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PORTO LIVE METAL FEST - Piazza delle Feste, Porto Antico, Genova, 29/07/2017
02/08/2017 (1504 letture)
L'annuncio della prima edizione del Porto Live Metal Fest è stata una piacevole sorpresa per molti, vista la mancanza cronica di eventi metal a Genova, e personalmente da diversi mesi aspettavo la data del 29 luglio per poter vedere finalmente un concerto con un headliner internazionale nella Superba.
Oltretutto, la location già in partenza era un punto a favore del festival: il Piazzale delle Feste si trova nella zona del Porto Antico di Genova, raggiungibile facilmente in macchina, autobus, metropolitana e pure a piedi nel caso si abitasse nel centro storico. Inoltre, la tensostruttura sopra l'area garantisce il riparo dal sole al pomeriggio ed il trovarsi praticamente circondati dal mare offre uno spettacolo comunque suggestivo. Nonostante sia debilitato da alcuni problemi di salute, la mia presenza a questo evento è d'obbligo per tutti i motivi spiegati sopra e la caratura dei gruppi i programma, di cui dopo parlerò in maniera più approfondita.
Sbrigate le formalità dei controlli all'ingresso (veloci e non troppo invasivi in ogni caso) mi accingo ad entrare nell'area, che ha già ospitato diversi eventi musicali di differente indirizzo nel corso dell'estate, quindi una location rodata e collaudata.

BELLATHRIX
Alle 16,30 in punto la formazione genovese dei Bellathrix dà l'inizio ufficiale al Porto Live Metal Fest con il piazzale ancora per buona parte deserto, come anche sottolineato scherzando dalla cantante Stefania Prian. Durante la prima canzone Road in the Night alcune persone guadagnano l'ingresso, non evitando comunque l'effetto rimbombo da sala vuota che penalizza un po' i suoni del gruppo. Avendoli già visti in occasione del M.ag. Metal Fest di maggio, so già cosa aspettarmi: heavy metal ottantiano di stampo classico, con brani estratti dal disco di esordio Orion dello scorso anno. Nonostante le poche persone, il gruppo ci mette l'impegno e la grinta necessari, scorrendo rapidamente le tracce più energiche di Orion, Before The Storm e Fly In The Sky e dedicando allo scomparso Fabio Cappanera la cover di The Ritual della Strana Officina. La chiusura è affidata ad un pezzo atipico, The King Of Camelot, che vede anche la presenza come ospite di Luca Scherani de La Coscienza di Zeno, qui impegnato al flauto in questa ballata.
Le impressioni sono più o meno le stesse che mi feci a maggio, con i Bellathrix che mettono impegno e voglia di divertirsi con una proposta che non è niente di rivoluzionario e che rende di più dal vivo (al netto di qualche umana sbavatura) che su disco. Come apertura va bene così.

BLUE DAWN
Secondo gruppo di giornata, i Blue Dawn guadagnano il palco in anticipo rispetto al programma, ma la cosa non è necessariamente un male. Anch'essi genovesi, il quintetto ha recentemente pubblicato il terzo disco Edge of Chaos sotto Black Widow Records e vede quest'oggi la presenza del nuovo ingresso Davide Bruzzi (già membro della formazione prog rock Il Segno del Comando) alla chitarra ed alle tastiere. Il nuovo disco viene subito presentato con la strumentale Serpent's Tongue, che funge da lungo intro prima dell'ossessiva Sex (Under The Shell), primo singolo estratto da Edge of Chaos, che vede alternarsi le voci del bassista Enrico Lanciaprima e della cantante Monica Santo. La proposta heavy/doom dei cinque scorre via fluida e l'aggiunta del quinto membro ha portato un inspessimento delle parti a due chitarre e maggiore impatto atmosferico con l'utilizzo delle tastiere. Tra i pezzi suonati riconosco Cycle Of Pain, titletrack del secondo disco dal mood più sinistro che spicca nella setlist, nonostante la luce del giorno non sia forse la naturale ambientazione per questo tipo proposta. Nel complesso la prova dei Blue Dawn è stata buona, anche se personalmente ho apprezzato maggiormente la prima parte della mezz'ora a loro assegnata, più varia ed energica rispetto alle ultime battute della scaletta.

