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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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MYRATH - Blazing metal
18/04/2020 (1869 letture)
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I Myrath sono sicuramente una delle band più particolari dell'ultimo decennio: emersi dalle sabbie della Tunisia con un intrigante stile prog metal mescolato ad influenze della loro terra natia, si sono recentemente addentrati in un sound sicuramente più easy listening, che però non ha perduto nulla del suo fascino. Abbiamo colto l'occasione della pubblicazione del primo live della carriera della band per scambiare due chiacchiere con il gentilissimo frontman, Zaher Zorgati. Buona lettura!
Barry: Ciao Zaher, benvenuto su Metallized! Come stai? Spero di aver pronunciato il tuo nome correttamente! Zaher: Ciao Andrea, grazie per l'interessamento! Tranquillo, lo hai pronunciato alla perfezione! Io e gli altri ragazzi del gruppo stiamo bene, ora siamo in Francia e cerchiamo di sopravvivere a questa crisi. Ma la domanda più importante è: come stai tu? In Italia siete in una situazione terribile!
Barry: Purtroppo sì. Io sono a Roma e, per ora, la situazione è relativamente tranquilla, ma il nord sta soffrendo molto, speriamo passi presto. Ma parliamo di altro, dai, che è meglio! Mi piacerebbe iniziare quest'intervista con qualche domanda su Shehili, prima di passare a Live in Carthage: possiamo dire che, se Legacy era un disco di transizione, con Shehili avete trovato la quadratura del cerchio? Zaher: Assolutamente sì! Penso che con Legacy stessimo ancora cercando di dare al nostro sound un'impronta più personale, di trovare il nostro stile: come hai detto tu, è stato un lavoro di transizione fra ciò che suonavamo prima e Shehili, il disco della nostra definitiva maturazione, che oltretutto credo testimoni anche la nascita di un nuovo sottogenere di heavy metal.
Barry: Un vero e proprio nuovo inizio per i Myrath, quindi! Zaher: Esatto!
Barry: E lo avete pianificato, oppure vi è venuto naturale componendo le canzoni? Zaher: Si è sicuramente trattato di un approccio naturale, ma abbiamo al tempo stesso operato una selezione: considera che abbiamo composto circa venti canzoni per Shehili, ma poi abbiamo scelto quelle undici che, a nostro parere, rappresentavano maggiormente la nostra nuova visione musicale e ciò che volevamo comunicare.
Barry: Ok, quindi un approccio a metà fra i due estremi, possiamo dire. Apprezzo molto il fatto che trattiate elementi della vostra cultura ed identità nelle vostre canzoni; devo dire che, pur essendo in certi casi musicisti straordinari, capisco poco quelle band, italiane ma non solo, che invece di attingere dal proprio background culturale, parlano di Thor o dei Vichinghi... Zaher: Ahahah! Beh, noi la riteniamo una parte essenziale della nostra musica: troviamo sia fondamentale portare qualcosa di nuovo, di fresco sia ai nostri fan, sia agli ascoltatori, sia alla scena metal in generale. Ci sono tante valide band del nord Europa che parlano giustamente di Vichinghi, di Valhalla, che suonano folk, pagan o viking metal, come qualcuno definisce il loro stile; ci sono anche tanti bravissimi gruppi che suonano symphonic metal, progressive metal o heavy classico, ma ci sono già loro a farlo, capisci? Non volevamo copiare il loro stile, ma provare a costruirci un nostro genere, una nostra identità; quel che vogliamo è che le persone, ascoltando un nostro album o anche un singolo, dicano: Questi sono i Myrath!
Barry: Volete essere unici, insomma! Zaher: E' quel che ci auguriamo!
Barry: Visto che abbiamo parlato di generi e definizioni, ne ho sentite molte riguardo la vostra musica, da “ethnic metal” ad “oriental metal”; tu come definiresti tu il vostro genere? Zaher: La nostra etichetta ha descritto il nostro nuovo stile come “blazing desert metal”, ma lo trovo un po' limitante; magari un giorno vorremo parlare di montagne, di neve, di foreste, quindi il deserto potrebbe starci stretto, ahah! Allo stesso modo, credo che una definizione come “oriental metal” si sposi maggiormente a band come gli Orphaned Land, amici e musicisti straordinari, ma diversi da noi, che abbiamo un background nordafricano e non mediorientale. Personalmente, trovo che “blazing metal” sia la definizione perfetta.
Barry: Ottimo, penso che la userò anche come titolo per l'intervista! Zaher: “Blazing metal”. Suona bene, mi piace!
