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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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( 8512 letture )
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Vi sarà certamente capitato qualche volta di ascoltare musica araba: possibilità che ormai è resa ancora più facile anche facendo zapping tra i numerosi canali satellitari che trasmettono da paesi arabi. Le sonorità sono facilmente distinguibili, sia per l'utilizzo di strumenti tipici, sia per una musicalità che è caratterizzata dall'utilizzo di scale modali, nonché dalla forte presenza di fioriture, che si presentano nella forma di appoggiature, trilli, tremoli, ecc. Probabilmente vi sarà capitato qualche volta anche di ascoltare qualcosa di più tipicamente nordafricano, che oltre a recepire la musicalità arabica, si confronta con sonorità di derivazione berbera e con la musica tribale del deserto, dove hanno un ruolo importantissimo i ritmi, intensi, ripetuti, quasi ossessivi (mutuate dalla cosiddetta scuola magrebina). Sonorità queste ultime che, d'altronde, sono diventate più familiari anche all'orecchio europeo, grazie all'interessamento di personaggi come Robert Plant e soprattutto Peter Gabriel, che con il suo WOMAD ha lanciato l'idea della World Music.
Non è un caso se abbiamo fatto questa premessa. Nel Marzo del 2006, infatti, i tunisini Myrath furono invitati a suonare a Cartagine (appunto nell'odierna Tunisia), in apertura per gli Adagio e per Robert Plant. Due acts completamente diversi, rispetto ai quali, sorprendentemente, i Myrath si posero come un ideale trait-union. Perché è proprio questa la caratteristica eccezionale (e direi anche fortemente innovativa) del sound dei Myrath: trasformare musica etnica in musica metal, fondere la world music con il power/prog metal. Non si tratta di semplici contaminazioni, perché i Myrath si basano realmente su sonorità arabe (imitando con le tastiere persino i timbri di strumenti tipici della tradizione araba), alle quali aggiungono una solida base ritmica di derivazione etnica (con risultati a dir poco esaltanti) che riescono però a coniugare alla perfezione con un drumming possente tipicamente metal. Allo stesso tempo, infatti, la band suona indiscutibilmente metal, peraltro con una tecnica sopraffina, che si lascia andare talvolta anche in qualche virtuosismo: basti ascoltare, ad esempio, il basso iniziale nella title-track o il preziosissimo lavoro alle tastiere, per non parlare dello straordinario Malek Ben Arbia alle sei corde, un chitarrista d'impostazione neoclassica (diplomatosi presso una prestigiosa Accademia francese) che davvero incanta per il suo tocco raffinato e la purezza dei suoi travolgenti assoli, carichi di feeling e mai con una nota superflua. Se dunque il debutto dei Myrath con l'album Hope del 2007 poteva essere una sorpresa, adesso la band conferma appieno tutte le sue qualità dimostrando di possedere classe e di saper innovare, facendo coesistere sonorità tradizionali con un gusto attuale. Ora, non vogliamo arrivare a dire che questo Desert Call sia il capolavoro del secolo e nemmeno il disco dell'anno (se non altro, è ancora presto per dirlo) però di certo è un lavoro di grande interesse, perché pur accogliendo forti influenze di band metal prog (Dream Theater, Adagio, Symphony X, Shadow Gallery), presenta quegli elementi etnici di cui abbiamo fatto menzione che, uniti ad uno spiccato gusto per la melodia, rendono il loro sound unico ed affascinante. Se poi aggiungiamo che l'album ha una durata di quasi 73 minuti, con undici brani dalle fitte trame progressive, ma nello stesso tempo di facile ascolto (tra questi, per la verità, uno decisamente più melodico come Memories), possiamo giungere alla conclusione che Desert Call è veramente un disco che merita attenzione.
Riteniamo che non sia un caso che i Myrath siano stati la prima band tunisina a firmare un contratto con un'etichetta. E, probabilmente, per le peculiarità del loro sound di cui abbiamo parlato, potremmo considerarli anche tra i fautori di un nuovo genere, che potremmo definire ethno-metal. Forse è vero che al giorno d'oggi non s'inventa nulla, ma quanto meno i Myrath dimostrano che c'è ancora qualcuno che ci prova…
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20
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...li ho scoperti con questo album, dopo che un amico mi ha detto di avere una cosa che "dovevo assolutamente sentire". Come non ringraziarlo? Qui c'è tanto "metal", niente di innovativo per carità, ma c'è tecnica, c'è potenza, c'è velocità e... un qualcosa in più. Se quel "quid" aggiuntivo vi intriga, non esitate ad ascoltare tutto di questa band, buttatevi fra le dune e lasciatevi scottare... delusi sicuramente non rimarrete.