NORTHWINDS
Forse buona parte del pubblico non lo sa, ma per i francesi Northwinds questa è la prima data in assoluto nel nostro Paese, nonostante una carriera ventennale. La formazione transalpina, infatti, mena fendenti doom/prog sin da metà anni '90 ed è sempre stata legata alla Black Widow Records nei cinque dischi sino ad oggi pubblicati. La proposta dei cinque è di stampo doom classico con influenze prog/folk ed anche N.W.O.B.H.M. e sin dalla prima canzone Eternal Winter (titletrack dell'ultimo disco datato 2015) veniamo subito avvolti dal lento e pachidermico andamento del gruppo. Una delle particolarità dei Northwinds è il doppio ruolo di batterista/cantante di Sylvain Auvé, membro fondatore del gruppo, comunque a suo agio sia nel declamare i testi, che nel picchiare con forza le pelli della sua batteria. A lui va anche il compito di presentare i pezzi ai presenti, ironizzando anche sull'omonimia con la maglietta del bassista Thomas Boivin per il brano Land Of The Dead. L'impatto sonoro del gruppo è potente, forse pure troppo, dato che il flauto di Pierre Chamby viene spesso coperto dal resto e riesce a spiccare solo durante i passaggi più calmi, perdendo un po' di quel tocco prog caratteristico. Per questa data particolare, i Northwinds hanno preparato alcune sorprese, suonando un nuovo brano intitolato She Talked to the Dead, incluso in una speciale cassetta demo venduta per l'occasione, e soprattutto la cover Mask Of Satan, colonna sonora del film la Maschera del Demonio di Mario Bava, inclusa nella compilation E Tu Vivrai nel Terrore della Black Widow Records e qui suonata per la prima volta dal vivo. Un omaggio all'Italia con cui i cinque francesi si congedano dal Porto Live Metal Fest dopo circa un'ora ad alto livello. Per qualcuno sono stati una scoperta, per altri invece una conferma, in ogni caso i Northwinds scendono dal palco lasciando il pubblico (che comincia finalmente a riempire parzialmente la location) soddisfatto.

MORTUARY DRAPE
Che i Mortuary Drape fossero tra i gruppi più attesi di giornata era abbastanza chiaro, data la quantità di magliette del gruppo indossate dai presenti ed il fatto che ad un certo punto il pubblico si sia iniziato ad accalcare sotto il palco, ad aspettare l'inizio dello show del gruppo alessandrino. Drappi viola con croci rovesciate ed un leggio avvolto in un lenzuolo nero vengono portati sul palco ed i quattro musicisti salgono con delle logore mantelline grige ed il facepainting, dando le spalle ai presenti durante l'intro, al termine del quale senza esitazioni attaccano con la classica Primordial, dal primo disco All The Witches Dance. Il frontman e leader Wildness Perversion si presenta on stage solo ora, vestito completamente di nero aggredendo letterarlmente il microfono ed il leggio. L'inizio è cattivo ed energico come mi aspettavo, i cinque suonano veloci e compatti, riversando sul pubblico Lithany, Obsessed by Necromancy, Mortuary Drape e Crepuscolar Whisper quasi senza sosta, l'unica pausa è rappresentata dall'intro della mitica Tregenda. Wildness Perversion non è propriamente un frontman ciarliero per sua stessa ammissione, ma spende lo stesso alcune parole per ringraziare e complimentarsi con l'organizzazione. Grande impressione destano anche i quattro musicisti che lo accompagnano, i quali si muovono e fanno scena mantenendo alto il livello della prestazione. In particolar modo la sessione ritmica composta dal batterista M.B. (già con i Dark Lunacy) ed il bassista S.C. sono particolarmente sugli scudi, spina dorsale precisa ed efficace del gruppo. Lo sferragliante sei corde di S.C. è molto in evidenza nel mixer, ma questo più che un errore pare essere una precisa scelta, coerente anche con la produzione dell'ultimo Spiritual Independence, e ad ogni modo si integra perfettamente nei riff taglienti dei due chitarristi, come ad esempio su Pentagram. La conclusione viene affidata ad Abbot tratta dal secondo disco Secret Sudaria, suonata in maniera ancora più furiosa e veloce. I Mortuary Drape lasciano dunque il palco tra gli applausi, dopo aver suonato una scaletta che pescava più o meno da tutta la discografia e con il merito di aver radunato parecchie persone, blackster incalliti e non. Il "Drappo" si conferma una solida e collaudata macchina da live, cattiva ed estrema al punto giusto per una manifestazione varia come questa.

