|
27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
|
|
|
( 5002 letture )
|
Kilesa Mara: Demone della contaminazione e/o dell’impurità. Klesha (sanscrito, anche Klesa; Pali: kilesa; tibetano: Nyon mongs), nel Buddismo, sono stati mentali che offuscano la mente e si manifestano in azioni negative. Kleshas sono stati d'animo come l'ansia, la paura, la rabbia, la gelosia, il desiderio, la depressione, ecc.
Non esiste termine e relativa spiegazione più corretta per la musica dei Kylesa. In fin dei conti parlare del sesto album di inediti di questi statunitensi di Savannah è come prendere ad esempio le parole che vengono citate nelle due terminologie sopraindicate, leggere per credere.
CONTAMINAZIONE / IMPURITA’ Il cammino è stato lungo, impervio, non privo di cadute e diverse,inaspettate, delusioni ma alla fine il tutto ha preso un senso compiuto e siamo qui a gustare Ultraviolet. Le prove in studio fornite sino ad oggi sono state impeccabili, non un calo di pressione, non un passo falso; fin dai tempi diTime Will Fuse Its Worth, ma ancora prima con il primordiale, omonimo, album l’escalation verso contaminazioni e sfumature caleidoscopiche è stata costantemente in discesa. Questo spostamento di coordinate non è stato privo di ematomi perchè diverse volte la line up è venuta a meno, rimodellata a servizio della musica, non dei musicisti. Il passaggio da creatore a epigono ovviamente non è stato involontario, compresa la necessità di perseguire verso quel comune obbiettivo chiamato spontaneità si è dovuto venire a meno ad ogni costrizione autoimpostasi. Ultraviolet è il naturale proseguimento di Spiral Shadow, le interpretazioni stilistiche che tre anni fa diedero le basi ad un album splendido vengo accentuate e foderate di psichedelia, momenti atmosferici e alcuni omaggi ai mostri del passato. Basti ascoltare Unspoken per perdersi all’interno di un turbino che non lascia scampo, dove l’unico desiderio è quello di evadere dalla standardizzazione quotidiana. Anche se solitamente, parlando dei Kylesa si è soliti fare paragoni con gruppi quali Mastodon, Baroness, Neurosis (questi ultimi omaggiati attraverso il riff iniziale di We’re Taking This dove The Doorway prende vita). Fermarsi all’interno del mondo prettamente sludge risulta nel 2013 altamente limitativo, echi di Trouble,Kyuss Cathedral e Saint Vitus nascono prepotenti ad ogni ascolto. Mai come in quest’album l’universo creatosi attorno a Pope e Laura è stato costellato di tante forme e sequenze ritmiche distanti le une dalle altre. La conclusiva Drifting è la conferma di tutto quello appena scritto.
STATI MENTALI CHE OFFUSCANO LA MENTE Ogni album dunque può essere visto come un nuovo passaggio,una nuova intuizione, un lampo di genio che porta dentro di te a dire, questo è il miglior album della mia vita. Vieni accecato da te stesso credendo di aver sfondato quel muro compositivo che risiedeva dentro te. Dove stanno alla allora le diversità che ha portato dopo tre anni a compiere il grande passo, quell’azione necessaria agli statunitensi per imporsi nel mercato mondiale una volta su tutte, consacrandoli definitivamente? Fondamentalmente nessuna diversità, nessun grande passo. Questo potrebbe sembrare paradossale rispetto a poche righe fa ma è la dura realtà, pur avendo aumentato la componente psichedelica, variegando ulteriormente la personalità, questo disco è in tutto e per tutto quello che ci si aspettava dai Kylesa. Ormai strada in discesa di cui parlavamo prima non si può fermare, fermarsi e riflettere su eventuali e ulteriori cambi di stile, richiederebbe troppo tempo e troppi sforzi. L’attitudine di una gruppo che vive per la musica e "musicizza" per vivere porta ad un ritmo infernale ed ipotetici tentativi vengono lasciati in un angolino a stagione, attendendo il momento propizio per concretizzarli. L’effetto sorpresa è svanito e brani quali l’Opener, Grounded e Vulture’s Landing portano l’ascoltatore di nuovo a terra; prive di quel mordente che potrebbe farle diventare da buon pezzo a grandioso. La mente viene offuscata poiché si rimane spiazzati da certi accorgimenti scelti, le canzoni infatti vengono spesso e volentieri tagliate nei momenti cruciali, quando senti scorrere dentro il flusso ecco che bruscamente un fading uccide il tutto. In altri casi (Quicksand) il finale viene bruciato in meno di un secondo, lasciando interdetti e senza nessuna ragione valida. La sensazione che alcune idee siano state concepite frettolosamente non viene celata, si può parlare di mancanza di mordente, mancanza di ispirazione per legare un bridge ad un altro, chiamatela come volete ma le soluzioni applicabili potevano essere molteplici ed il risultato altamente modellabile. L’amaro in bocca si aggira losco.
