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27/04/25
THE LUMINEERS
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THE FORESHADOWING - Parte 1 - Babilonia non è poi così lontana.
05/05/2016 (1961 letture)
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È da poco uscito il loro nuovo album Seven Heads Ten Horns, che ha dimostrato ancora una volta il valore dei The Foreshadowing, una delle band fiore all'occhiello della scena italiana, purtroppo ancora poco considerata proprio dai metalhead tricolore. Abbiamo quindi colto l'occasione per fare una una lunghissima chiacchierata via skype con il mastermind e chitarrista Alessandro Pace, che ci ha raccontato qualcosa in più sul nuovo disco e sulle esperienze di una band che, ancora una volta, vi invitiamo a scoprire....
Gianluca: Ciao Alessandro, benvenuto su Metallized! Come ti dicevo, oltre a me oggi ad intervistarti c’è anche Giada che si è occupata della recensione! Alessandro Ciao! Sì l'ho letta, stavo giusto guardandola adesso, grazie!
Giada: Allora, iniziamo parlando di Seth Siro, dato che la copertina del vostro nuovo disco è decisamente inquietante: gli avete dato qualche indicazione o avete lasciato che la musica ispirasse il suo estro? Alessandro: Guarda, dare indicazioni a lui è impossibile! (ride, NdR). Io ci provo, son tre dischi che facciamo la copertina con lui, però tanto fa sempre di testa sua. Però alla fine giustamente dice "Sono un artista, vado ad ispirazione", quindi ovviamente gli abbiamo dato delle linee guida, però ha fatto tutto lui, ci ha mandato varie prove e varie versioni, noi abbiamo scelto quella che ci piaceva di più. Lui va molto ad istinto, a visioni e su questo non transige, dal suo punto di vista -giustamente- dice che gli piace fare a modo suo, come vede lui il tema e la visione che può avere dell'album. Diciamo che da questo punto di vista l'abbiamo sempre lasciato fare, anche perché il prodotto finale è sempre stato di alto livello, quindi non ci siamo mai lamentati. Poi sai, circa il lavoro dell'artwork, si giudica ovviamente subito la copertina di primo impatto, ma c'è anche tutto il resto che purtroppo da web non si può vedere, ti dico per esempio che l'interno del packaging è strepitoso secondo me, ha fatto veramente un ottimo lavoro, un digipack a sei pannelli con un booklet di sedici pagine veramente bello. Sono molto soddisfatto. Devo dire che livello di artwork siamo stati sempre fortunati con i quattro dischi, sia i tre con lui che l'altro con Travis Smith, li reputo tutti degli ottimi lavori.
Gianluca:Poi c'entrano anche molto con i dischi, anche in Second World, come tematiche era molto adatta la copertina di Travis Smith, che era se vogliamo meno forte. Sicuramente Seth Siro crea delle immagini più "intense"… Alessandro: Sì, lui predilige sempre il soggetto principale, c'è sempre un protagonista nelle sue immagini, mentre Travis Smith l'avevamo scelto per Second World perché volevamo proprio un paesaggio, un landscape e sentivamo che quel disco era più adatto a lui. Siamo poi tornati a Seth perché sentivamo di aver bisogno di un soggetto dominante, che mettesse in risalto anche il titolo, che secondo me è molto d'impatto.
Gianluca: Decisamente, colpirà moltissimo anche chi coglierà subito il riferimento all'Apocalisse... Alessandro: Sempre che non ci scambino per un gruppo black metal! (risate, NdR)
Gianluca: Ma speriamo di no (risate, NdR), nel momento in cui si ascolta è abbastanza ovvio… Alessandro: Il titolo è venuto fuori in modo molto semplice, perché è il tema principale del pezzo con la citazione dell'Apocalisse (17), e insomma, perché non chiamarci così il disco? Volevamo qualcosa di impatto e speriamo di aver colto l'attenzione con questo titolo.
