|
27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
|
|
I AM MORBID + NECROPHAGIA - Revolver Club, San Donà di Piave (VE) - 02/06/17
06/06/2017 (1616 letture)
|
Dopo la cocente delusione per l’annullamento del precedente tour europeo da headliner, che avrebbe dovuto fare tappa a Brescia lo scorso di Dicembre, con Schirenc dei Pungent Stench a fiancheggiarli come supporto (uno dei pochi "tributi d’autore" sinceri, n.d.a.), i Necrophagia riescono con mio grande piacere a recuperare la tanto attesa tourneè, fissando la prima data italiana dopo 14 anni.
Riescono anche a mettere a dura prova la mia passione per loro: non solo quasi 4 ore di macchina mi separano da San Donà di Piave, vicino a Venezia, ma Killjoy e soci (leggasi turnisti) tornano sul nostro continente fiancheggiando i discutibili I Am Morbid di David Vincent , che dopo l’abbandono (o allontanamento?) dei Morbid Angel, dopo aver compromesso la propria credibilità con Illud Divinum Insanus, dopo essersi dato al country ecc., torna sui palchi a batter cassa, proponendo i classici dell’era A-B-C-D, ma dietro a un moniker così altisonante da risultare ridicolo, e una line-up di turnisti di alto livello professionale: nello specifico, nella data di San Donà, vedremo esibirsi con Vincent soltanto Ira Black e Tim Yeung, batterista d’eccezione e da molti anni dietro alle pelli dei Morbid Angel. La seconda chitarra non è pervenuta, e le ragioni rimangono oscure.
NECROPHAGIA Ma prima di parlare di questi headliner, parliamo del vero e unico motivo della strappata di 7-8 ore complessive di macchina: i Necrophagia sono una delle band più datate nella storia del death metal – anzi, praticamente la prima band ad essere considerata tale ad appartenere a questa etichetta di genere a detta del loro frontman Killjoy, che sembra togliersi lo sfizio di rinfacciarlo al più giovane David Vincent, con cui stava parlando fuori dal locale (ancora deserto), mentre firmava la mia copia del seminale Season of the Dead. "Giusto qualche mese prima dei Mantas di Chuck Schuldiner", dice Killjoy a Vincent, e le carte sembrerebbero dargli ragione, nonostante le testimonianze per lo più fumose. Tralasciando questi discorsi da vecchi metallari imbruttiti (evidentemente comuni a tutti i musicisti metal di tutto il globo), dire che i Necrophagia siano stati influenti, anzi pionieristici, è poco: le loro prime registrazioni portavano alle estreme conseguenze il concetto di proto-death metal che già infestava gli USA intorno all’85 - nello specifico, la voce risulta già molto estrema (sebbene non propendesse per il gutturale), così come avanti coi tempi era l’aggiunta di mid-tempo macabri, intermezzi da colonna sonora horror, grida di vario genere e altro ancora. Più di tutte, forse, risulta iconica l’ossessione dei Necrophagia per il cinema dell’orrore e la sua estetica, che anche grazie a loro divennero una delle tematiche più care e gettonate nel death metal.
Nonostante potessero sembrare il gruppo giusto al momento giusto, la storia dei Necrophagia non fu così fortunata: il debutto venne rinviato dal 1986, anno di registrazione del formalmente abortito Ready For Death, al 1987, anno di uscita di Season of the Dead, che era però penalizzato da una produzione molto più dozzinale rispetto a quella che avrebbe caratterizzato la maggior parte delle uscite death metal connazionali nei successivi 24 mesi. Seguì un prematuro scioglimento, finché non fu un personaggio del calibro di Phil Anselmo, noto maniaco dell’underground e dell’horror, a spingere per la reunion di questo leggendario gruppo, entrandovi come chitarrista nella seconda metà degli anni ’90, mentre ancora era frontman di Pantera e Down. Da quel momento Killjoy, il cantante e fondatore, e una lunga sequela di altri musicisti che si prestarono al progetto, intassellarono uno dietro l’altro una fitta e qualitativamente solida discografia.
Dal momento che per questioni di orari di viaggio non potrò parlare degli opening acts, almeno ho potuto usufruire di un discreto spazio per presentare un gruppo che magari non sarà noto proprio a tutti i lettori. Inizio col dire che i Necrophagia dal vivo hanno nettamente superato le mie aspettative, presentando un’esecuzione fluida e naturale, risultando sia diretta e "raw" che formalmente(quasi) impeccabile. La presenza di un solo chitarrista (ormai la norma per loro) non ha inficiato negativamente sul risultato, anzi sono quasi sicuro che abbia garantito un punch ritmico che altrimenti difficilmente si sarebbe così ben bilanciato con la sezione ritmica di basso e batteria, estremamente groovy e pesante. Come gruppo death metal, bisogna dire che non siano soliti puntare sulla velocità, quanto più sui cadenzati di scuola Celtic Frost tanto cari al filone death metal di metà anni ’80. Non che manchino sezioni più incalzanti nei loro dischi, ma anche la scelta della scaletta sembra favorire i mid-tempo, settando un mood più oscuro ma comunque incalzante. Come tipico delle produzioni del gruppo da una quindicina d’anni a questa parte, non manca nemmeno quel po’ di rock ‘n’ roll nelle sezioni solistiche che rende ancora più personale la proposta dei Necrophagia, sposandosi ottimalmente con la voce marcia di Killjoy, uno scream tormentato, che suggerisce conati di vomito e che si accompagna a gestualità grottesche e orpelli scenici come (finte) teste decapitare o arti mutilati, che il cantante lecca e il passa sui genitali.
