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SAINT VITUS + ORANGE GOBLIN - Init Club, Roma, 19/10/2014
25/10/2014 (2812 letture)
Sono passati "già" quasi trentacinque anni da quel 1980 in cui i Saint Vitus diedero ufficialmente avvio alla loro carriera di doomster, imponendosi tra i gruppi di spicco della scena e ricoprendo un ruolo iconico e rappresentativo del doom più old school. In occasione di questo anniversario, festeggiato con un tour ad hoc in cui la band ripropone tutto il memorabile Born Too Late, la schiera di presenti è ben oltre le più rosee previsioni. Quando giungiamo, infatti, all'Init, locale che questa sera ospiterà il gruppo nella sua tappa romana insieme agli Orange Goblin, troviamo una fila che straripa fino allo spiazzo antistante il cancello d'ingresso. Un episodio inedito in questa location, che porterà l'apertura delle porte a subìre un notevole slittamento rispetto al programma prefissato, traslando di fatto l'inizio del live di due ore.

ORANGE GOBLIN
Quando finalmente riusciamo a mettere piede nella sala concerti, un caldo asfissiante ci fagocita, letteralmente, rendendo la permanenza all'interno del locale davvero difficile. Per gli Orange Goblin si conta già un buon numero di presenti, che intasano l'area lasciando poco spazio libero solo in coda alla sala, nonostante buona parte del pubblico si riversi ancora fuori dall'Init, per godersi un po' di frescura nell'attesa degli headliners.
La band avevo già avuto modo di incrociarla dal vivo in occasione della performance allo Stoned Hand of Doom del 2012, dove mi aveva lasciato una buona impressione. Purtroppo, questa sera ci regalerà un'esibizione di intensità inferiore, probabilmente influenzata dall'eccessivo caldo e dall'aria satura ed irrespirabile, condizioni che mettono a dura prova anche la performance vocale di Ben Ward, che solo con lo scorrere dei pezzi riesce ad aggiustare un po' il tiro. Ascolto la prima parte del live dalle retrovie, dove un audio non del tutto eccelso acuisce la sensazione di un live un po' castrato e non esplosivo come, invece, gli Orange Goblin ci avevano dato prova nelle precedenti occasioni. Procedendo più verso la parte mediana della sala concerti, la resa acustica migliorerà sensibilmente, ma i membri del gruppo mi sono sembrati visibilmente spossati e stanchi per le condizioni climatiche, nonostante abbiano cercato di tenere un livello di partecipazione ed interazione col par terre costante. Come prevedibile, una buona manciata di pezzi saranno estratti dall'ultimo lavoro, Back From The Abyss, uscito agli inizi di questo ottobre e che ancora in pochi hanno avuto modo di ascoltare e metabolizzare. Forse è anche questo il fattore che ha reso la risposta del pubblico meno corale, palesando uno stacco netto nel momento in cui, durante il rush finale, vengono eseguiti i classici come They Come Back (Harvest of Skulls) e Quincy the Pigboy, che regalereranno senz'altro i picchi massimi di tutto il set. Immancabile, nell'intro di They Come Back (Harvest of Skulls), la dedica a grandi registi italiani dell'horror come Dario Argento e Lucio Fulci e la parentesi scherzosa di un Ben Ward-zombie che attacca il chitarrista Joe Hoare; non una novità, per chi non si trova al cospetto del quartetto londinese per la prima volta, ma un momento in grado sempre e comunque di strappare in sorriso.

SETLIST ORANGE GOBLIN
1. Scorpionica
2. Acid Trial
3. Saruman's Wish
4. Sabbath Hex
5. Heavy Lies the Crown
6. Blue Snow
7. Into the Arms of Morpheus
8. The Devil's Whip
9. The Fog
10. They Come Back (Harvest of Skulls)
11. Quincy the Pigboy
12. Red Tide Rising


SAINT VITUS
Approfittiamo del momentaneo svuotarsi della sala per accaparrarci una posizione in pole position e godere meglio del concerto che di lì a poco Wino e soci inizieranno. L'attesa è consistente, ma quando vediamo i Saint Vitus finalmente salire sul palco, l'accoglienza non può che essere esplosiva. La serata, oltre che essere di tributo all'ultra trentennale percorso musicale, sancisce anche la prima volta della band in Capitale e Dave Chandler, infatti, non maschererà l'entusiasmo di trovarsi per la prima volta qui, non omettendo i classici riferimenti all'ingombrante Vaticano.
La scaletta si apre con Living Backwards, che subito ci fa calare in una coltre di melanconiche distorsioni settantiane e ritmi lentissimi e disperati. Wino agguanta il microfono per cantare ad occhi chiusi e trasportarci all'interno del vortice emotivo macchiato di riferimenti lisergici ed alcolici. Alcuni dal pubblico sembrano aver preso alla lettera l'approccio non propriamente streigth edge del frontman e, guardandosi attorno, non sarà difficile incrociare sguardi smarriti nell'abisso dell'alcol o di qualche altra sostanza.
I Bleed Black insieme a War Is Our Destiny daranno una bella scossa alle chiome lunghe di tutti i metallari presenti, nonostante il pubblico sia questa sera molto eterogeneo, come spesso capita quando ci si trova davanti ad un gruppo, come i Saint Vitus, la cui fama ha una risonanza tale da essere assorbita anche da chi di norma non è abituale frequentatore dell'ambiente.

