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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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IT`S TIMELESS, NOT RETRO! - La straordinaria annata dell'hard rock svedese
28/12/2020 (1314 letture)
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Quale migliore occasione se non quella delle festività natalizie per temprare gli spiriti fra una portata e l’altra al suono dell’inossidabile caro e vecchio rock ‘n’ roll? Per l’occasione abbiamo deciso di focalizzarci, col chiaro scopo di allietarvi le feste, su alcuni fra i migliori dischi dell’intera e vivida scena hard rock contemporanea accomunati tutti dalla nazionalità di appartenenza dei protagonisti, ossia la Svezia, terra che si è dimostrata prolifica in termini di produzione di album dalle tinte hard rock anche quest’anno. Parlare di scuola svedese non sembrerebbe azzardato visto che il paese scandinavo si sta imponendo come punto di riferimento per tutti gli appassionati delle sonorità del genere convincendo anche i più scettici dinanzi a quello che spesso viene considerato, troppo semplicisticamente, come una sorta di revival dei fasti del passato e quindi meritevole di scarsa attenzione o peggio tacciato di poca credibilità. Il leader dei Dead Lord Hakim Krim, a tal proposito, si è fatto portavoce della questione ed in un’intervista a colleghi del settore ha dichiarato che la musica proposta dalla sua e dalle altre band non può definirsi nostalgica del passato, sebbene debitrice, poiché disconosce l’appartenenza esclusiva e circoscritta a determinate epoche essendo libera da schemi prestabiliti, immortale, infinita. Da qui la scelta di titolare l’articolo con l’espressione, quantomai azzeccatissima, ‘’It’s timeless, not retro’’ utilizzata proprio da Krim e che sposiamo appieno.
Prima di immergerci nel racconto di alcuni fra i più bei dischi pubblicati quest’anno dagli svedesi e trattati su Metallized (abbiamo preferito restare sulle nostre pagine per agevolare la ricerca di chi volesse ascoltare questi lavori per la prima volta o gustarseli di nuovo senza lasciare il sito: la lista stilata non è dunque e volutamente comprensiva di altre uscite discografiche di altre band svedesi del filone non recensite), vi lasciamo con due dati, uno relativo alla media voto calcolata sui punteggi assegnati ai dischi dai redattori ed uno riferente lo score totalizzato grazie all’interazione dei lettori. Il risultato, a riprova della bontà universale riconosciuta a questi album tanto da chi li racconta quanto da chi li ascolta, è assolutamente bilanciato. Curiosi? Ebbene gli otto dischi che sottoporremo alla vostra attenzione segnano una media di 82 per i recensori e 79 per i lettori, mai così d’accordo come stavolta. Ripercorriamo le tappe salienti di uno straordinario percorso fatto di passione, sudore e tanto tanto hard rock suonato coi capelli- rigorosamente biondi- al vento e le corna in alto!
1. Dal Metal all’Hard rock: l’inaspettata svolta di Björn Strid alla guida dei Night Flight Orchestra
Ne è passata di acqua sotto i ponti per Björn Strid, vocalist noto agli amanti del metal estremo che hanno avuto modo di apprezzarlo alla guida dei Soilwork sin dal lontano 1995. Nondimeno è calata la voglia di mettersi in gioco con quello che doveva essere un progetto parallelo, The Night Flight Orchestra, nato per gioco durante un tour con lo scopo di rifiatare e divagare componendo musica più leggera che fungesse da soundtrack per le lunghe sessioni on the road fra una tappa e l’altra, che di fatto ha seguitato ad ingrossare le fila e i favori di un pubblico crescente, complici gli stravaganti e coloratissimi costumi utilizzati nelle apparizioni e i leziosi (ma non per questo banali) arrangiamenti al limite del pop. L’ultimo nato Aeromantic è un pomposo manifesto ottantiano che si destreggia fra sintetizzatori, melodie sdolcinate, elettronica, AOR e chi più ne ha, più ne metta. Brani come Transmissions e Divinyls hanno ruotato incessanti nelle playlist di quasi tutti i servizi di musica in streaming, complice l’ottima visibilità che la Nuclear Blast ha riservato ai nostri scatenatissimi eroi i quali, pur di restare fedeli alla tradizione melodica del loro paese, hanno registrato l’album presso il Nordic Sound Lab che proprio negli Eighties aveva ospitato la maggior parte dei gruppi svedesi, avvalendosi persino del drum kit degli Abba e di molta altra strumentazione di registrazione ormai vintage ma funzionante. Ciò che ha colpito durante l’ascolto di Aeromantic era la percezione del divertimento dei membri trapelante da ogni singola traccia e che ha dato una marcia in più al lavoro. Il destino per quella che doveva essere un semplice divertimento di Björn e compagni (molti dei quali musicisti affermati in altrettante band di metal estremo) è ancora tutto da scrivere visto il successo dilagante e meritato della formazione.
