrate in studio. Philip ed il suo theremin raccontano storie di mondi distanti da quelli conosciuti su disco, il che è pregevole in effetti perché spesso e volentieri le canzoni hanno bisogno di più respiro e non sempre ne hanno la possibilità. Il drum solo eseguito da Carl ed Erik dopo un quarto d'ora è ipnotico, non riesci a staccargli gli occhi e ti ritrovi un tutt'uno con le caleidoscopiche immagini proiettate sul muro, una spirale verso il basso. Da sottolineare come, a differenza del Tour del 2012, Carl Hernandez ora sia seduto dietro le pelli, lasciando il posto di bassista al nuovo entrato Chase Rudseal, il quale offrirà una prestazione valida per quanto anonima e priva di mordente. Qualche parola su Laura? Dimagrita vistosamente, a volte sembra senza forze e persa nei suoi pensieri, guarda il vuoto lasciandosi andare alle note che conosce a memoria; solo in qualche occasione viene di fronte al pubblico immergendosi letteralmente nelle prime file. La sua serata sarà ricordata malvolentieri, dato che è caratterizzata da un costante e fastidioso disturbo al microfono. Per la maggior parte del tempo le sue linee vocali saranno sovrastate dalle parole del pubblico, non dal suo microfono settato molto male e privo di volume. La chitarra in diversi frangenti ha grattato e ha rischiato di diventare un disturbo più che un pregevole sottofondo, problema che ha colpito anche Philip nelle sue prestazioni vocali, non un caso isolato dunque che è sopraggiunto dopo due concerti perfetti a livello di suoni e volumi. Peccato davvero perché, alla fine dei conti, dopo un'ora scarsa, con tantissimi problemi lasciano il palco dopo la doverosa Running Red; qualche minuto per riprendere fiato e, senza un accenno o un saluto, eseguono altre due canzoni: Don't Look Back e Said And Done. Un saluto e giù dal palco come niente fosse stato, loro sono così, prendere o lasciare.
SODDISFATTI O RIMBORSATI? Non so che dirvi ragazzi, partito con grandi speranze ed una carica da vendere mi ritrovo leggermente amareggiato per via dei problemi sopraccitati; non sto certamente puntando il dito verso qualcuno, lungi da me perché sono eventi che possono accadere ogni tanto. Un'ora o poco più da parte degli headliner è poco, ma quelli sono i loro standard e bisogna accettarlo, le altre due band hanno meritato, una più macchina da guerra in sede live e l'altra più da cuffie e studio, ma un'altra ottima scoperta per gli amanti del genere. Il pubblico questa sera c'era, il locale alla fine era stracolmo, ha tenuto bene e la possibilità di essere a trenta centimetri dai musicisti aiuta a scaldare l'ambiente a volte reso sterile e asettico dalle transenne antisommossa. In sintesi, non sarà stata sicuramente una serata da ricordare negli annali ma più un concerto senza pretese che ha dato l'idea del compitino svolto; magari sarà per la prossima volta, ma stasera mi chiedo ancora se sono davvero soddisfatto o se preferirei essere rimborsato.
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