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Myrath - Live In Carthage
09/05/2020
( 2030 letture )
Vorrei iniziare questa recensione con una piccola premessa.
Nella mia esperienza di assiduo fruitore di musica non ho mai amato i dischi registrati dal vivo. La ragione è semplice: il raffronto tra l’esperienza live fisica e quella su disco non è comparabile. Viene a mancare tutta la componente emozionale, il coinvolgimento mentale e l’intesa con l’artista, la fatica e il sudore del pogo o dello stare in piedi per ore, l’adrenalina che una vecchia canzone può suscitare, l’impatto visivo della scenografia sul palco e via dicendo. Insomma, ho sempre pensato che un live sia un’esperienza sensoriale a tutto tondo che va assolutamente vissuta e che giocoforza su disco viene smorzata, restituendo più o meno fedelmente la sola componente uditiva. In altre parole mi azzarderei nell’affermare che il disco registrato dal vivo è inquadrabile in certi casi come un palliativo utile a farsi un’idea di cosa effettivamente accade durante un concerto, soprattutto per coloro che non hanno ancora avuto modo di vedere in azione una determinata band per i più svariati motivi. Dal punto di vista artistico ritengo comunque che sia lecito e sacrosanto per un artista o una band poter pubblicare dei live per celebrare un’occasione o un traguardo importante raggiunto in lunghi anni di instancabile lavoro, così come fornire lo stato dell’arte della propria musica e di rendimento dal vivo durante una certa fase della propria carriera. Questo è infatti il caso dei Myrath, band tunisina che, come potete leggere e approfondire qui in questa intervista, ha voluto festeggiare e immortalare, su supporto audio e video, il concerto tenutosi presso l’antico anfiteatro di Cartagine, giocando in casa proprio dove la band ha ottenuto inaspettatamente negli anni il maggiore successo e una grande popolarità. Prima di analizzare il disco nel suo complesso, va però premesso e chiarito che ai termini della valutazione finale si farà fede soltanto alla componente audio, poiché sprovvisti della controparte video.

Live in Carthage ha un sapore celebrativo sin dalle note iniziali. Prima del concerto vero e proprio, la band ha però scelto di porre a inizio disco una nuova versione in studio di Believer, brano tratto dall’acclamato Legacy del 2016, che qui vede la partecipazione alle tastiere di Don Airey, musicista da sempre ammirato dalla band. Il resto dell’album contiene circa un’ora e trenta di musica spalmata in diciassette brani pescati dai cinque album all’attivo della band. L’impatto dei pezzi è notevole e i suoni più ruvidi e meno ritoccati tipici di un disco dal vivo danno notevole spinta su quanto ascoltato in studio. La dimensione live rende pertanto più trascinante la musica sempre a metà strada tra il tecnicismo e l’esotismo derivato dalle melodie orientaleggianti. Forse c’è una vaga tendenza da parte dei nostri nel ripetere le strutture delle canzoni e pertanto alla lunga i Myrath potrebbero peccare di una certa prevedibilità, ma comunque l’energico distillato qui presente consente di tenere botta più che egregiamente fino alla fine del disco. Per il resto è innegabile la grande perizia tecnica della band: è esaltante sentire come le canzoni vengano eseguite con una precisione e una compattezza disarmante, con un bel tiro che dal vivo diviene componente essenziale e predominante. Buona anche la performance di Zaher Zorgati, qui in stato di grazia sia mentre canta che nel coinvolgere il pubblico nei trascinanti ritornelli, facendo da mattatore e cercando d’intrattenere e creare la giusta alchimia tra il pubblico -il più delle volte udibile solo tra un pezzo e l’altro- e i musicisti.

Live in Carthage viene rilasciato proprio nel momento giusto. I Myrath sono ancora una band relativamente giovane, competente e appassionata, che può già vantare una buona esperienza sulle spalle e con ancora molto da dire sotto il profilo artistico. Questo live immortala la band ed è la summa della prima parte della loro carriera, mostra un gruppo in perfetta forma che può benissimo ambire a diventare un nome di punta della scena attuale. Per il momento dunque non rimane che goderci questa nuova uscita dei Myrath per ingannare il tempo in attesa del sesto disco, sperando che il prossimo lavoro permetta ai tunisini di compiere il passo successivo verso la consacrazione definitiva permettendo loro di ottenere la giusta attenzione.