2. Echi settantiani: i Dead Lord e i Night
Due band che ai più risulteranno sconosciute hanno dato vita a due fra i più bei dischi hard rock dell’anno. Tutto ciò sembra confermare che più si scava a fondo alla scoperta di formazioni di nicchia più è possibile ritrovarsi a commentare capolavori che meritano tutta l’attenzione possibile affinché godano di una visibilità che renda giustizia alle qualità eccelse messe a servizio della musica. I Dead Lord, arrivati alla quarta release in studio, confezionano Surrender, un disco fenomenale ed ispiratissimo il cui punto di forza è la ritmica calorosa e spessa sulla quale la versatilità emozionale del cantato del leader Hakim Krimsi scatena col chiaro scopo di galvanizzare l’ascoltatore. Ne viene fuori un lavoro stracolmo di influenze diverse - Thin Lizzy in primis - ma non per questo privo di personalità. Anche i Night pescano a fondo nella mitica decade settantiana: il loro High Tides - Distant Skies è un’opera il cui difetto è quello di durare troppo poco, stracolma di atmosfere oniriche e melodie eccezionali che lasciano trapelare quel fascino dirompente ed arcano tanto caro agli oscuri Blue Öyster Cult. Per entrambi i gruppi non manca il tocco NWOBHM che certamente non sfuggirà ai metallari più incalliti.
3. Power to the Girls: l’hard rock si tinge di rosa con Blues Pills e Thundermother
A sfatare il mito secondo il quale soltanto gli uomini sarebbero degni di rockeggiare come se non ci fosse un domani ci hanno pensato due formazioni che hanno messo al centro del proprio credo una voce angelica come quella di Elin Larsson dei Blues Pills ed una line up interamente al femminile come nel caso delle cazzutissime, mi si conceda l’aggettivo, Thundermother. Proprio quest’ultime avevano denunciato di esser state vittime, ad inizio carriera, di sarcasmi spiacevoli da parte di chi, alla vista di un complesso formato unicamente da ragazze, aveva storto il naso giudicando il libro dalla copertina ancor prima di ascoltarne la proposta musicale. Dinnanzi a tali eresie le Thundermother non si sono lasciate scoraggiare rimboccandosi le maniche e perseguendo le proprie inclinazioni con coraggio e grinta. Malgrado il rimaneggiamento pressoché totale della line up originaria operato da Filippa Nässil, le nostre hanno composto un disco maturo e consapevole che strizza l’occhio ai riff concisi e potenti degli AC/DC, maestri imprescindibili per il genere proposto dalle ragazze svedesi, un concentrato di hard rock alla vecchia maniera diretto e senza fronzoli. Aggiungiamoci un carisma delle singole tracce invidiabile (a partire da Driving in Style, una canzone che ho ascoltato fino allo sfinimento per quanto orecchiabile e ben suonata) e il gioco è fatto: Heat Wave è un prodotto che rasenta la perfezione e si lascia ascoltare a più riprese senza annoiare mai. Anche i Blues Pills, come detto capitanati da una vocalist eccezionale, si sono distinti confermando quanto di buono si era detto di loro. Holy Moly! combina blues e psichedelia riportandoci indietro agli anni Sessanta e, per la precisione, a quel clima di cambiamento che avrebbe rivoluzionato per sempre la musica rock, combinando con perizia tutte le intuizioni sorte in un’epoca d’oro ad un mixaggio impeccabile che culmina nelle nervature del timbro di Elin Larsson e non fa rimpiangere una divinità quale Janis Joplin alla quale la frontwoman guarda con rispetto e ammirazione. Holy Moly! rappresenta per molti l’apice raggiunto finora dalla band ma per noi è probabilmente solo una delle tappe vincenti lungo il percorso trionfale di questa formazione d’altri tempi dal futuro più che roseo.