Giada: A proposito del capitolo 17, com'è nata l'idea di riferirsi all'Apocalisse e il paragone con l'Europa attuale? Alessandro: Ti dirò, l'idea principale del concept c'è venuta proprio da un articolo che avevamo letto su internet, non ricordo dove, si chiamava "È l'Europa la nuova Babilonia" o un qualcosa del genere, faceva questo paragone tra l'Europa e Babilonia, poneva l'attenzione su come dietro molti palazzi del potere dell'Unione Europea (o per esempio nei francobolli o nel retro delle monete) ci fosse una simbologia parallela tra immagini associate all'Unione Europea e la raffigurazione della donna che cavalca la bestia descritta nel capitolo dell'Apocalisse, quindi da quello siamo un po' partiti. Si tratta di un argomento che tra l'altro coincideva con i pezzi che avevamo già scritto per il disco, il primo brano da cui avevamo iniziato a sviluppare il disco è proprio New Babylon , da lì siamo partiti e abbiamo avuto l'ispirazione giusta per continuare a lavorare sul disco. I temi principali trattati sono questi, l'intolleranza tra le razze, lo sgretolamento dell'Unione Europea, il clima di intolleranza e scontri di culture. Abbiamo associato queste tematiche a riferimenti biblici che a livello concettuale usiamo spesso nei testi dei nostri dischi.
Gianluca: Sì, non sono una novità, e soprattutto è stato interessante vedere come avete affrontato il tema, citando sempre l'Apocalisse, dopo aver terminato quella trilogia da cui eravate partiti, con le tre sfaccettature del tema. Questa volta non l'avete presa come argomento primario, ma siete riuscita comunque ad inserirla in maniera molto coerente. Alessandro: Vedi, diciamo che la sfida difficile è proprio quella, non ripetersi, cercando comunque di non snaturare il messaggio e le tematiche da cui siamo partiti. A livello concettuale questo disco per noi è stata una sfida difficile, perché sai, chi usa l'elemento trilogia, come noi nei primi tre dischi, si trova poi di fronte ad una bella sfida quando poi si trova a dover far qualcosa di "originale" e diverso a livello di concept. Pensiamo e speriamo di esserci riusciti e ora vedremo per il futuro (risate, NdR), la sfida per il prossimo disco sarà trovare nuovi argomenti e nuove tematiche interessanti da trattare.
Gianluca: Siamo curiosi di sentirlo, comunque per adesso siamo contenti così! (risate, NdR) Alessandro: Sì, comunque stiamo lavorando su qualcosa di nuovo, a ritmi molto blandi, che poi è un aspetto che ci caratterizza sempre! (risate, NdR)
Gianluca: Decisamente, non so se ricordi ma nel 2013 c'eravamo visti per un'intervista con un altro nostro collega dopo il concerto con gli Swallow the Sun a Romagnano Sesia e già all'epoca ci avevate detto che eravate al 50% della composizione di questo disco. Alessandro: Ed era vero! Noi siamo molto pignoli, selettivi e rigorosi, sai sarebbe facile per noi prendere un quantitativo di pezzi buoni e fare il disco. Noi invece puntiamo a migliorare sempre quello che è stato il disco precedente e per fare questo devi essere sempre selettivo e cercare sempre il meglio. In quel periodo avevamo già molti pezzi, ma ne abbiamo fatti altri nuovi, molti non li abbiamo ritenuti validi all'interno del concept che stavamo sviluppando, è anche questo importante, non ci limitiamo a dire "questo è un bel pezzo, mettiamolo nel disco" deve avere anche una certa attinenza stilistica e concettuale con il resto dell'album.
Gianluca: Ma fate bene, altrimenti si finisce davvero a fare un disco all'anno, magari che suona sgrammaticato o con canzoni slegate che trasmettono poco. Alessandro: Più si va avanti e più bisogna mantenere il livello alto, sempre più alto, io sono un po' contrario alla filosofia che c'è oggi, tipo basta che si sta sempre sul pezzo, si sforna un disco all'anno o ogni due anni perché bisogna sempre star lì. Noi non riusciamo a fare i dischi così tanto perché bisogna farli, abbiamo in un certo senso messo l'asticella più in alto cercando sempre di migliorare la qualità, ma per fare ciò ci vuole tempo. Magari noi ce ne siamo preso troppo (risate, NdR), perché alla fine sono passati quattro anni, ma ritengo che ne sia valsa la pena.