VOTO RECENSORE
80
VOTO LETTORI
74 su 5 voti [ VOTA]
DEEP BLUE
Lunedì 9 Novembre 2020, 13.44.41
18
leggendo i commenti sotto non posso che confermare questo...se nei live non improvvisi, non crei altro, non esci dalla forma canzone, rimani a fare il copia e incolla, che senso ha? Basterebbe pure suonare lo stesso pezzo con un aproccio diverso. I Pink Floyd del immaginifico live di UMMAGUMMA vi attendono. Per quanto riguarda il disco in questione no comment al momento
SkullBeneathTheSkin
Venerdì 9 Ottobre 2020, 19.47.40
17
Avete presente quel barbone pazzo che da giorni parla da solo in TV? Se non potete vederlo (anche ho solo ascoltato) assicuratevi che sia potente e spettacolare... E lo è, molto potenti, qualche arrangiamento lievemente diverso, grande energia anche il pubblico. Bello, 80 anche per me!!!
Shock
Lunedì 8 Giugno 2020, 19.20.32
16
Bellissimo live, probabilmente il Dvd è pure meglio ma mi accontento della parte sonora. Suonando per lo più pezzi dagli ultimi due dischi si vede dove il gruppo vuole andare a parare e a me va benissimo così. Tra i migliori gruppi oggi in circolazione.
SkullBeneathTheSkin
Martedì 12 Maggio 2020, 22.08.02
15
Per me i DVD live o anche i semplici album live sono ad appannaggio quasi esclusivo dei collezionisti che comprerebbero tutto di una stessa band... la storia del rock ne ricorda pochi di davvero memorabili... il concerto dal vivo è un'altra cosa perché il muro di Marshall che mi frantumava le budella nel 94 con i Pantera on stage è una cosa che non dimenticherò mai. Su dvd o in cast non si prova... ho visto qualcosa in streaming e non mi è piaciuto molto, più simile ad una clip che ad un concerto. Tornando ai Myrath però dico che uno show in una cornice così hanno fatto bene a riprenderlo e distribuirlo... Marquis, con il suo palato non manchi di approfondire questa band, sarebbe delittuoso
Papi
Lunedì 11 Maggio 2020, 18.21.50
14
Sì prega a chi non riesce a dare un contributo al discorso, fino ad ora pacato, di girare a largo, PUNTO.
ConcentratoPuro
Lunedì 11 Maggio 2020, 18.11.36
13
Si pregano i signori professori di andare a fare le riunioni di condominio da' un' altra parte. Qui' si parla solo del disco, PUNTO.
Underground
Lunedì 11 Maggio 2020, 16.49.19
12
Non so' se avete visto qualche concerto in streaming ultimamente, ma la componente del pubblico è essenziale. Un po' come negli sport il pubblico è parte integrante dello spettacolo ed aggiunge quel qualcosa in più che rende un concerto un momento speciale, altrimenti risulta tutto molto asettico. Hanno senso i DVD? Io sono sempre dell'idea che meno se ne fanno meglio è: meglio un Dvd fatto una volta dopo dieci o più anni che racchiude anni di composizioni che quei gruppi che sfornano a getto continuo Dvd quasi ogni anno.
Transcendence
Lunedì 11 Maggio 2020, 16.02.47
11
"Ha senso pubblicare comunque DVD quando con internet si potrebbero pubblicare potenzialmente infiniti concerti?" Questa domanda si potrebbe fare pure con gli album in studio convenzionali, che possono venire pubblicati in formato fisico nonostante vengano continuamente messi in streaming nelle varie piattaforme, a pagamento o meno. Sicuramente c’è una fetta di persone che compra i live in formato fisico, ma se vuoi la mia opinione sono molti meno di coloro che comprano materiale inedito in formato fisico: non è un caso che gruppi e label, avendo visto l’andazzo col coronavirus, abbiano deciso di mettere in streaming pure i concerti. La domanda vera a questo punto sarebbe: “Ma se i concerti streaming raggiungessero un livello sonoro di qualità quasi indistinguibile dai concerti che si tenevano fino a marzo, che ne sarà di tutti i locali che ospitano musica dal vivo, e dei festival in giro per l’Europa?” Mi chiedo inoltre se anche le tribute/cover band e le orchestre di musica sinfonica seguiranno lo stesso esempio.