4. La celebrazione degli anni 80 nel capolavoro degli H.E.A.T.
Che il ritorno degli H.E.A.Tcoincidesse con il rilascio di un buon album era risaputo. Che poi ci si imbattesse nel capolavoro assoluto in una discografia di tutto rispetto impreziosita da altrettanti splendidi lavori, seppur costellata da qualche turbolenza nella formazione riversatasi nelle uscite antecedenti, è stata una delle sorprese più gradite del 2020. Di II se ne è parlato a dismisura e a ragione visto che ad oggi non si fatica a incoronarlo come una delle migliori (se non la migliore) uscite hard rock duemilaeventi. Un album così, dopotutto, non avrebbe lasciato indifferente nessuno. Come dar torto a chi, me in primis, non ha potuto smettere di tesserne le lodi? La precisa scelta di ritornare alle origini dopo un’inconsistente virata pop, ossia a quel suond potente, sfarzoso e brillante degli albori, puntando tutto sull’ugola dorata di Erik Gronwall e sulla ritrovata verve ispiratrice di tutti i componenti, capaci come non mai di tirare dal cilindro 11 tracce impeccabili e prive del benché minimo difetto, è stata premiata da una resa superlativa. Tastiere argentee, chitarre slanciate all’ennesima potenza, drumming incessante e anthem da stadio sorretti da cori catchy e coinvolgenti sono soltanto alcuni degli ingredienti che ribollono nel calderone degli svedesi, i quali trascinano l’ascoltatore sin dalle prime note del disco senza concedergli tregua. Ci si dimentica di vivere in un’epoca dominata, ahinoi, da trap e reggaeton. Basta chiudere gli occhi e spararsi II a tutto volume per trovarsi nel bel pieno degli anni Ottanta, abbagliati dalla limpidezza di melodie barocche generosamente offerteci dagli H.E.A.T. Impossibile anche solo pensare di eleggere una canzone sulle altre perché l’intero full length scorre che è una meraviglia senza registrare frenate o scivoloni. C-L-A-M-O-R-O-S-O.
5. L’eleganza dell’AOR made in Sweden: Time for a Miracle dei Perfect Plan
Persino Euterpe e Melpomene, antiche Muse della mitologia greca, impallidirebbero dinanzi alle aggraziate armonie che si intercambiano sinuose nell’ultimo lavoro dei Perfect Plan. Time for a Miracle, distribuito dalla nostrana Frontiers Records, è un autentico gioiello di eleganza e classe sopraffina. La band riesce ad emozionare ed appassionare tanto nei momenti più intimisti (Fighting to Win è una delle ballad più toccanti che ho avuto modo di ascoltare quest’anno) quanto in quelli più accesi che strizzano l’occhio ai sempiterni Journey. Kent Hilli & compagni si confermano fra i migliori portavoce dell’AOR contemporaneo internazionale. Il nostro consiglio è di assaporare la grazia eccelsa e la ricercatezza sonora alla base di questo lavoro in solitudine, con le luci soffuse ed un bicchiere di vino, nell’orario a voi più congeniale affinché le sensazioni positive possano confluire nel cuore e nello spirito senza passare per la testa.