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19
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Siccome m'è preso un colpo che nella mia edizione del disco mancasse la traccia numero undici, Hard Times, ho verificato che si tratta di una bonus track per le edizioni per il mercato nordamericano...  |
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Non è male in effetti, un po' derivativo per certi versi (Symphony X) ma sicuramente originale per altri (parti in arabo e sonorità medioorientali). Credo il precedenti gli sia superiore obbiettivamente. Invece rimango un po' deluso dalla svolta in senso più marcatamente power-prog, e quindi meno prog, del successivo tales of the sand, canzoni più snelle, strutture più semplici, strofa-ritonernello-assolo (tipo DGM per intenderci). Non male ma non rimane troppo... Evviva! |
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17
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Appena finito di ascoltare...ancora devo capirlo bene, ma non posso che ammettere che è a tutti gli effetti un grandissimo disco! Ad un primo ascolto gli ho preferito il precedente Hope, ma sono sicuro che per poter dare un giudizio definitivo ci sarebbe bisogno di molti più ascolti accurati... Grandi Myrath comunque!!!  |
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16
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La componente arabeggiante è il punto di forza che li fa distinguere dalle altre decine di band similari, se non piace basta ascoltarsi quelle. In questo disco i Myrath migliorano proprio in personalità (Hope sarà anche bello, pieno di bei riff e assoli, ma è un album-clone dei Symphony X...quasi impossibile distinguerli a tratti!). E anche il nuvo cantante si segnala in questo senso (eccezionale nei tipici vocalizzi d'impostazione araba), rispetto al clone di Allen che cantava prima (meglio che suoni e basta). Si può migliorare ancora, personalizzando ulteriormente e senza cedere alle "sirene" commerciali. p.s. Segnalo oggi l'uscita del nuovo "Tales from the sand", in cui forse hanno trovato la quadratura del cerchio! |
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15
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Desert Call è un disco suonato maestosamente ed è ben curato. Ci sono canzoni molto belle come Silent Cries, Tempests of Sorrows e Desert Call. Anche le altre sono belle ma non si possono paragonare alle 8 opere d'arte di Hope! Poi non voglio togiere nulla a Zaher Zorgati, perchè è un cantante eccezionale, ma in Desert Call non mi sarebbe dispiaciuto sentire di più la voce di Elyes Bouchoucha. Confermo il voto di Holydiver! |
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14
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Allora Khaine, l'hai ascoltato Hope? Cosa ne dici mettendoli a confronto? |
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13
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Addirittura? Allora il primo album dev'essere un mezzo capolavoro... questo è VERAMENTE tanto bello! |
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12
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... e comunque dimenticavo, per quanto bello è decisamente inferiore al primo album... |
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11
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Un album notevole. Ho saputo che nell'edizione francese il primo pezzo è cantato in arabo, ora tento di procurarmelo... |
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10
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Immenso album. Uno dei 4-5 gruppi prog-metal che oggi hanno senso di esistere, altro che scopiazzature varie... |
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9
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Lo sto ascoltando or ora. E' semplicemente bellissimo. |
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8
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Ciao Holydiver in effetti io non ho detto che blackmore fosse il precursore ,ma semplicemnte che in un LP dei Raimbow dal titolo RISING - canzone stargazer c'e' un suo assolo ,che a mio avviso è uno ,forse il migliore ,assolo con scale orientale che abbia mai sentito (consiglio a tutti di comprare questo album) a completare l'opera ci si mette anche la bellissima voce di Dio che in quel pezzo è una voce lirico-orientale che da un tocco divino alla canzone. Per certi tratti i Mytath ribadisco ricordarmi molto alcuni duetti tra tastiere e chitarra che si trovano nel LP primo album di Malmsteen,per quanto riguarda l'album in questione dei Myrath ,trovo bella la track 1,2,5,6 le altre non mi piacciono,e riascoltando meglio il loro primo album HOPE ,lo trovo migliore ,con una bellissima partenza,l'unico difetto è che la canzoni a volte sono troopo lumghe e dispersive |
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7
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Sinceramente non trovo molto calzante l'accostamento con Blackmore....Di assoli più o meno arabeggianti se ne possono ascoltare a dozzine sia prima che dopo di lui e magari il grande Ritchie va riconosciuto come precursore per molte cose, ma da qui a dire che suonasse musica etnica ce ne corre.... |
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6
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Preferisco il primo album ,direi che con questo secondo album si è abbassato il livello della band ,il sound arabo orientale che è caratteristico delle band nord africane in realtà era già stato ricercato da blackmoore nei Raimbow nella canzone stargazer di Rising un assolo (il piu' bello mai fatto da blackmore neanche nei deep purple) in cu i vengono usate le scale orientali ,il primo album mi riconduceva (hope) al primo album di malmsteen vedi duetti tra chitarra e tastiere ,cambiamrnti di tempo improvvisi e ripartenze ma in questo secondo album non noto questo. |
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4
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Non male, ma alle volte rasenta il soporifero...85 è davvero tanto... |
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3
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Io lo trovo un gran bel disco, ci sono pezzi come 'silent cries' o 'no turning back' che denotano gran classe, secondo me il voto è ottimo, più lo si ascolta e più cresce il piacere di ascoltarlo. gli inserti etnic, non sono ridondanti, anzi impreziosiscono l'insieme. secondo me da ascoltare con uno stereo hi-fi come si deve, capace di esaltare tutti gli strumenti ed i suoni riprodotti in questo lavoro. grandi Myrath. |
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2
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Ehm, mi è apparsa la finestra e ho aggiunto il voto... |
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1
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Delusione assoluta, per prima cosa le parti etniche sono TROPPE e troppo lunghe, ma soprattutto non c'è nessuna canzone che si elevi sulle altre; il disco è suonato bene, ma lo trovo di una piattezza e scontatezza imbarazzante. E poi il nuovo cantante: si diceva che doveva fare salire il valore della band, ma la sua prova a parer mio non va oltre la sufficienza. A questo punto meglio Elyes Bouchoucha che ha deciso di dedicarsi completamente alle tastiere.. Imho un passo falso per i tunisini che mi avevano stupito e entusiasmato con il loro debutto. Il mio umile giudizio: 65 P.S.: non dò un voto nella sezione dedicata perchè a causa di problemi con il browser (IE8) non mi apre la finestra per inserire il voto. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Forever and a Day 2. Tempests of Sorrows 3. Desert Call 4. Madness 5. Silent Cries 6. Memories 7. Ironic Destiny 8. No Turning back 9. Empty Word 10. Shockwave 11. Hard Times
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Line Up
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Malek Ben Arbia – guitar Zaher Zorgatti - vocals Elyes Bouchoucha - keyboards, vocals Anis Jouini - bass Saif Ouhibi - drums
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