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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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02/07/2022
( 768 letture )
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Kilesa mara è un'espressione con cui i buddhisti definiscono gli stati mentali deliranti, ed è proprio il termine che si adatta in maniera perfetta al sound dei Kylesa, band statunitense proveniente dallo Stato della Georgia guidata dai due chitarristi/cantanti Phillip Cope e Laura Pleasants. Inquadrato nella corrente sludge, il gruppo di Savannah ha fatto della sperimentazione un marchio di fabbrica giungendo nel 2010 alla quinta fatica con Spiral Shadow. Ascoltando l'album è facile rendersi conto di come l'etichetta sludge sia abbastanza riduttiva per una band del genere, inquadrata in quella corrente solo per una mera questione di parametri, tra cui le influenze doom, noise e hardcore, fino a farci intuire durante l'ascolto come il monicker dei Kylesa non sia l'unico elemento orientale presente nel loro immaginario.
Il delay ci introduce a Tired Climb mentre la chitarra con un arpeggio orientaleggiante si fa spazio su una rullata, in cui a dominare per qualche attimo rimangono i tamburi dei due batteristi Carl Mcginley e Tyler Newberry. Il feedback in sottofondo esplode in un riff serrato con la voce di Phillip Cope ad urlare i versi del brano, mentre Laura Pleasants lo raggiunge durante il ritornello cantando una melodia cupa avvolta in un riverbero. Un pezzo che per quanto riguarda le sonorità presenta le caratteristiche proprie dello sludge, in cui noise e armonia si mescolano arditamente permettendoci di godere di un sound spiazzante e coinvolgente. Una "salita" davvero sfiancante che uniforma sorprendentemente il testo al ritmo della canzone:
We tread a long time On occasion, on the line Swaying, weighing Straying from this tired climb
Anche Cheating Synergy ci immette nel brano con un feedback, subito seguito dal basso distorto che, in totale opposizione al synth, ci "tortura" le orecchie con un po' di noise. Da notare che sia le tastiere che il basso siano stati suonati da Corey Barhorst. Durante la strofa Cope implora la "sinergia traditrice" con delle urla di chiara ispirazione crust hardcore:
Loss of vision Cheating synergy Take me under Bleeding, turning
Il pezzo si rivela talmente atipico da aggiungere un tocco di tecnicità chitarristica particolarmente marcato, rallentando successivamente il ritmo e a giungere fino ad un outro in cui le chitarre duellando con la distorsione del basso, fungono da tappeto per il delirio crust del cantante. Si tinge di "oscurità" Drop Out: alla intro, particolarmente heavy, viene fatto seguire un arpeggio malinconico, alternato ad un riff più sinistro e dalla insistente sezione ritmica che li guida verso l'anatema della strofa:
Truth that doesn't fit A curse of inspiration Try to stay afloat Too much information Bow and take an exit Face vacant destination Disappointment won't console There is no celebration
Solo dai titoli che attribuiscono alle canzoni, i Kylesa sembrano spalancare un mondo all'ascoltatore, concetto che unito al sound della band genera una sensazione di ciò che vogliono esprimere. É il caso di Crowded Road che colpisce sin da subito per l'incedere e per il cantato che assumono i connotati tipici della scuola hardcore americana. Inaspettatamente -e senza in alcun modo intaccare la struttura del brano -, su una marcia di batteria e sul basso distorto, interviene un solo di chitarra orientaleggiante. Cogliendo dal mondo della letteratura, descriveremmo questo interludio come le blasfeme melodie che intrattengono le divinità del pantheon lovecraftiano. Melodie suadenti ma a loro modo angoscianti a cui seguono un solo di chitarra virtuoso supportato da un breakdown post hardcore e dalla sfuriata noise che segue il ritornello nel finale. Don't Look Back continua il richiamo al post hardcore sin dalle prime note, un pezzo davvero coinvolgente in cui il duetto dei due cantanti svolge un ruolo fondamentale, prima di approdare in territori addirittura space rock, dove il crescendo delle due batterie ci porta sulla nuova strofa. Una canzone che anche per il tema proposto sembra essere un tributo alla corrente hardcore punk, e che si lega in maniera ottimale al sound monumentale dei Kylesa. Confortante sin dalla intro, Distance Closing In presenta un cantato dalla voce riverberata che sembra quasi parlarci da un'altra dimensione. La Pleasants innesca un ritornello dall'incedere puramente sludge:
We chase pretty lies Devotion starts to die My step is off, when will I fly?