Tra i membri del gruppo, senz'altro Chandler è il più espansivo e coinvolgente nel ricoprire il ruolo di annunciatore di ciascun pezzo e nel cercare consenso e risposta da parte di un pubblico che non sempre si mostrerà adeguatamente reattivo ai suoi input. Arriverà addirittura a suonare la sua chitarra con i denti! Una vera rockstar. Anche Wino, uscendo dallo status di apparente trance, improvviserà di tanto in tanto un approccio, abbandonandosi in richieste "fumose" o esprimendo pareri positivi nei confronti delle bellezze presenti al suo cospetto. Ci lascerà molto appagati anche la prova alla batteria di Henry Vasquez, che squarcia letteralmente i nostri timpani con un incedere vigoroso e corposo, specchio di quel trasporto fisico con cui è egli stesso ad immedesimarsi nei vari brani, purtroppo non senza problemi tecnici riguardanti l'insabilità di alcuni piatti: in un paio di occasioni sarà, infatti, Wino a doversi avvicinare per aggiustarli. L'unico apparso un po' più introverso sarà il bassista Mark Adams, che avrà un atteggiamento molto più passivo durante tutta la performance.
La parte più attesa del concerto è tutta concentrata alla fine, quando la band comincia il set dedicato a Born Too Late, storico album del 1986, e viene inaugurata da The War Starter che manda subito in estasi la folla che nel frattempo ha riempito tutti gli interstizi del locale. Ripercorrere dal vivo tutti i pezzi di un album che ha segnato la formazione musicale di tutti i devoti al genere, sarà una sensazione indescrivibile e curiosa è stata la scelta di affrontare questo viaggio a ritroso: si parte, cioè, dall'ultimo pezzo della tracklist originale del full length, per poi esplodere nel delirio finale della titletrack, dove Chandler si getterà in mezzo al pubblico per pizzicare le ultime note del pezzo con la sua chitarra.

Purtroppo la scaletta, a differenza di quella presentata la sera precedente al concerto di Mezzago, sarà monca di ben due pezzi, The Waste of Time e soprattutto l'omonima Saint Vitus, che ci avrebbe fatto catapultare al debutto discografico della band nel lontano 1984. Forse la mancanza di encore ha fatto sì che un po' di amarezza collaterale si facesse spazio nel nostro umore, perché di fatto eravamo ancora famelici e fino all'ultimo attimo in cui il tecnico della band ha spento le testate abbiamo sperato che i Saint Vitus uscissero di nuovo per regalarci gli ultimi brividi di questa serata bollente.
Ma al di là di questo piccolo neo, quasi sicuramente conseguenza dell'eccessivo slittamento di orario accumulatosi fin dall'apertura porte, il concerto è stato praticamente perfetto: testimoni davanti ad una storia che dimostra ancora di avere tutte le carte in regola -anche dal vivo- per farsi valere al cospetto di tutte quelle band che tentano di emularla, non possiamo che augurarci di avere al più presto un'altra occasione ghiotta come questa per rivedere i Saint Vitus all'opera, magari con un set meno avaro.

SETLIST SAINT VITUS
1. Living Backwards
2. I Bleed Black
3. War Is Our Destiny
4. Blessed Night
5. Let Them Fall
6. White Stallions
7. The Troll
8. The War Starter
9. The Lost Feeling
10. H.A.A.G.
11. Dying Inside
12. Clear Windowpane
13. Born Too Late



brainfucker
Domenica 26 Ottobre 2014, 10.53.17
1
concerto mostruoso con due band enormi, i vitus meriterebbero molto più credito quando si parla di heavy metal..le uniche pecche della serata: l'attesa lunghissima(lo stesso henry finito il concerto si è fatto strada tra il pubblico incazzatissimo, e lo era ancora prima di salire sul palco), l'aria assente sotto il palco e il prezzo della birra, un misero bicchiere a 5 cazzo di euro...ma vaffanculo va
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Live Report
SAINT VITUS + ORANGE GOBLIN
Init Club, Roma, 19/10/2014
 
 
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