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WITCHWOOD - Litanie dal bosco stregato
20/08/2015 (2290 letture)
Eppur si muove... il nostro Bel Paese continua a dare natali a band di grande spessore che niente hanno da invidiare ai propri omologhi esteri, che si concedono tour mondiali e l'attenzione di case discografiche potenti, in grado di muovere l'attenzione di un pubblico sempre più abulico e sazio dall'infinita messe di nuove e vecchie uscite. Eppure, un disco come Litanies from the Woods edito da Jolly Roger Records non è un album che si può lasciar passare in sordina. Affascinante, colto, evocativo, ondeggiante tra hard rock, prog e folk, con una qualità di scrittura e una ispirazione talmente evidenti, che non potevamo davvero ignorarlo. Da lì a voler conoscere i Witchwood attraverso le parole di Riccardo Dal Pane, voce e chitarra, c'è stato veramente poco. Chissà che per una volta il fascino del "bosco stregato" non convinca anche altri a raggiungerci nella scoperta....

Lizard: Ciao ragazzi, benvenuti su Metallized! Prima domanda di riscaldamento: Witchwood è una nuova band formata da musicisti provenienti da altre esperienze musicali. Come vi siete conosciuti e da dove è nata la scintilla per questa nuova realtà?
Riccardo Dal Pane: Ciao a te e grazie per la bella recensione del nostro disco. Allora, una parte della band proviene dai Buttered Bacon Biscuits, formazione con cui abbiamo rilasciato un album nel 2009 dal titolo From the Solitary Woods che è stato distribuito da Black Widow Records. Arrivati al capolinea con questo gruppo per svariati motivi una parte di esso, e in specifico io (Ricky Dal Pane-voce e chitarra), Andrea Palli (batteria) e Stefano Olivi (hammond e synth), ha deciso di continuare. Ai vecchi componenti si sono quindi aggiunti Luca Celotti al basso, Samuele Tesori al flauto e recentemente Davide Mosca all’altra chitarra. Si è poi deciso di adottare un nuovo nome per il gruppo in modo che fosse comunque chiaro che era l’inizio di un nuovo percorso. Cercavamo un nome che riflettesse le suggestioni della nostra terra, l’appennino tosco romagnolo con le sue atmosfere cupe e stregate. Una sera ero seduto in poltrona ad ascoltarmi un vecchio vinile degli Strawbs, From the Witchwood…ecco il nome perfetto per noi, Witchwood.

Lizard: Litanies from the Woods risulta già molto maturo e direi consapevole per essere un primo album, quanto tempo avete lavorato assieme per lo sviluppo di un sound già così ben delineato e quanto tempo avete invece dedicato al songwriting dei brani?
Riccardo Dal Pane: Ti ringrazio, lo ritengo un grande complimento. Sicuramente sia il songwriting che la produzione vera e propria dell’album hanno richiesto molto tempo ed impegno. Una parte dei brani era già stata sviluppata ai tempi dei BBB anche se poi sono stati riarrangiati e risuonati. Poi ci sono state anche canzoni nate in sede di registrazione come per esempio Shade Of Grey che è un pezzo un po’ anomalo per noi ma di cui vado molto fiero. Per il tipo di sound comunque niente di troppo premeditato, più che altro cerchiamo di scrivere belle canzoni al di là della complessità o lunghezza. Poniamo sempre molta attenzione alla melodia e che comunque ogni pezzo abbia una sua ragione d’esistere. Niente riempitivi, devono essere canzoni scritte per rimanere, per lasciare qualcosa nell’ascoltatore che magari le riascolterà anche dopo anni traendone, spero, ancora emozioni.

Lizard: Ascoltando il disco sembra che non abbiate voluto lasciare niente al caso, eppure viene spontaneo chiedersi se in alcuni brani, in particolare nella seconda parte del disco, l'improvvisazione non giochi qualche ruolo. E' così?
Riccardo Dal Pane: Beh, sicuramente ci sono molte parti in cui abbiamo cercato di curare tutto fin nel minimo dettaglio. Sta di fatto che comunque spesso inglobiamo nei pezzi parti frutto di jam in sala prove. Noi registriamo sempre tutto quello che facciamo, anche quello che improvvisiamo poi successivamente riascoltiamo il tutto e se c’è qualcosa che ci sembra valido lo recuperiamo per dargli un senso più compiuto. Ci lavoriamo e cerchiamo di inserirlo in certe parti, ma sempre senza forzature, il tutto deve fluire in modo naturale e mantenere una sua logica.