Grande lavoro è svolto dalla sezione ritmica incalzante nel finale e la chitarra accenna brevemente un solo prima dell'ultimo ritornello che chiude un pezzo grandioso. Brevi note di basso e una batteria in mid-tempo, in To Forget i Kylesa si muovono in territori più heavy con dei richiami psych, mentre la voce della cantante diviene dinamica e molto più presente, suggestiva è anche la parte di basso a metà brano. Forsaken presenta una band più vicina ad un sound più stoner doom, che si pone quindi a proprio modo come precursore di alcune band recenti caratterizzate da un cantato femminile, come i Windhand fondati nel 2008 o gli italianissimi Messa. Siamo alla title track, Spiral Shadow, in cui il mid-tempo delle batterie viene affiancato da una delle chitarre che con un tocco di wah-wah introduce il solo dell'altra "ascia". La parte di batteria diventa molto particolare con dei "tricks" di bacchetta presenti sulla strofa. Il pezzo, cantato dalla Pleasants, evoca suggestioni space e altrettanto oscure. Riallacciandoci al titolo, il brano come una vera ombra a spirale presenta nella sua riproduzione delle parti più cupe e malinconiche alternate a riff più potenti e ad altri molto orecchiabili, di cui un esempio sono il solo finale e la chiusura da parte dei due batteristi. É pazzesco come i Kylesa riescano a mescolare la loro vena sludge con influenze agli antipodi, Back and forth mostra persino delle influenze synth rock che si fondono perfettamente con il cantato hardcore e con dei riff tipicamente sludge nei suoi soli due minuti.
Calm, but no peace Race without a prize Youth faded too fast Reset this life
Lo slide di chitarra di Dust ci porta verso la fine del disco, mentre il ritmo viene scandito dalla potenza delle due batterie. Un brano in cui viene fuori il lato più stoner, con il basso di Barhorst a riorganizzare le strofe accompagnato da una chitarra atmosferica. Un'immensa prova vocale del cantante che solo sull'ultimo brano abbandona le sue urla per darci un'interpretazione più "laneghiana", guidandoci verso il feedback finale.
L'ascolto di un album può generare nell'ascoltatore una miriade di sensazioni, capaci di spaziare dall'angoscia alla meraviglia fino a sentirsi liberato grazie alla bellezza dei suoi brani. Spiral Shadow è uno di quei pochi album che nella sua eterogeneità riesce in tutto questo ed è in grado di regalare all'ascoltatore dei sentimenti contrastanti -nell'accezione più positiva del termine- riuscendo a coinvolgerlo in quello che il gruppo vuole trasmettere tramite i testi e la propria musica.
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4
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questo e static tension sono tanta roba |
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3
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Bell'album che ha retto alla prova del tempo, senza cadute nella noia. Al tempo gli avevo preferito il precedente "Static Tensions", dell'anno prima, di impronta più "mastodoniana". Ma qui hanno trovato un loro stile composito, con diverse fonti di ispirazione. Dopo di questo li ho persi. Ottima recensione. |
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1
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Ottimo lavoro di una grande band. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Tired Climb 2. Cheating Sinergy 3. Drop Out 4. Crowded Road 5. Don’t Look Back 6. Distance Closing In 7. To Forget 8. Forsaken 9. Spiral Shadow 10. Back and Forth 11. Dust
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Line Up
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Phillip Cope (Voce, Chitarra) Laura Pleasants (Chitarra, Voce) Corey Barhorst (Basso, Tastiera) Carl McGinley (Batteria, Percussioni) Tyler Newberry (Batteria, Percussioni)
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