Barry: Molto! Venendo ora al nuovo Live in Carthage, penso che suonare in un anfiteatro antico sia stata un'esperienza molto intensa sia per il pubblico, sia per voi. Zaher: Hai perfettamente ragione. Abbiamo suonato in tanti posti grandiosi, ma aver avuto il privilegio di esibirsi nell'antico anfiteatro di Cartagine è qualcosa di totalmente differente: quando ti trovi lì, sei in un posto incredibilmente carico di storia, ma anche ricco di una sua “anima”, se capisci cosa intendo; suonare là ti permette di trascendere il tuo corpo, il tuo spirito, per giungere ad una dimensione totalmente differente.
Barry: Quasi a stabilire un collegamento con i vostri antenati, in sostanza? Zaher: Proprio così!
Barry: A tal proposito, avendo avuto occasione di vedere i video del concerto, ho notato che avete costruito un legame molto intenso con i vostri fan, che ha reso il tutto più simile ad un rituale che ad uno show. Zaher: E' molto bello che tu lo dica, perché consideriamo la musica la nostra religione: crediamo fortemente in ciò che facciamo e nel messaggio che vogliamo trasmettere, quindi per noi è essenziale riuscire a trasmettere questo tipo di concezione ai nostri fan.
Barry: Direi che ci siete riusciti! Peraltro, tornando al discorso della celebrazione della vostra identità, non ho potuto fare a meno di notare che avete reclutato anche una danzatrice del ventre! Zaher: Certamente! Ma ti dirò di più, speriamo di poter introdurre via via nei nostri spettacoli sempre più elementi per rendere lo show più godibile: è come aggiungere ingredienti ad una ricetta, hai presente? Un po' come con la pizza! Prendi una margherita, ci metti un po' di basilico, del prosciutto, un po' di peperoncino o quel che vuoi! E' quello che proviamo a fare noi -che ovviamente non siamo pizze, ahah!- con i nostri concerti: inseriamo sempre più elementi che possano rendere lo spettacolo divertente e godibile per chi ci viene a vedere, che rendano tutto più “saporito”.
Barry: Mi piace questa metafora! Fra l'altro, sempre per insaporire il tutto, avete anche registrato una nuova versione del vostro noto pezzo, Believer, con Don Airey, tastierista dei Deep Purple. Ti va di raccontarci com'è nata questa collaborazione? Zaher: Il nostro secondo tastierista e produttore, Kevin Codfert, è un grandissimo fan di quel meraviglioso musicista che è Don Airey: per una fortunata coincidenza, abbiamo firmato con la stessa label dei Deep Purple e, un bel giorno, il boss della earMUSIC, mentre chattava con i ragazzi della band, ha trasmesso loro il nostro ultimo album in studio, Shehili; a quanto pare gli è piaciuto e Don Airey, che ha apprezzato in particolare Believer e Dance, si è poi messo in contatto con Kevin, per proporre una collaborazione con noi, che naturalmente siamo stati felici di accettare. Ci tengo peraltro a precisare che Don non ci ha chiesto un euro, lo ha fatto per puro divertimento ed amore per la musica.
Barry: Che è poi la cosa più bella. Come avete proceduto per la scelta delle canzoni da includere nel live? Immagino abbiate voluto offrire una visuale a 360° della vostra carriera. Zaher: Esattamente! Il live è stato registrato prima della pubblicazione di Shehili, quindi da quell'album abbiamo suonato relativamente pochi pezzi -Born to Survive, Dance, No Holding Back- per il resto abbiamo pescato in maniera più o meno uguale da Desert Call, Tales of the Sands e Legacy. Abbiamo cercato di fornire uno spaccato il più possibile completo e fedele della nostra evoluzione musicale negli ultimi dieci anni, oltre naturalmente a suonare i pezzi più amati dal pubblico.
Barry: Come era facile intuire; toglimi ora una curiosità: cosa rappresentano le copertine di Legacy e Shehili, che sono ricchi di simbolismi? Zaher: Allora, la copertina di Legacy raffigura un “hamsa”, un simbolo tradizionale delle antiche popolazioni berbere, poi riutilizzato dalle popolazioni ebraiche: due/tremila anni fa, era considerato un simbolo di prosperità, pace e, ancor più importante, di protezione contro il malocchio; è un po' l'equivalente nordafricano delle corna di Ronnie James Dio, hai presente? Si tratta di un gesto apotropaico. Quanto a Shehili, vi troviamo innanzitutto elementi architettonici tipici della Tunisia, poi un occhio che rappresenta a sua volta una protezione contro il male; vi è poi un ramo d'ulivo, simbolo universale di pace; un serpente, rappresentazione del dualismo fra bene e male; un loto, simbolo di rinascita e, infine, un “amazigh”, simbolo delle genti berbere. Ovviamente, poi, in mezzo a tutti questi simboli spicca anche il nostro come band.
Barry: Grazie per l'esaustiva risposta. Il tempo a nostra disposizione è terminato, ti ringrazio perché è sempre un piacere parlare con musicisti e, in particolare, con artisti di diverse culture! Zaher: Sono io che devo ringraziare te, perché con le tue domande ed il tuo interesse ti sei dimostrato uno di quei meravigliosi esseri umani che realmente vogliono arricchire l'industria della musica; ci sono troppe persone che si concentrano solo sul business e questo uccide l'arte! Un saluto ai nostri fan italiani, tenete duro!