Lizard: Il disco è molto lungo e richiede all’ascoltatore di avere fiducia nella band, che comunque il tempo speso è ben investito. Sentite di aver espresso al meglio le vostre aspettative iniziali o qualcosa nonostante tutto è rimasto fuori?
Riccardo Dal Pane: Sì, è un disco lungo lo sappiamo. All’inizio ci eravamo posti anche vari problemi del tipo “ma piacerà? Ma stancherà l’ascoltatore? Non sembrerà arroganza esordire con così tanto materiale?” poi abbiamo pensato “ma chi se ne frega”… a noi il disco piaceva così, è frutto di un lungo lavoro e come ho detto prima non un solo istante è messo lì come riempitivo. Abbiamo cercato di essere il più onesti possibile con noi stessi prima di tutto in modo da non rilasciare un album pensando alle aspettative esterne e non lasciandoci influenzare dai cliché del mercato musicale. Credo che questa, chiamiamola “sincerità” compositiva, alla fine emerga e riesca a coinvolgere chi ci ascolta al di là della lunghezza complessiva del disco e delle canzoni. Ricevere così tanti apprezzamenti dal pubblico e dalla critica che ha dato fiducia al nostro progetto ci riempie di infinito orgoglio e ripaga dei tanti sacrifici fatti fino ad ora. Poi come ho già detto altre volte credo che sia più un discorso di qualità che di quantità. Esistono anche dischi cortissimi ma di una noia mortale quindi…

Lizard: Un tempo un disco così lungo sarebbe uscito come doppio vinile. Avete pensato a una simile soluzione, magari anche una edizione limitata per i collezionisti?
Riccardo Dal Pane: Sì, la Jolly Roger Records, la nostra etichetta, ha già pensato a tutto. Il disco uscirà in doppio vinile a ottobre. 100 copie saranno in edizione limitata in vinile viola quindi affrettatevi a prenotarlo sulla pagina della Jolly Roger.

Lizard: Il percorso musicale all’interno dell’album è abbastanza peculiare: si parte con brani più diretti e propriamente hard rock, anche se le altre influenze si fanno sentire e poi piano piano i tempi si dilatano e le influenze folk e prog cominciano a prendere il sopravvento. E’ in qualche modo un percorso voluto e pensato oppure è semplicemente andata così, senza un motivo preciso?
Riccardo Dal Pane: Sei il primo che finalmente lo nota. Originariamente avevo pensato il disco come diviso in due, una parte più elettrica ed una più acustica un po’ sullo stile del terzo dei Led Zeppelin. Alla fine però in fase compositiva i pezzi si sono evoluti molto, spesso cambiando totalmente impostazione, abbiamo però comunque pensato di mantenere questa caratteristica di far partire l’album in maniera potente per poi farlo come rallentare e renderlo più introspettivo nel centro per poi farlo risalire ed esplodere nel finale con l’epicità di Handful Of Stars. No, la cosa non è stata un caso ma perfettamente voluta. Grazie, mi fa piacere che tu abbia colto questa sfumatura, vuol dire che il disco l’hai veramente ascoltato con attenzione.

Lizard: Ok, ora potete confessarcelo: quanto avete goduto nel suonare alla Fiera Internazionale della Musica nello stesso giorno di Ken Hensley?
Riccardo Dal Pane: Enormemente. Un sogno che si è avverato anche solo poterlo conoscere. Io sono realmente cresciuto con la musica degli Heep, insieme a Stefano suonavamo già loro cover ormai quasi vent’anni fa. Quando l’ho incontrato sono rimasto lì pietrificato coi miei vinili da autografare in mano (ride). Chissà se mai ricapiterà… Il mio sogno sarebbe cantare un pezzo con lui, o averlo come ospite su un nostro brano ma sono già ben felice anche solo di aver calcato lo stesso palco. Un mito assoluto.