Gianluca: Si sente, tanto, se non è cambiato nulla da quello che ci avete detto all'epoca, questo non è il vostro lavoro, quindi è giusto che facciate qualcosa quando avete qualcosa da dire, non è che uno dice "devo mangiare quindi devo fare un disco"... Alessandro: Più che altro, più che avere qualcosa da dire è proprio avere il tempo per lavorare al meglio, a livello di ispirazione a livello di arrangiamenti e di cura dei testi, della musica, della produzione. Sono cose che portano via tempo, soprattutto quando questo purtroppo ahimè non è il nostro lavoro, sto dicendo una cosa abbastanza banale ma in Italia è difficile vivere di musica, quindi questo per noi -come mi piace sempre dire- è un bellissimo hobby costoso. Purtroppo è così, guardiamoci attorno, al giorno d'oggi "è uscito il disco nuovo" si traduce spesso in "apro Spotify e me lo sento, bello! Avanti il prossimo". I dischi non si vendono più come una volta, è cambiato tutto, e anche per quanto riguarda i live, per mantenere l'attenzione alta uno dovrebbe star sempre lì, ma non tutti hanno la possibilità di farlo, anche perché c'è anche una grande concorrenza e quindi è sempre difficile trovare tour interessanti o situazioni live in cui vale la pena di avventurarsi.
Gianluca: Immagino anche per i costi che ha, alla fine la gente pensa sempre "vanno in tour guadagnano"... Alessandro: (risate, NdR) eh sì guadagnano, no, magari! Alla fine il guadagno in tour è spesso il non rimetterci, anche perché c'è un discorso di spese, il tourbus ha costi alti che i gruppi riescono a coprire a malapena con i cachet, ci sono dei costi vivi non indifferenti nell'andare in tour, quindi non è così facile.
Gianluca: Quindi se vi chiediamo se avete già qualche progetto al momento a parte il release party? Alessandro: Mah, i progetti ci sono sempre, bisogna vedere poi se si concretizzano, cerchiamo e valutiamo delle situazioni in cui valga la pena avventurarsi, al momento qualcosa c'è ma bisogna ancora aspettare, ci sarà qualche data così, poi vediamo in autunno se si concretizza qualcosa di più sostanzioso.
Gianluca: Altrimenti si verrà tutti a Roma! (risate, NdR) Alessandro: Sì, dopo gli ultimi concerti ci siamo messi in pausa forzata per lavorare al disco, abbiamo avuto recentemente un festival a Malta prima della release del disco, ora avremo un paio di date in Italia, penso e spero qualcosa quest'estate e magari quest'autunno si organizzerà qualcosa con un altro gruppo.
Giada: Ritornando a Seven Heads, Ten Horns, rispetto a Second World, soprattutto a livello musicale il sound sembra più cupo, ovviamente i testi sono anche meno speranzosi, ma anche le varie sonorità, forse c'è meno gothic e più doom, meno sperimentazione sui suoni… Alessandro: Mah, io penso un po' il contrario se parliamo dell'ultimo, abbiamo "osato" parecchio in questo disco, abbiamo usato parecchie cose per noi un po' nuove, vedi l'intro Ishtar che è folk, così come un brano come Fall of Heroes, che ha un retrogusto epico quasi Bathoriano abbastanza inedito per noi. È un disco abbastanza vario, con pezzi classici, un paio di ballad, pezzi un po' di influenze post-rock che non avevamo mai sperimentato come 17 o Nimrod, Martyrdom che ha delle sonorità orientaleggianti. Lo ritengo un disco molto vario con molti sprazzi innovativi, cose nuove che abbiamo introdotto e che vogliamo approfondire anche in futuro. C'è anche un pezzo da quattordici minuti (Nimrod, NdR), una sorta di suite che non avevamo mai fatto. Insomma, ci sono molte cose nuove e molti azzardi, con cose poco canoniche per il genere, forse di doom vero e proprio c'è qualcosa in meno rispetto a Second World, ma abbiamo sperimentato parecchio.