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...lo stesso stanno facendo i mayhem....che hanno 75000 dollari di debiti per il tour interrotto causa covid19...e puntano sulla vendita di magliette e gadgets on line per recuperare i soldi...forse pubblicheranno un album di covers....tanto secondo i recenti studi degli esperti ....i concerti si potranno fare con tranquillita' a partire dell'autunno 2021....purtroppo.... |
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@Tino: infatti stanno vendendo sul web le t-shirts e altro materiale che era destinato esclusivamente al tour, per racimolare qualcosa. Chi è iscritto al loro sito ha ricevuto una mail a riguardo. Specificano anche, in maniera asettica, che lo fanno per non dover ricorrere al crowfunding come invece stanno facendo altre band per sopravvivere. |
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Purtroppo questi giovani gruppi che hanno un potenziale enorme e costantemente in crescita di popolarità sono quelli che più soffriranno per la mazzata covid che ha azzerato le possibilità presenti e del prossimo futuro di esibirsi live e quindi di fare qualche utile. Questi ragazzi sono formidabili e meritano veramente il successo che stanno avendo. |
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Ringrazio @Analizzatore col suo commento per avermi fatto conoscere Bombino. I tuareg, l'haggar... figata |
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@SkullBeneathTheSkin: Guarda, credo sia indubbia l'omologazione a modelli culturali americani. Generalizzando si può dire che loro sono la nazione più potente e quindi è anche logico aspettarsi che dettino la linea su politica, economia, costume, arte, con le dovute eccezioni (meno logico subirla supinamente). Però non mi pare che in ambito metal italiano ci sia mai stata una connessione con il proprio background culturale. Sarò forse troppo radicale, ma per me i modelli li abbiamo quasi sempre subiti e basta. È una forma mentis che ritrovo nella musica come nei commenti del sito: il thrash? si fa così... il death metal? in quest'altra maniera... ennesima band americana clone? geni, capolavoro, ecc... Non credo che il nostro background culturale sia stato ancora azzerato. Ci sono ancora i conservatori, le associazioni ecc... So che esistono piccole realtà locali meritorie che provano ad attingere alle proprie tradizioni (che poi è solo uno dei tanti modi di personalizzare la propria proposta). Noto però che alla fine chi ha avuto riscontri oltre i confini nazionali (e quindi ha un peso) è chi ha trovato una strada più o meno personale investendoci molto sopra, non certo chi ha passione e impegno ma non ha i mezzi né tantomeno l'ennesima band clone di dopolavoristi. |
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Mi associo ai complimenti al gruppo, veramente fenomenale.
Tra l'altro oggi ho ascoltato per intero il loro nuovo disco dal vivo, ed anche in sede live si dimostrano eccezionali!! |
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...bella intervista...sono una band davvero interessante....che con gran intelligenza ha personalizzato e arricchito il genere heavy metal....cosa non da tutti....li seguo da un po'...e i loro dischi non mi hanno mai deluso....come gli orphaned land che seguo dal demotape.....gran band pure quella..... |
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...bella intervista...sono una band davvero interessante....che con gran intelligenza ha personalizzato e arricchito il genere heavy metal....cosa non da tutti....li seguo da un po'...e i loro dischi non mi hanno mai deluso....come gli orphaned land che seguo dal demotape.....gran band pure quella..... |
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Che li adori ormai lo sanno anche i sassi... @analizzatore: non credi invece che molte band, molte anche italiane, non abbiano invece perso del tutto la connessione con il proprio background culturale, sterilizzato da 50 anni di (pseudo) cultura americana? |
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Non conosco la loro produzione recente. Della loro discografia ho ascoltato Desert Call e Tales of the Sand, che considero entrambi album apprezzabili: per quanto possano sembrare "versioni orientalizzate" (ma loro sono africani) rispettivamente dei Symphony X e dei Camelot, non si può negare che ne siano delle riletture, se non proprio originali, almeno personali. Penso che l'utilizzo esclusivo e non episodico della lingua madre darebbe maggiore intensità alla loro proposta, un po' sulla scia di altri artisti africani come Bombino o di alcune band nordiche. Stesso discorso per gli Orphaned Land. Sulle band italiane che si occupano di Thor e vichinghi, mi pare che il problema non sia affatto la tematica trattata (ci mancherebbe), ma appunto la mancanza di personalità. A che servono delle sbiadite fotocopie di Amon Amarth e Finntroll? L'intelligenza dei Myrath sta proprio in questo. |
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Ambiziosi, competenti, che credono in ciò che fanno e, soprattutto, band fantastica: li adoro sempre di più |
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