Lizard: Battute a parte, nella recensione dell’album ho scritto che nelle prime canzoni l’influenza degli Uriah Heep sembra davvero fortissima, poi però piano piano anche le altre sfaccettature del vostro sound vengono fuori, andando a completare il quadro. Quali sono a vostro avviso le influenze principali del vostro sound, magari quelle che per adesso ancora nessuno è riuscito a cogliere?
Riccardo Dal Pane: talmente radicata nel nostro background musicale che è impossibile che non emerga. In generale comunque un po’ tutto il rock anni 70’ anche se io poi ascolto anche molto metal e doom. Questo spesso spiazza la gente ma a me piacciono anche molte band estreme, tra i miei gruppi preferiti di sempre ci sono anche i Death, i Cathedral e i Candlemass. Un gruppo che sicuramente ci ha influenzato molto ma più come attitudine alla composizione che come sound sono i Led Zeppelin perché riuscivano a passare da un genere all’altro con estrema facilità e credibilità, nei loro dischi c’è di tutto anche se sono sempre stati etichettati solo come rock. Che poi per me il rock è anche questo, riuscire anche a variare ma mantenendosi credibili. Non vado matto per i gruppi che riciclano la stessa identica formula all’infinito, o perlomeno dopo un paio di pezzi mi annoio. Invece pensa a quanto sono diversi tra loro pezzi come Going To California e Communication Breakdown, No Quarter e Black Dog… eppure sono sempre i Led Zeppelin, lo capisci dopo una nota. Noi, ovviamente con le dovute proporzioni, cerchiamo di fare lo stesso.

Lizard: E’ indubbio che il genere da voi proposto si ricolleghi in maniera forte al suono degli anni 70. Cosa significa per voi proporre questo tipo di approccio e di musica nel 2015? E’ una forma di rifiuto della odierna realtà musicale o cos’altro?
Riccardo Dal Pane: No, non direi, non la viviamo in quest’ottica. La musica comunque è sempre stata collegata a quella che l’ha preceduta, credo sia un ciclo che si ripete dall’alba dei tempi e non credo sia molto costruttivo porsi troppi problemi a riguardo. Credo comunque che ci siano ottime realtà musicali anche al giorno d’oggi, semmai è cambiato l’approccio del pubblico. Credo che il problema reale quindi sia questo e si estende anche ad altri rami artistici, non solo a quello musicale.
Poi una cosa non l’ho mai capita… sembra che ci sia diciamo una specie di soglia entro cui tu sei accettato come musicista che propone musica moderna, superata quella diventi automaticamente derivativo, superata anche quella diventi classico e rientri negli standard. Scusa, ma fatico a ritenere moderno un gruppo che suona come i Pantera solo perché ha i chitarroni visto che io la prima volta li ho visti 23 anni fa. Però se uno ha il sound alla Grand Funk automaticamente è retro e derivativo. Se però fai blues o folk va bene perché oramai è uno standard… boh, guarda io proprio non riesco a concepire la musica in questa maniera. Ovvio che poi ognuno è libero di vederla come vuole però per me la cosa è decisamente stupida e denota una certa aridità a livello emozionale.