6. La voce fuori dal coro: lo sperimentalismo degli Horisont
Last but not least non possiamo fare a meno di citare gli Horisont i quali non faticano a rientrare nel nostro riepilogo sebbene con le dovute precisazioni. Con Sudden Death, infatti, la band rifugge da rigide classificazioni e imperterrita reinterpreta, in modo personalissimo, il rock a 360 gradi. Il disco si discosta dai canoni analizzati fin qui ed esalta lo sperimentalismo a discapito dell’orecchiabilità: non sarà arduo rintracciare elementi di rock progressivo come nella lunga e astrusa Archaeopteryx In Flight oppure nell’acid folk di Gråa Dagar, a riprova di una crescita esponenziale della band ancora alla ricerca di sé stessa. Si ha come l’impressione che gli Horisont abbiano già da un po’ di tempo a questa parte alzato l’asticella e intrapreso un percorso volto ad approfondire la comprensione universale della musica per padroneggiarla a tutto campo, come fosse un’arte magica da apprendere e insegnare ai posteri. Sax, synth e tastiere la fanno da padrone, forse ancor più delle chitarre che comunque non fanno mancare il loro apporto specie nella delineazione ancora marcatamente heavy metal in svariate occasioni. Gli Horisont restano dunque un cantiere aperto, un affascinante esempio di band in continuo mutamento ed impegnata a costruirsi la propria complessa e sfaccettata identità disco dopo disco. Non sappiamo dove arriveranno e se a noi, comuni mortali, ci sarà dato scoprirlo od intenderlo ma intanto ci teniamo ben stretto quanto finora inciso e tanto basta.
Si conclude il nostro entusiasmante viaggio alla riscoperta dei capolavori che ci ha regalato la Svezia in ambito hard rock. Non ci dilungheremo ulteriormente e lasceremo che a parlare al posto nostro ci pensi la musica, ecco perché troverete 2 playlist con 20 brani (da ascoltare con riproduzione casuale) estratti dai dischi che abbiamo ripercorso. La playlist di Spotify sarà collaborativa (Youtube lo permette solo previo invio di un link ai singoli partecipanti) e ciascuno di voi potrà aggiungere le canzoni. Mi raccomando: restare in tema hard rock svedese è un must! L’articolo vuole essere solo il trampolino di lancio verso un progetto di più ampio respiro. L’obiettivo è quello di costruire degli spazi d’ascolto, mattoncini di una fortezza condivisa e inespugnabile che più semplicemente chiamiamo felicità. L’amore per la musica significa soprattutto questo, no? Buon (ri)ascolto e stay rock!
Playlist Spotify
Playlist Youtube
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Stupendo articolo che ho letto con piacere e occasione per recuperare artisti che magari ho ignorato oppure non conosco. Rimanendo in Svezia, anche se non in ambito puramente Hard Rock, gli Hallas hanno composto un album straordinario. |
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...ottimi h.e.a.t e perfect plan....bei dischi e grandi canzoni...e l'anno prossimo ...gli altri svedesi da tenere d'occhio sono i w.e.t..... |
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Sottolineo questo passaggio: "la musica proposta dalla sua e dalle altre band non può definirsi nostalgica del passato, sebbene debitrice, poiché disconosce l’appartenenza esclusiva e circoscritta a determinate epoche essendo libera da schemi prestabiliti, immortale, infinita." Tanti proprio non ci arrivano. |
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🤣, le prime due righe mi hanno fatto ribaltare dal ridere. Dai su, per te c'è l'ultimo capolavoro degli AC/DC... |
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Articolo interessante, ma le band citate le considero quasi tutte decisamente inutili e ben poco piacevoli all'ascolto. Ottime produzioni legate e poche idee palesemente riciclate dal passato. I terribili Horisont sono stati per me una botta mica da ridere. Probabilmente l'unico disco che salvo è il primo dei Blue Pills per la voce femminile che mi ricorda la magnificenza di Grace slick. Qualcuno ha citato i Ghost. Vabbè siamo su un altro pianeta. Fatto di gran personalità oltretutto. |
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@shock certo,io li ho citati per segnalarli a chi non ha mai sentito parlare di loro. |
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Dei Bloody Heels c'è la recensione del loro ultimo, buon disco.
Non li ho voluti inserire perché non madrelingua... |
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Ottimo articolo che,da amante dell'hard rock,ho molto apprezzato. Mi permetto di segnalare anche una giovane band che a me piace molto,sto parlando dei lettoni Bloody Heels, fanno anche loro hard rock (molto anni '80) e possono anche loro essere inseriti nella scena scandinava, perché è in quei luoghi che suonano la maggior parte dei loro live(anche per questioni di vicinanza geografica). A differenza di quanto succede da noi,nei paesi scandinavi l'hard rock è vivo e vegeto. |
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Non concordo affatto per i Blues Pills. Per me, dopo il primo mini, si sono letteralmente persi per strada. |
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@Shock sono un cretino è scritto pire nel titolo.... mi sembrava mancasse qualcuno lol |
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@Shock: Peccato, il tuo apporto avrebbe certamente reso la playlist ancora più avvincente.
