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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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Timo Tolkki`s Avalon - Angels of the Apocalypse
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( 3843 letture )
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Angels of the Apocalypse è il secondo capitolo del progetto Timo Tolkki’s Avalon. Il chitarrista finlandese non ha certo bisogno di presentazioni. Negli ultimi anni di parole su di lui se ne sono spese fin troppe, prima per essere giustamente autore con i suoi ex Stratovarius di grandi dischi power metal, poi per i suoi problemi di salute, in seguito per i suoi numerosi progetti musicali di breve durata e talvolta soltanto annunciati e smentiti, poi la decisione di ritirarsi dalle scene, infine l’annuncio del suo ritorno con una metal opera a titolo Avalon, che da subito ha portato alla mente gli Avantasia, progetto in cui lui stesso ha partecipato nel primo capitolo. L’innovazione e la fantasia più sfrenata non sono mai state una prerogativa di Tolkki ed anche questo disco non fa eccezione, Timo va sul sicuro, assoldando cantanti piuttosto in voga al momento, come Elize Ryd degli Amaranthe, Simone Simons degli Epica e la donna del momento: Floor Jansen, nuova cantante dei Nightwish e già ottima protagonista di Rewamp ed After Forever; cantanti maschili di spicco sono invece il nostro Fabio Lione, di cui ormai si perde davvero il conto delle collaborazione, ed il sempre gradito David DeFeis dei Virgin Steele. Tutti cavalli di razza, professionisti indiscussi dalla prestazione sicuramente ottima, a cui affidare brani accattivanti e ben confezionati, ovviamente ben suonati ma senza mai osare troppo. La novità sta nella formazione di strumentisti, che vede una reunion di Timo con i vecchi compagni d’avventura degli Stratovarius dell’era Dreamspace: Antti Ikonen alle tastiere e Tuomo Lassila alla batteria, che dà tutto sommato un senso alle dichiarazioni di qualche anno fa del chitarrista di riformare il nucleo della band e pubblicare un nuovo album insieme, chissà che non sia il preludio di una collaborazione continua e di una nuova stabilità che sicuramente gioverebbe al buon Tolkki. Riguardo il concept del disco possiamo fare un discorso simile al precedente riguardo la fantasia di Tolkki. Siamo nel 2020 dopo Cristo, le Forze Celesti mandano quattro angeli ad osservare l’umanità e le proprie azioni, i nomi di questi angeli sono Fuoco, Vento, Terra ed Acqua e ciò che vedono tristemente sono gli eventi e la distruzione creata dall’uomo, così viaggiano nel tempo per avvisare l’uomo delle conseguenze delle proprie azioni. È il preludio per il giorno del giudizio, che presumibilmente avverrà con il terzo capitolo della saga.
Parliamo infine della musica. Song for Eden è un’intro recitata da Fabio Lione, che ritroviamo nell’opener Jerusalem Is Falling, ottima canzone potente con un tocco di epicità e dai toni drammatici, grazie anche alla prova dello stesso Lione al microfono, che ricorda più quanto fatto con i Vision Divine e con gli Hollow Haze piuttosto che con i Rhapsody. Tutto funziona, gli arrangiamenti sono semplici ma ben fatti, così come il solo di chitarra di Timo, che ormai da tempo ha abbandonato lo shred neoclassico in favore di esecuzioni più semplici e melodiche che in questo caso colpiscono nel segno e sono perfette per il brano. Design Your Century è la potenziale hit del disco, con tastiere apocalittiche alla Nightwish, riff melodici e Floor Jansen dietro al microfono. Melodie catchy, ritmiche di chitarra minimali, ritornello immediato e ruffiano, solo di chitarra come sopra; anche in questo caso tutto funziona, piace, ed al secondo coro ci si ritrova a canticchiarlo e fischiettarne le melodie; commerciale, sì, un brano dalla pericolosa potenzialità mainstream che tanto sta contaminando il metal, ma tant’è, il risultato c’è. Rise of the 4th Reich è il primo passo falso, la canzone non decolla mai e David DeFeis appare stanco ed è autore di una prestazione decisamente sottotono rispetto al suo standard. Da notare che una canzone praticamente dallo stesso titolo è presente sull’album Dreamspace. Stargate Atlantis è il pezzo che anche un sordo riconoscerebbe uscire dalla penna e dalle corde di Timo: richiami non troppo velati con la famosa Hunting high and Low, struttura identica, melodie simili, buon ritornello e buona prova ancora di Lione. Peccato per la somiglianza con il brano citato e con altri di memoria Stratovarius. Molto meglio The Paradise Lost con le tastiere di Ikonen di nuovo protagoniste, mid tempo sostenuto in cui la parte del leone la fanno ancora un ritornello immediato e la buona prestazione di Floor al microfono. You’ll Bleed Forever è l’immancabile e scontata ballata strappalacrime, cantata in modo