SADIST
Sembra strano a dirsi, ma i Sadist erano circa dieci anni che non suonavano a Genova. Mancanza di location, di eventi o di occasioni ma è proprio il caso di dire Sometimes They Come Back. Proprio per questo e per l'affetto che lega il pubblico genovese al gruppo, i Sadist erano forse il gruppo più atteso della giornata assieme agli headliner.
Il cambio palco questa volta è più lungo, dato che oltre alla sostituzione del backdrop (che era effettivamente lì dall'inizio) anche la batteria viene completamente cambiata a favore di quella di Alessio Spallarossa, la quale reca il disegno di una iena sulla cassa, kit che già lo scorso anno fece il suo esordio durante le date del tour di supporto al nuovo disco Hyaena. L'intro registrato Nadir accompagna i musicisti nell'ingresso e, un po' a sorpresa, l'inizio della setlist vede la presenza di due brani di Crust, Perversion Lust Orgasm e The Path, album che, come spiegherà in seguito Trevor, compie venti anni e che era giusto omaggiare. Il gruppo è in evidente forma e si vede, Tommy come di consueto si destreggia sapientemente tra tastiere e chitarra, Alessio alla batteria è un misto di furia e tecnica, Andy riproduce fedelmente le complicate parti di basso esibendosi anche in pose plastiche. I dischi del gruppo vengono tutti passati in rassegna (tranne "l'errore" Lego) con sorprese come The Reign of Asmat, la mia preferita in assoluto dal capolavoro Tribe, con tanto di intro slappato. Trevor con la sua presenza riempie da solo il palco e, oltre a presentare i pezzi, fomenta il pubblico e più di una volta si è detto felice di essere finalmente di nuovo qui, augurando ironicamente Despacito a chi è rimasto a casa.
Tra i momenti migliori impossibile non citare One Thousand Memories, prima della quale Trevor ha ricordato la data con Iron Maiden e Motorhead a Roma e la chiusura con l'acclamato classico Sometimes They Come Back, che stavolta tutti ci auguriamo suoni come un arrivederci a presto e non con il bastone, come scherzando ha profetizzato lo stesso cantante.
Chiunque abbia già visto i Sadist dal vivo conosce la professionalità e la perizia tecnica con cui affrontano il palco e l'esperienza vale più di tante parole. Certo vederli "giocare in casa" con il loro pubblico (anzi famiglia, come ribadito più volte da Trevor) è qualcosa di più bello e soddisfacente, per chi sta sopra il palco e chi sta sotto.

SETLIST SADIST
1. Perversion Lust Orgasm
2. The Path
3. Den siste kamp
4. The Reign of Asmat
5. Season in Silence
6. The Lonely Mountain
7. One Thousand Memories
8. The Attic and the World of Emotions
9. Scavenger and Thief
10. Tearing Away
11. Tribe
12. Sometimes They Come Back