Dei dischi da te citati mancano all'appello nei miei ascolti i Wildness e i Confess, per cui rimedierò quanto prima!  |
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@Fasanez: l'articolo tratta di soli gruppi svedesi, quelli da te citati non lo sono, quindi non sono inclusi. Se faranno come l'anno scorso ci saranno i vari riassunti per genere, li troveremo tutti.
@Altered: ciao Ale😀! Non uso Spotify, quindi non posso concorrere alla playlist, ma mentre che ci sono cito altri gruppi svedesi degni di nota nell'anno. Innanzitutto la mia ultima scoperta, i Black Paisley, ottimo debutto il loro, poi altri ottimi debuttanti, gli Artic Rain, più AOR, ottimo il loro esordio, come anche i Wildness, al loro secondo disco. Poi citerei il secondo disco del progetto Gathering of Kings, orfani di Bjorn Strid ma con un eccellente cast; infine (ma non ultimi, anzi) i Confess, grande disco di sleaze/street. Alla prossima!! |
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Bravissimo Ale (come sempre), articolo bello pregno in cui si percepisce la passione attraverso ogni riga! Anche se l'hard rock non è tra i mie generi di riferimento, magari proverò ad ascoltare qualcuna delle band qui presenti. |
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Complimenti per il bellissimo articolo Alessandro, su una scena che conosco poco se non per qualche nome. Voglio assolutamente recuperare qualche disco di quelli da te citati. Ne approfitto solo per dire a @fasanez che i Cats In Space sono presenti in DB, passa anche di la se ti va. L'ultimo disco a me non ha preso molto, ma i due precedenti sono fantastici! |
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Bell'articolo. Non sono un grande amante dell'hard rock classico, mentre adoro letteralmente l'AOR per cui dico che Eclipse, il live e i Perfect Plan sono due uscite must del 2020. Ma i Cats in Space non ce li infiliamo? Oltre ai citati anche i Girish e i nostrani Hell in the Club meritano una menzione imho. |
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Per quanto mi riguarda i Night hanno pubblicato l'album del 2020, tra Blue Oyster Cult (i classici), Ghost (faccio il trendy) e Hypnos (faccio il nerd). La sorpresa sono stati gli Horisont che hanno mutato la proposta (o quanto meno quella che conoscevo io) con un album stupendo dai mille colori. Come ho scritto altrove i Blues Pills ci hanno regalato il loro album più bello. A 'sto punto mi fiondo sugli altri. |
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@Shock: Ciao Shock, aspettavo proprio te!
Avevamo già scambiato qualche commento sull'hard rock svedese e sapevo che non sarebbe mancato il tuo puntuale intervento!
Il disco che hai menzionato è molto bello.
Colgo l'occasione, qualora utilizzassi Spotify, per invitarti ad ingrossare la playlist, che ho reso opportunamente collaborativa, con altre band del filone!
Ne approfitto per salutarti calorosamente!
Stay rock e grazie per la lettura! \m/ |
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Applausi a scena aperta per Alessandro: gran bell'articolo a cominciare dal titolo. Musica senza tempo, non retro' né copia, semplicemente musica di qualità, e quest'anno è stata veramente tanta. Su tutti gli H.E.A.T. autori di un disco clamoroso, un classico (alla faccia di chi dice sempre che oggi non se ne fanno più) da tramandare alle future generazioni (e adesso sono curioso di sentire il ritorno di Kenny, perché fare un disco migliore lo trovo quasi impossibile).
Non spendo parole per gli altri gruppi, Alessandro ha già fatto un eccellente lavoro.
Vorrei solo segnalare un un'altro gruppo svedese che per me ha fatto un ottimo disco: si tratta dei Sole Syndicate, il disco è Last days of Eden, un lavoro di hard rock moderno (alcuni riff sono al confine col metal) ma pregno di ottime melodie: "...and the thruth will set you free" è una delle mie canzoni dell'anno.
Ah: includerei anche il live degli Eclipsed, clamoroso!!! |
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