Gianluca: Visto che menzionavi l'intro, Ishtar, ricordo uno studio report di Second World in cui dicevi "Non disdegnamo di usare ancora di più chitarre acustiche e semi-acustiche". Qui siete andati oltre, che altri strumenti a corda avete usato? Perché c'è qualcosa che non son riuscito ad identificare, non sono decisamente solo chitarre acustiche… Alessandro: Ci sono dei mandolini, delle percussioni, dei bouzouki, degli strumenti etnici, insomma, diverse cose nuove per il genere. C'è piaciuta come sperimentazione e svilupperemo molto questo lato del nostro sound in futuro, siamo molto soddisfatti di queste piccole novità.
Giada: Ci stanno molto bene, ed è importante fare quello che si sente, sfondando le barriere... Alessandro: Sì, anche perché, se c'è una cosa che ci siamo sempre prefissati dal primo disco è di non rifare mai lo stesso disco, io vedo gruppi che fanno lo stesso album da vent'anni, ma sinceramente come musicista cerco sempre di fare qualcosa, di migliorare ogni volta e con delle piccole novità, anche per un discorso di gratificazione nell'ascolto, quindi per forza di cose c'è sempre una ricerca di strumenti e di arrangiamenti, ovviamente senza snaturare quello che è il sound di base, le radici e le fondamenta da cui siamo partiti.
Giada: Parlando di Martyrdom, nel brano affrontate la tematica della situazione bollente del Medioriente, come vedete la questione in generale? Alessandro: Hai colto appieno lo spirito del pezzo, si riallaccia sempre al concept principale del disco, quindi anche l'intolleranza tra culture e religioni diverse. A livello musicale richiama molto atmosfere orientaleggianti e mi è piaciuto molto il poter utilizzare le voci bianche, che in qualche modo danno risalto alla drammaticità della situazione, anche questa comunque è una piccola novità inedita per il genere.
Gianluca: Visto che hai citato Nimrod, che è effettivamente la prima suite che fate, è stato qualcosa dovuto ad un testo lungo che ve lo richiedeva o vi siete sfidati a fare qualcosa di più lungo ed eterogeneo? Alessandro: Guarda, l'idea del pezzo suite ce l'avevamo da tanto tempo, però stavamo aspettando la situazione giusta in cui concretizzarla. Nimrod nasce da un paio di brani composti in periodi diversi che abbiamo poi unificato a livello musicale e concettuale con un paio di intermezzi ed altri temi musicali, arrivando poi a costruire questa suite. Siamo molto soddisfatti, è uno dei pezzi migliori della nostra discografia, spero che sia apprezzato (sembra di sì leggendo le recensioni), anche perché sai, è sempre un rischio fare un brano lungo alla fine del disco.
Gianluca: Però alla fine è anche molto eterogeneo, quindi scorre, non è che avete preso un riff e l'avete tirato per 20 minuti…. Alessandro: No, c'è stato un certo lavoro di cesellamento e di amalgama tra i vari temi musicali, poi guarda, è un brano che funziona bene come showcase dei Foreshadowing, mostra tanti dei nostri lati musicali, come una sorta di summa stilistica di cosa sono i Foreshadowing al giorno d'oggi. Se qualcuno mi chiede a che punto sono arrivati i Foreshadowing, Nimrod è un po' il riassunto di quello che siamo, sia a livello stilistico che di influenze. Da lì è probabile che partiremo come base stilistica per i brani futuri.
Gianluca: Riallacciandomi a quanto diceva prima Giada riguardo la maggiore "pesantezza" del sound del disco, è dovuto a questo il fatto che abbiate scelto di andare in Polonia agli Hertz Studios? Perché il loro curriculum conta molte band estreme, è lo studio che registra Behemot e altri gruppi di questo tipo... Alessandro: Guarda, la scelta degli Hertz Studios è stata un po' una scommessa, un azzardo se vogliamo, perché non è che abbiano mai prodotto gruppi del nostro genere. Hanno sempre fatto ottimi dischi black e death metal, Behemot, Decapitated, disconi eh, ma sai, non avendo un diretto paragone a livello di sound è stato un po' un azzardo ma anche una scommessa che abbiamo vinto, il lavoro è venuto come lo volevamo, cioè con una maggiore pesantezza e compattezza di suono, il lavoro svolto in fase di mixaggio ha dato i suoi frutti, è quello che cercavamo in termini di produzione.