Papi
Lunedì 11 Maggio 2020, 15.39.40
10
Maquis, Trascendence e Undergound i vostri sono spunti che hanno un fondo di verità, e nessuno di essi esclude l'altro. Tendenzialmente concordo quasi tutto Direi riassumendo che l'improvvisazione o meno probabilmente dipende molto dal genere proposto e dal bagaglio tecnico che una band ha. Non scordiamoci che al di fuori del metal e del rock ci sono musiche che vivono esclusivamente sull'improvvisazione o quasi ( pensiamo anche solo a buona parte del jazz) e che quindi trovano nella dimensione live la propria dimensione ottimale. La domanda a questo punto, e qui mi rivolgo a Trascendence, ha senso pubblicare comunque DVD quando con internet si potrebbero pubblicare potenzialmente infiniti concerti?
Le Marquis de Fremont
Lunedì 11 Maggio 2020, 15.18.20
9
La ringrazio, Monsieur Papi per il suo post. Nel mio caso, non si tratta di essere più o meno navigato ma di un modello comportamentale al quale sono stato educato. Quindi non mi agito mai, fisicamente. Al contrario le parte celebrale ed emozionale è stata coinvolta spesso in molti concerti a cui ho assistito. E spesso trovo le stesse sensazioni ascoltando i dischi live. Non conosco molto bene i Myrath, anche se sono stato spesso in Tunisia, dove producono ottimi vini, ma non possono bere alcol per motivi religiosi. Vedrò di ascoltarli. Au revoir.
Transcendence
Lunedì 11 Maggio 2020, 15.03.28
8
@ Papi Ma il problema non è tanto la mancanza della “creatività”: negli anni ho letto tantissime volte che “se una band metal non riesce a replicare dal vivo quello che fa su disco, è una band a metà”, quindi mi sembra naturale che non ci sia interesse né dai musicisti, né dai fan, a tollerare le jam del rock anni 70 citate sotto. Se ci aggiungete che la maggior parte di questi musicisti non sono mostri di tecnica (si impegnano con gli strumenti ma non fino a quel punto), non hanno tantissimi soldi da spendere in provare setlist per vari mesi o che cambiano da data a data, non conoscono il lessico gestuale da usare dal vivo (cioè indicare con gli arti quello che bisogna fare o a che canzone successiva passare), non hanno a disposizione uno spartito/real book che fornisca indicazioni su come suonare una canzone, hanno poco tempo a disposizione per studiare improvvisazione, preferiscono fare cover piuttosto che improvvisare, ecc., ne consegue che i live ormai risultano sempre meno necessari, se non accompagnati da un DVD: penso che l’esempio dei recenti Helloween spieghi alla perfezione questo, con tante scuse ai Myrath. Per farla breve, quoto l’intervento di Underground.
Underground
Lunedì 11 Maggio 2020, 14.55.28
7
Bonjourn Marquis, ottimo spunto il tuo (mi permetto di darti del tu). Penso che il tuo commento racchiuda già la risposta alla questione live. Infatti i gruppi da te citati sono tutti gruppi degli anni settanta o giù di lì, dove ancora i concerti avevano un retaggio derivante dalla fine anni sessanta dove l'esperienza live dava sfogo alla improvvisazione dei vari musicisti che allungavano le canzoni rendendole uniche spesso da concerto a concerto. Dagli anni ottanta, ma alcuni gruppi anche prima, la forma canzone rimaneva inalterata in concerto, togliendo l'improvvisazione probabilmente per rendere più fluida e fruibile l'esperienza live, e solamente alcuni gruppi hanno continuato ad usare un "metodo d'improvvisazione" tipico della decade precedente. Inoltre per il metal l'improvvisazione è ben più ostica da affrontare: penso a tutti i gruppi estremi; come fai ad improvvisare per esempio su Angel of death o su Slowly we rot? Molto difficile se non impossibile. Inoltre proprio l'impatto musicale del metal stesso rende difficile l'improvvisazione che troncherebbe la tensione creata in ogni canzone del genere. Certo, un gruppo come i Myrath potrebbero usare un po' di improvvisazione, ma solo su certi pezzi, su un Dance non avrebbero un granché di senso. Probabilmente nell'hard rock si potrebbe osare un po' di più ma anche li lì spesso le singole canzoni "funzionano" meglio, o sono più recepite dal pubblico nella loro forma originale. È anche cambiato proprio il pubblico, probabilmente meno preso dalla pura e semplice improvvisazione ma più dalla tipica caratteristica del "singolo", infatti spesso ci sono canzoni editate per essere più fruibili al vasto pubblico. Anch'io preferisco un certo tipo di approccio al concerto tipico degli anni settanta ma so che oggi è ben difficile da sentire. Au revoir.