ARCTURUS
Il cambio palco per gli Arcturus è molto più lungo, dato che prevede una rivoluzione dello stage. Il fondale nero presente viene smontato e diviso il quattro parti posizionate ai lati, nascondendo gli amplificatori, mostrando anche uno schermo in fondo che durante il concerto proietterà immagini. L'enorme batteria di Hellhammer è già pronta, anche se manca ancora il soundcheck (che sarà molto più lungo del solito) e piano piano i membri del gruppo si palesano assieme agli addetti per sistemare la strumentazione e lo stesso Vortex intrattiene il pubblico cantando War Pigs per settare i suoni del microfono.
Quando mancano pochi minuti alle 22.40 (quindi in leggerissimo anticipo rispetto al programma) gli Arcturus salgono sul palco bardati con i loro costumi di scena, pronti a dare inizio al loro show. Purtroppo va segnalato il primo grosso inconveniente di giornata proprio durante la loro canzone di apertura, Evacuation Code Deciphered, con la chitarra di Knut inspiegabilmente muta e con le tastiere di Steinar a volume bassissimo, lasciando i soli Hugh ed Hellhammer a tenere su il pezzo all'inizio. Peccato perché un inconveniente del genere (seppure sistemato nel giro di poco) smorza un pochettino l'attesa del vedere il gruppo, anche se per lo meno abbiamo potuto sentire chiaramente il gran lavoro di Hugh al basso. Situazioni simili possono chiaramente accadere e per un paio di pezzi c'è stato comunque da intervenire per sistemare le cose, dato che in Painting My Horror la doppia cassa di Hellhammer era molto più alta del resto, ma col passare del tempo ci si riesce. Come immaginavo grande spazio viene dato ai lavori con Vortex alla voce ed in particolar modo all'ultimo Arcturian, disco che ha un po' diviso l'audience e che personalmente (tralasciando scomodi paragoni con il passato della band) ho trovato smorzato da una produzione un po' strana. Dal vivo, però, è tutt'altra cosa e devo dire che molti pezzi -come ad esempio Crashland- hanno una resa maggiore, grazie ad un Hellhammer più aggressivo ed a Knut più in evidenza, mentre Steinar da dietro crea le sue efficaci melodie. Vortex è sicuramente il personaggio più in vista del concerto, indubbiamente per via del suo ruolo di frontman ma anche perché il raffronto con chi l'ha preceduto al microfono degli Arcturus è sempre un po' il pomo della discordia tra i fans del gruppo. Come era prevedibile, il nostro se la cava meglio con i pezzi del suo repertorio e cerca di interpretare con le sue caratteristiche il resto, risultando meno teatrale ma più "gigionesco" su Painting My Horror e The Chaos Path. Tutto ciò è comunque in linea con il personaggio sorridente, che scherza con il pubblico tra una canzone e l'altra. La scaletta tocca parecchio anche Sideshow Symphonies, dedicando un intero blocco di canzoni al disco del 2005 e senza rendercene conto siamo quasi arrivati alla fine. A questo punto il gruppo riscopre le radici black con due estratti da Aspera Hiems Symfonia, inframezzati da Angst, per quanto mi riguarda il vero gioiello di Arcturian, che per potenza e follia riesce a non sfigurare lì in mezzo.
Quando mancano pochi minuti alla mezzanotte, gli Arcturus salutano il pubblicano ringraziando e regalando le scalette con un bel sorriso stampato in faccia, segno di inequivocabile soddisfazione e la cosa è reciproca anche per il pubblico. A livello personale, avrei forse gradito anche la presenza di Alone o Deamonpainter e la totale assenza di brani da The Sham Mirrors è una pecca non da poco, ma riuscire comunque a vedere musicisti di questo calibro è una bella esperienza ed è ciò che conta.

SETLIST ARCTURUS
1. Evacuation Code Deciphered
2. Painting My Horror
3. Crashland
4. Pale
5. Game Over
6. Archer
7. Nocturnal Vision Revisited
8. Hibernation Sickness Complete
9. Shipwrecked Frontier Pioneer
10. The Chaos Path
11. To Thou Who Dwellest in the Night
12. Angst
13. Raudt og svart