Gianluca: Non è nemmeno facile per una produzione così arrivare e reggere il confronto dopo un disco prodotto da Dan Swano, che per il genere è un po' l'Olimpo... Alessandro: Sì, anche questo si riallaccia un po' al discorso di non voler far sempre lo stesso disco e voler provare cose nuove. Sarebbe stato "semplice" affidarci di nuovo a Dan Swano, però abbiamo voluto provare qualcosa di nuovo, perché il disco era diverso da Second World, aveva secondo me bisogno di una produzione diversa e ci siamo quindi imbarcati in questa sfida che ha dato i frutti sperati. É stata quindi una produzione molto lunga e faticosa, anche prima della fase del mixaggio, però il risultato ci soddisfa appieno, il suono è molto grosso compatto, ma allo stesso tempo definito.
Giada: Parlando della batteria, dato il cambiamento notevole, visto che lo stile di Jonah era molto diverso da quello di Giuseppe, com'è cambiato il processo di composizione a livello ritmico? Alessandro: Sì, sono due batteristi molto diversi, io sono veramente contento di aver lavorato con entrambi, perché nel nostro genere li reputo veramente tra i migliori sulla piazza nella mia città (Roma, NdR), Giuseppe poi non ha certo bisogno di presentazioni. Noi personalmente lo conoscevamo già perché siamo "cresciuti" con lui, (mentre io lo conoscevo dai dischi con i Klimt 1918), i Foreshadowing a livello di produzione sono nati agli Outer Sound Studios (lo studio gestito da Giuseppe Orlando, NdR), dove lui ci ha prodotto, registrato e mixato i primi due dischi, ci ha inoltre seguito spesso a vari festival e concerti come fonico live, è un amico di vecchia data. Era praticamente della famiglia e, nel momento in cui Jonah non se l'è più sentita di andare avanti, siamo stati fortunati a trovare subito Giuseppe e a continuare con lui, ovviamente anche per il disco nuovo è stato di grande aiuto, è un grande batterista, ha grande esperienza da fonico e produttore, è un musicista a 360 gradi, è molto propositivo in ambito compositivo e di arrangiamento. In Fall of Heroes ad esempio ha composto parte della musica insieme a me e Francesco, quindi insomma, è veramente una persona che dà sempre l'entusiasmo e gli stimoli giusti. Un ottimo acquisto!
Gianluca: Ecco, il fatto che lui abbia gli Outer Sound e che adesso faccia parte a tutti gli effetti del gruppo, vi ha un po' facilitato nel registrare le demo e anche proprio di registrazione vera e propria, in fondo in Polonia ad esempio per quanto riguarda le chitarre avete fatto solo il reamping… Alessandro: Sì, le chitarre in realtà le ho sempre curate e registrate con la mia strumentazione, comunque abbiamo fatto con lui un lavoro di pre-produzione che ci ha fatto curare al meglio tutti i dettagli.
Gianluca: Per la voce invece avete lavorato con Christian Ice? Alessandro: No, le voci sono state tutte registrate agli Outer Sound. In tale ambito abbiamo fatto un gran lavoro, c'è stato ancora un ulteriore passo in avanti a livello di resa vocale di Marco.
Gianluca: In effetti, pur con tutto il rispetto per voi che suonate gli strumenti, la voce di Marco è un qualcosa che rispetto alle altre band del panorama vi dà un certo quid in più. Ha veramente una capacità di interpretare che è veramente una marcia in più e di certo non solo da oggi o da questo disco... Alessandro: Guarda, la voce di Marco è per noi un motivo d'orgoglio perché, secondo me è una tra le migliori voci del panorama internazionale in questo genere. Non lo dico perché è il mio cantante, ma davvero attualmente è uno dei migliori e la sua voce è perfetta per il nostro genere e la nostra musica. Esalta anche le linee vocali, ha una determinata personalità, che nel panorama attuale non è una cosa da poco
CONTINUA NELLA SECONDA PARTE...
Intervista a cura di Giada Boaretto "Arianrhod" e Gianluca Leone "Room 101"
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