La line-up scelta per questo tour consiste degli stessi membri degli Haxxan, side project black metal di Killjoy, il cui ultimo disco – un concept su Aleister Crowley - è recentemente uscito per Hell’s Headbangers, e risulta ben rodata ed estremamente capace, nonostante per esempio la giovane età del chitarrista, e quel suo tatuaggio degli Opeth che così tanto stona con il contesto, che in particolare interpreta ottimamente ogni riff e assolo. La scelta della scaletta non è esattamente quella che ogni fan del gruppo sognerebbe, data la durata di 45-50 minuti, necessariamente limitante, ma ogni scelta risulta azzeccata, pur nell’intento di riproporre qualcosa da ogni periodo del gruppo (compreso il periodo anni ’80, quasi sempre omesso nei live set e questa volta tributato con la vitriolica Young Burial dal demo Death Is Fun del 1986). Inutile dire che avrei sperato in qualche pezzo in più da Holocausto De La Morte, ma data la rarità con cui sono venuti in Italia (se ho capito bene, solo due volte –questa compresa- in tutta la loro carriera) c’è ben poco di cui rammaricarsi, anche perché i suoni sono risultati veramente impeccabili: ben bilanciati, potenti, chiari… Risulta molto apprezzato da pubblico (non molto nutrito, però) anche il tributo a Lucio Fulci, essendo il cinema horror italiano onnipresente nelle loro lyrics, nello specifico con Dead Among Us in questo live set.
SETLIST NECROPHAGIA Upon Frayed Lips Dead Skin Slave Bloodfreak Young Burial The Wicked Whiteworm Cathedral London 13 Demon Street Dead Among Us Cannibal Holocaust
I AM MORBID Ammetto che dopo essermi tolto una soddisfazione come quella di vedere i Necrophagia, non è con la migliore disposizione che mi metto a sentire questa sorta di riproposizione dei vecchi Morbid Angel: un misto di indifferenza e preoccupazione all’idea che possano macellare i classici di un gruppo per cui ho un’ammirazione così viscerale. Già il fatto che sia presente, come dicevo prima, un solo chitarrista, stilisticamente così lontano da Trey Azagthoth (sebbene molto probabilmente più preparato, come musicista) non mi risulta particolarmente invitante. Se poi aggiungiamo la pacchianissima marcia trionfale, a testa alta, sulle scale che dal piano superiore portano al palco e l’outfit tamarro (da ricordare i pantaloni da carabiniere di Vincent, con tanto di riga rossa a lato), le cose sembrano peggiorare. La verità è che l’esecuzione dei pezzi è veramente impeccabile, e sfodera anche un gran tiro: fin dalle prime battute, vengono giocati dietro l’altro una sequela di classici che conquistano abbastanza rapidamente la maggior parte del pubblico, soprattutto, immagino, chi non ha avuto l’opportunità di vedere i Morbid Angel con Vincent in questi ultimi anni. In particolare, come mi aspettavo, è il drumming a dare tutta la spinta all’esecuzione, sia per precisione che per la "pacca", accentuata da volumi da sordità (soprattutto se paragonati con quelli dei Necrophagia, ovviamente più bassi, ma sicuramente più chiari).
Non risulta particolarmente in forma la voce di Vincent, ridotta quasi a un ruggito un po’ sommesso, e anche il suo continuo giocare con le linee vocali e la metrica dei versi fa pensare quasi a una sua impreparazione, per quanto assurdo possa sembrare. A dir la verità, nonostante il suo carisma da frontman, non sembra nemmeno coinvolto nei pezzi, non accenna il minimo movimento, tiene i capelli legati… L’assenza di una seconda chitarra si fa sentire e va snaturando un po’ l’essenza dei Morbid Angel, ma non intacca così negativamente lo show come mi sarei aspettato – i pezzi sono suonati fedelmente (salvo qualche armonico da US power metal che mi sarei risparmiato) e gli assoli veramente ben eseguiti. Si ha anche l’opportunità di sentire qualche classico che non avevo avuto l’occasione di sentire in nessuna delle numerose volte in cui avevo visto i Morbid Angel negli scorsi anni, come la title track di Blessed Are the Sick ad esempio. Non mi trattengo fino alla fine, dato il non trascurabile ritardo accumulatosi sui concerti, e le diverse ore di guida notturna ad attenderci – in generale, una volta messi da parte i comprensibili preconcetti verso quello che a tutti gli effetti sembra essere un modo per continuare a guadagnare sulla musica dei Morbid Angel, allora la prestazione del gruppo risulta anche convincente. Preferisco conservare il ricordo del gruppo originale, in ogni caso.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
ARTICOLI |
 |
|
|
|
|
|
|
|