Papi
Lunedì 11 Maggio 2020, 14.25.48
6
Ecco Marchese hai centrato il punto. La mia introduzione era voluta proprio per avere un confronto di questo tipo. Comunque, riflettendoci, credo che il mio parziale rifiuto verso il disco dal vivo sia in generale dovuto proprio a questa mancanza di creatività nel cercare talvolta di osare e stravolgere un brano allungandolo con una jam o proprio rivisitandolo del tutto. E infatti, tanto per dire, alcuni dei pezzi da te citati li apprezzo molto anche nelle loro versioni dal vivo. Effettivamente è interessante questo tuo punto di vista sulla poca "creatività" in sede live per quanto riguarda l'ambiente metal. Sul lato fisico, chiedo venia, ma di mio tendo a vivere un concerto in maniera molto viscerale. Sarà che sono ancora e giovane e quindi sento tutto con più impatto emotivo ed enfasi, rispetto a qualcuno di più navigato?
Le Marquis de Fremont
Lunedì 11 Maggio 2020, 13.42.48
5
Devo ascoltarlo e probabilmente ritornerò con un commento. Volevo solo essere un po' OT (pardon, Monsieur Raven...) relativamente ai dischi live. Personalmente ritengo che i gruppi metal siano, non so perché, troppo poco creativi in sede live. Le gloriose band del periodo hard rock e poi i gruppi progressive, ma anche Bruce Springsteen, ne approfittavano invece, dal vivo, per "trasformare" i pezzi e spesso in molto meglio. Canzoni di 4/5 minuti, diventavano di 15, 17 minuti. Faccio qualche esempio: Nantucket Sleighride dei Mountain su The Road Goes Ever On, i Led Zeppelin con l'accoppiata Stairway to Heaven/No Quarter su The Song Remains the Same, i Roxy Music con If There is Something su Viva! ma anche Bruce Springsteen con The Ghost of Tom Joad, non su disco ma su YouTube, con gli splendidi assoli di Tom Morello. Ma potrei mettere anche i Wishbone Ash e i Pink Floyd o i Dire Straits di Sultans of Swing su Alchemy. Provate a confrontarli con gli stessi pezzi in studio. E' come se "lievitassero". Quindi il cappello iniziale della recensione non mi trova d'accordo. Certo l'aspetto "fisico" del concerto non c'è ma ho visto vari concerti metal dove i brani erano più o meno uguali ai pezzi in studio e forse era l'agitarsi il senso dell'evento? Mah... Au revoir.
Maurizio
Sabato 9 Maggio 2020, 16.22.37
4
Peccato solo per la scaletta, nulla dai primi 3, peccato. Voto 75
duke
Sabato 9 Maggio 2020, 14.37.57
3
....gran bel disco.....con il cd c'e' anche il dvd.....non vedo l'ora di vederlo.......un ottimo spettacolo visivo.....oltre la musica di qualita' elevata .....
Tino
Sabato 9 Maggio 2020, 14.05.16
2
Non amo molto i dischi dal vivo ma questi ragazzi sono straordinari i loro dischi sono uno più bello dell'altro
Underground
Sabato 9 Maggio 2020, 13.29.23
1
Disco meraviglioso per un grandissimo gruppo.
INFORMAZIONI
2020
earMusic
Prog Metal
Tracklist
1. Believer (Studio Version)
2. Asl
3. Born to Survive
4. Storm Of Lies
5. Dance
6. Wide Shut
7. Merciless Times
8. Get Your Freedom Back
9. Endure the Silence
10. Nobody’s Lives
11. Duat
12. The Unburnt
13. Sour Sigh
14. Tales of the Sands
15. Madness
16. Believer
17. No Holding Back
18. Beyond the Stars
Line Up
Zaher Zorgati (Voce)
Malek Ben Arbia (Chitarra)
Elyes Bouchoucha (Tastiere, Cori)
Anis Jouini (Basso)
Morgan Berthet (Batteria)
 
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