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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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GLENN HUGHES + MOONSTONE PROJECT - Serate Romane
27/11/2009 (3797 letture)
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Glenn Hughes non è certo un personaggio di facile definizione e, soprattutto, non è certo un musicista che si risparmia. Oltre alle notissime collaborazioni con i Deep Purple e con Tony Iommi, marchiando a fuoco album fondamentali quali Burn e Stormbringer, il musicista anglosassone si è cimentato in una carriera solista di tutto rispetto, tra hard rock, funk ma anche soul, il genere della sua prima formazione musicale. Trent’anni di onorata carriera passati dal debutto nel lontano 1969 come voce e basso nei Trapeze ci restituiscono oggi un musicista fresco, ispirato, e con ancora molta voglia di stupire.
Negli ultimi anni il buon Glenn sembra particolarmente affezionato al nostro paese; forse anche per il fatto che tra le numerosissime collaborazioni in cui è stato coinvolto in questi ultimi dieci anni figurino anche i Moonstone Project, ensamble di musicisti tutti italiani, che non ha certo perso l’occasione di accompagnarlo on stage.
Stazione Birra è un locale abituato ad accogliere grandi glorie del rock; non per niente lo stesso Glenn Hughes ha già fatto più di una volta la sua comparsa sulle assi di questo palco.
La serata si prospetta interessante fin dall’apertura affidata agli Hush, cover band romana dei Deep Purple che si esibisce davanti ad un pubblico non ancora numeroso e soprattutto ancora intento a degustare piatti e bevande ai tavoli, ma con l’orecchio ben attento ai classici eseguiti dalla band.
Tra una hit e l’altra la prestazione degli Hush scivola via in modo piacevole, anche se con alcune sbavature di troppo; da sottolineare però è la prestazione del bravissimo Andrea Strappetti al microfono, che prepara a dovere l’ingresso del protagonista della serata.
Usciti di scena la cover band l’atmosfera si scalda, il pubblico comincia ad affluire sotto il palco anche se non in numero considerevole; alla fine verso le 23 e 15 Glenn Hughes accompagnato dai Moonstone Project fa il suo ingresso tra applausi e urla concitate.
Poco tempo per i convenevoli; si parte subito con pezzi estratti dal periodo Deep Purple non lasciando il tempo di riprendersi ad un pubblico in crescente stato di partecipazione. Stormbringer in apertura mette subito le cose in chiaro, seguita da una Sail Away da brividi e irresistibile nel suo incedere funky. Glenn è in gran forma; lo si vede dalle sue movenze, dai suoi sorrisi e strette di mani col pubblico delle prime file e lo si sente dalla sua voce carica e vibrante. Terzo brano in scaletta è un classico dei Trapeze, Black Cloud, che dilata l’atmosfera concitata del duetto purpleiano d’apertura.
Mistreated surriscalda l’atmosfera con una perfetta esecuzione vocale che non fa certo rimpiangere l’originale di Coverdale; l’emozione è incredibile,ma si riparte subito con Getting Tighter, e a seguire un talentuosissimo Alessandro Mori ci diletta con un assolo di batteria strepitoso, con citazioni di grandi brani metal come Painkiller. Dopo un problema tecnico dovuto agli auricolari di Glenn, e il simpatico siparietto involontario con il fonico che tarda ad intervenire, si ricomincia anche se un po’ a fatica prima con una bella performance bassistica, poi con Seafull, secondo brano estratto da Medusa degli storici Trapezi. Bellissime la bluesy Holy Man, con un Glenn davvero in stato di grazia, e la seguente Soul Mover, unico brano tratto dal suo repertorio solista.
In chiusura un grande classico come You Keep On Moving rischia di far crollare il locale; il pubblico si scalda e il ritmo diviene irresistibile per chiunque. I bis di rito sono affidati al buon Glenn insieme agli Hush, i quali però risultano forse un po’ troppo emozionati e decisamente non rendono una chiusura degna dell’occasione. In particolare nel primo brano, Might Just Take Your Life, ripetuti sono gli errori ritmici, ma anche la chitarra in vari punti sembra arrancare pesantemente. Burn posta come vero finale fa dimenticare ogni imperfezione, il pubblico semplicemente canta il brano che probabilmente aspettava fin dall’inizio di serata, e il già menzionato Andrea Strappetti esce decisamente a testa alta nella gara di acuti con Glenn Hughes. L’impressione predominante di questo show è che si stia assistendo all’esibizione di una vera band, affiatata e quanto mai agguerrita, e non certo al gruppo di supporto per lo sho di una grande star internazionale. La chitarra del validissimo Matt Filippini non salta una nota e la batteria segue con le linee di basso un andamento spedito quanto roccioso, mentre la tastiera di Alessandro Del Vecchio puntualmente esegue il suo lavoro con maestria.
Lo spirito degli anni 70 è ormai perduto oggi, ma molti dei grandi protagonisti di allora ci sono ancora, e a volte sembra davvero che il tempo si possa fermare per far rivivere a chi non c’era delle sensazioni uniche. Uno show fantastico, non ho altre parole.
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6
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Ero presente, devo dire che la voce di Andrea Strappetti è il massimo, come Pergolesi! |
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5
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gran concerto, glenn sei grande . la più bella voce del rock ,soul e del funky |
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4
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C'ero!!!posso dire solo che è un grande!!! |
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3
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Bel Report Daniele. Hughes l'ho visto qualche mese fa dalle mie parti e devo dire che è ancora un validissimo artista! Tra l'altro il fatto di andarsi a esibire in tutta Italia anche in luoghi dove di solito non si vede nulla (non mi riferisco ovviamente a Roma, ma Palermo e dove l'ho visto io...) gli fa onore! |
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2
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Per la prima volta non sono invidioso, ho visto lo stesso spettacolo a Palermo (vedi live report). Bravo Born. |
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1
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...acc me lo sono perso! Bel live report! |
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