STATO D’ANIMO Ultraviolet rimane un disco valido sotto diversi aspetti compositivi, per chi apprezza la band da sempre questo è un ulteriore tassello in una discografia praticamente inattaccabile. La tecnica non è mai fine a se stessa e i momenti di pura evasione sono diversi. L’album più corto di sempre porta alle più grandi speranze verso nuove sperimentazioni nel corso dei prossimi anni venturi; queste passeranno sicuramente attraverso la splendida voce di Laura, ora più che mai vera leader del gruppo. Il suo ruolo come cantante è aumentato uscita dopo uscita e la vocalità ne ha giovato portandola a compiere alcune delle più belle linee mai composte. Questo e tutto quello scritto non può soddisfare a pieno perché, volenti o nolenti, il metal contemporaneo passa obbligatoriamente dai Kylesae ignorarli sarebbe una occasione persa in partenza.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
4
|
Molto bravi,l'album è piu' che buono.Ultimamente sto seguendo oltre al black piu'ortodosso anche il panorama sludge e post similari.Di questo genere mi ha colpito anche il debutto di questa band portoghese" sinistro & patricia andrade"con l'ep cidade...un buon sludge sperimentale! |
|
|
|
|
|
|
|
|
2
|
Ottimo disco e conferma per questa ottima band,soprattutto la canzone "Unspoken"davvero un gioiellino! |
|
|
|
|
|
|
1
|
Premesso che il pianeta sludge è tra quelli che frequento meno volentieri nella metal galassia, per i Kylesa ho sempre fatto un'eccezione, a partire dall'incontro con Unknown Awareness... e anche stavolta devo dire "chapeau" di fronte all'ennesima, ottima prova della coppia Pleasants/Cope. Tutto vero, quello che la rece fotografa nel percorso della band, con l'aggiunta che personalmente apprezzo molto le virate che qua e là emergono verso atmosfere più "raffinate" e "ad ampie volute", segno di una maturità musicale che li porta a sconfinare dai limiti angusti (parere personale e ovviamente discutibile... ) dello sludge canonico. E allora grande nota di merito per la triade Steady Breakdown/Low Tide/Drifting, per me il vertice dell'album.... e l'auspicio che non siano solo perle temporanee ma l'indizio che i ragazzi crescono, eccome se crescono...  |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. Exhale 2. Unspoken 3. Grounded 4. We're Taking This 5. Long Gone 6. What Does It Take 7. Steady Breakdown 8. Low Tide 9. Vulture's Landing 10. Quicksand 11. Drifting
|
|
Line Up
|
Laura Pleasants (Voce, Basso, Chitarra) Philip Cope (Voce, Chitarra, Basso, Tastiera, Theremin, Percussioni) Eric Hernandez (Basso, Batteria, Chitarra) Carl McGinley (Batteria, Percussioni)
Musicisti Ospiti Jay Matheos (Basso nelle tracce 1, 10, 11) Brett Kent (Tastiere nella traccia 11) Steve Sancho (Percussioni nella traccia 8)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|
|
|
ARTICOLI |
 |
|
|
|
|
|
|