La mezzanotte è appena passata e dopo quasi otto ore la prima edizione del Porto Live Metal Fest si è conclusa: la gente piano piano defluisce e torna verso casa, con i genovesi magari contenti per una volta di non doversi mettere in autostrada e fare dei chilometri prima di mettersi a letto. Qualcuno resta in attesa del meet & great con gli Arcturus, che inizialmente doveva essere alle 20.15 ed è stato spostato a fine concerto, forse l'unica pecca che si può ascrivere agli organizzatori, dato che in tal senso non c'è stata una gran comunicazione, se non sulla pagina di facebook dell'evento.
A conti fatti il resto ha funzionato, in primis i cambi palco brevissimi che hanno permesso di far suonare in anticipo molti gruppi (sinceramente non ricordo una cosa del genere in altri festival) ed accumulare del margine in vista del gran lavoro previsto per gli Arcturus. Anche i suoni sono sempre stati su buoni livelli, escluso l'inconveniente iniziale degli headliner. Niente disordini, sicurezza impegnata solamente per i controlli all'ingresso e atmosfera di festa. L'aspettativa per un ottimo riscontro di pubblico c'era, ma non si può dire che sia stata rispettata completamente. C'è stata una partecipazione discreta che probabilmente per l'unica data in Italia degli Arcturus ci si aspettava fosse più alta. Qualcuno dirà che i numeri solitamente sono questi e chissà se questo dato sarà la discriminante maggiore per la realizzazione di una seconda edizione.

Foto Mortuary Drape, Sadist ed Arcturus a cura di Robert LCF.



Neilpower
Giovedì 3 Agosto 2017, 20.18.06
4
Bellissima situazione, io arrivavo dal Veneto e sono entrato quando hanno iniziato i Mortuary Drape. I Sadist non li vedevo dall'epoca di Lego e mi hanno ammazzato, veramente fantastici, anche con partiture decisamente complesse riescono ad avere un impatto degno dei Pantera a volte (per fortuna) sacrificando leggermente l'aspetto della pulizia. Dopo di loro gli Arcturus sono risultati simpatici, ma di vari gradini inferiori. Diciamo che fare un line check per un genere come quello dei norvegesi non è proprio il massimo, infatti nei primi 3 brani non si è capito un cazzo!!! Poi per fortuna è andata un po' meglio, ma il loro fonico non era proprio un genio. Patetica la scena di Blomberg con il servetto mascherato ad asciugargli il sudore e allontanare i ragazzi che facevano foto. Ma state bene in Norvegia, finte rockstar della minchia.
Federico S.
Giovedì 3 Agosto 2017, 16.14.53
3
Bel report! Sicuramente una serata da ricordare a cominciare dal fatto che, come è stato infatti sottolineato, un festival di tale caratura a Genova è purtroppo un avvenimento quasi unico, punto che nel bene e nel male ha contribuito a mio avviso a rendere il presente concerto un'occasione da non perdere (pienamente d'accordo con Trevor sull'uscita a proposito di "Despacito"). La musica per me ha ampiamente rispettato le attese: Sadist ma anche Mortuary Drape sugli scudi, davvero bravi e devastanti. Nonostante non sia il mio genere, devo dire che nel complesso mi sono piaciuti pure gli Arcturus. Per carità, ottimi musicisti che dal vivo rendono sicuramente di più, come ho appurato, ma dopo un po' mi stancano. Infine, non me la sento di lamentarmi troppo del pubblico: si poteva senz'altro fare meglio, certo, ma considerando che tutto sommato era anche una prima edizione nel complesso l'affluenza è stata secondo me sufficiente. Organizzazione di buon livello, complimenti. Aspetto trepidante un secondo atto, perchè è un festival che merita.
Doom
Giovedì 3 Agosto 2017, 15.49.01
2
Mi fa' piacere sia andato bene. Queste iniziative dovrebbero esser sempre supportate. Sono contento per Mortuary, Sadist e Northwinds.
Robi
Giovedì 3 Agosto 2017, 0.32.42
1
È stato un bel fest organizzato bene con grupppi estremamente validi...il problema degli arcturus è che il loro è un sottogenere piuttosto di nicchia e sinceramente in una città come genova sarebbe stato difficile aspettarsi di più...contando poi che lo stesso giorno a cornigliano c'era marky ramone e alcuni avran scelto anche di andare li
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