Lizard: In realtà, per il retro rock questi sono davvero anni d’oro e sembra che la grande operazione di riscoperta di certe sonorità iniziata vent’anni fa con l’esplosione dello stoner non conosca ancora requie. Quale può essere a vostro avviso il limite di questo approccio? Voglio dire, fino a che punto si può intraprendere un viaggio del genere senza apparire meri scopiazzatori o semplicemente cavalcatori dell’onda?
Riccardo Dal Pane: Come dicevo prima, noterai che tutto va a cicli. Per esempio ora più che il retro rock siamo letteralmente invasi da gruppi con ragazze alla voce che giocano a impersonare le sacerdotesse di turno ostentando il loro amore per l’occulto o per l’esoterismo. Questa è sicuramente una moda… chi ci lascerà e chi rimarrà… boh, chi può dirlo. Ogni decennio ha la sua: prima il black metal, e tutti giù a fare quello; poi il power teutonico, e via di voci superpulite e assoli a manetta… insomma, ogni volta che esplode diciamo una mania le band si dividono in due, quelle che sono copie praticamente esatte dei loro miti ricalcandone perfettamente suono e estetica, e altre che invece magari si ispirano ad un’epoca ma comunque cercando di metterci del loro o magari solo perché semplicemente amano quello che suonano. Spesso quest’ultime però sono in giro già da svariato tempo solo vengono notate in quel momento storico perché i riflettori, per ovvi motivi di vendite generali, sono su di loro grazie al trend imperante. Anche in Italia avevamo già formazioni che proponevano un certo tipo di rock ben prima che esplodessero fenomeni come i Blues Pills o Rival Sons però magari allora non interessavano a nessuno o perlomeno a pochi.

Lizard: Quello che mi ha colpito in maniera particolare, è stata la qualità profonda dei brani, canzoni destinate a durare, profondamente belle, al di là del genere. Vi andrebbe di raccontarci qualcosa di più di brani come The Golden King e Shade of Grey che sono a mio avviso il culmine del disco?
Riccardo Dal Pane: Grazie ancora, se continui così mi commuovo. The Golden King è un pezzo sviluppato su un’idea del nostro vecchio chitarrista ai tempi dei BBB. Originariamente il pezzo era decisamente diverso, quasi rock’n’roll poi gli abbiamo dato questa impronta più mistica anche grazie all’uso di tante percussioni, flauti, steel drum e campane tibetane. Molto psichedelico ed è anche uno dei miei pezzi preferiti. Shade of Grey invece è un pezzo che ho composto in solitudine, è molto lungo e particolare ma ne vado molto fiero specie per gli intrecci tra chitarre acustiche e mandolini che sfociano in un finale epico con un gran solo di moog. Il testo poi è molto toccante e visionario, parla degli ultimi momenti di vita di un uomo che sceglie di morire in solitudine tra i boschi.

Lizard: Prima accennavo all’esibizione del FIM: è naturale che per una band come la vostra il palco sia un compendio naturale dell’album. Cosa deve aspettarsi il pubblico da voi in sede live?
Riccardo Dal Pane: In parte dipende anche dalla location, ovvio che nei festival avendo meno tempo a disposizione cerchiamo di limitare i cambi strumenti e ci concentriamo di più sul nostro lato hard rock. Quando la serata lo permette però cerchiamo di intervallare anche coi nostri momenti più psichedelici e lenti, proponiamo anche un po’ di cover rivisitate secondo il nostro stile e su cui ci piace jammare. Cerchiamo poi di non ripeterci troppo a lungo di modo che chi viene a vederci spesso trovi comunque sempre nuovi stimoli nella serata.

Lizard: Immagino che sia forse presto per parlare del prossimo album, quindi vi chiedo semplicemente se ritenete i WItchwood come una band vera e propria che avrà un seguito e una sua stabilità o se si è trattato semplicemente di un progetto destinato a restare episodico nelle vostre rispettive carriere?
Riccardo Dal Pane: Beh, abbiamo già pronti svariati pezzi e tante idee su cui stiamo lavorando quindi spero che riusciremo in tempi brevi a fare uscire questo nuovo materiale. Certo che i Witchwood avranno continuità, siamo una band a tutti gli effetti e al momento è la nostra priorità.

Lizard: Bene, direi che per il momento è tutto. Grazie del tempo che avete voluto dedicarci. Vi lascio la parola, se volete aggiungere qualcosa o anche solo per un saluto ai nostri lettori.
Riccardo Dal Pane: Grazie mille per la stupenda recensione, per le belle parole con cui hai descritto la nostra musica e per l’intervista. Ci teniamo a ringraziare Antonio della Jolly Roger Records per il lavoro superlativo che sta facendo per noi. E poi un grazie di cuore a tutti quelli che ci stanno supportando in questo bellissimo viaggio… grazie veramente e a presto!



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