struggente da Floor; melodie e ritornello da scalata in classifica, commerciale è di nuovo il termine che salta in mente, ma il brano, innegabile, pur nella sua semplicità è molto bello, con un solo che fa dei lenti bending e dei vibrati il suo punto di forza, puntando anche in questo caso soltanto sulla parte emotiva e non sulla tecnica (e sia chiaro che la cosa non è né un male né tantomeno così scontata). Neon Sirens vede alla voce l’ex Savatage ed attuale Circle II Circle Zachary Stevens; qui globalmente nel sound usciamo da quanto sentito finora, ricordando ad onor del vero le band di Zak ed un metal moderno in stile Black Label Society soprattutto per la voce doppiata, il brano scorre senza emozionare o colpire particolarmente. High Above of Me è invece un’altra ballad tutta al femminile incentrata su piano e voce, che grida ad ogni nota Nightwish e Within Temptation, dietro al microfono troviamo Elize Ryd, Simone Simons e Caterina Nix, giovane artista proveniente dal Cile che pare stia per debuttare con il suo progetto prodotto dallo stesso Timo. Il brano, nonostante il grande potenziale canoro, è piuttosto anonimo, bello il solo di chitarra ed ovviamente le parti vocali, ma la canzone in se è un po’ debole. Infine la title track è l’immancabile suite di nove minuti: inizio in pompa magna con cori ed orchestrazioni nel più classico stile delle suite power-epic per poi passare ad una parte lenta ed arpeggiata su cui sempre Floor Jansen -vera protagonista di questo disco- costruisce ottime melodie vocali e sfodera l’ennesima prestazione di altissimo livello; il brano si sviluppa in modo convincente, con cambi di tempo ed atmosfera, riuscendo a risultare piacevole per tutta la sua lunghezza senza annoiare ma senza nemmeno stupire. Da una suite di nove minuti è però lecito aspettarsi qualcosa di più. Chiude Garden of Eden, breve strumentale in stile sigla di chiusura, basata sulle tastiere, un po’ troppo simile ad una Imaginarium dei Nightwish, sognante e piacevole outro di un disco bello ma non del tutto riuscito.
Angels of the Apocalypse non deluderà nessuno, perché nessuno da Tolkki si aspetta ormai un Episode o un Visions Parte 2, perché dopo le tiepide prove dei Revolution Renaissance e dei Symfonia (tutt’altro che da buttare comunque) il progetto Timo Tolkki’s Avalon è quanto di meglio sia uscito dalle mani e dalla mente di Timo. Il primo capitolo ha avuto un grande successo commerciale e di vendite e questo secondo potrà bissarne sicuramente il successo, ma si poteva fare di più, questo è certo, visto le spiegamento di forze dei musicisti coinvolti e l’ambizione di una rock opera. Un songwriting più complesso e vario avrebbe reso il tutto più interessante. La storia di altri musicisti ci insegna che spesso il voler fare tutto da solo limita il risultato finale. Restando nel campo del power metal anche Tobias Sammet, Luca Turilli o Tuomas Holopainen hanno capito che è meglio lavorare con un team affiatato piuttosto che rischiare nel voler fare tutto da soli. Un altro difetto di Angels of the Apocalypse è la produzione -sempre a cura di Tolkki- buona, ma che avrebbe potuto essere più potente e rendere il risultato finale più compatto e d’impatto.
L’UOMO TIMO TOLKKI La recensione è conclusa, ora è tempo di una piccola divagazione, squisitamente personale. Nel 1996, poco dopo l’uscita di Episode vidi gli Stratovarius nella loro prima assoluta data italiana, di supporto ai Rage, davanti a circa 500 persone. La band era ancora poco conosciuta, anche se vicinissimi al successo su grande scala. Il concerto fu superlativo, non conoscevo nessun loro brano ma rimasi incantato da Speed of Light, Will The Sun Rise?, Father Time o dalla stupenda Forever; era palese che gli Strato avessero una marcia in più della maggior parte delle band power metal di allora, dopo il concerto Tolkki si aggirava per il locale, disponibile a foto ed autografi, a differenza dei compagni di band era l’unico che non sorridesse mai. Pochi anni dopo, all’indomani dell’uscita del suo disco Hymn to Life venni a conoscenza tramite delle sue interviste della storia della sua infanzia e della sua vita (descritta anche nel suo libro 1000 anni di solitudine), tutt’altro che serena e felice, del suicidio del padre quando era solo un ragazzino di 12 anni (episodio che lo sconvolgerà), della sua lotta con una depressione cronica fino alla scoperta del suo bipolarismo. Chi sa di cosa si tratta o purtroppo ha conosciuto persone con queste patologie sa anche che sono malattie gravi, non semplici stati d’animo, che ci sono cure, farmaci, terapie, ma spesso non esiste una guarigione totale, che si vive in un perenne stato di confusione, di malinconia, di lotta con se stessi, e non bastano una splendida carriera, il successo e i soldi per colmare un vuoto che pare infinito. La storia la conosciamo tutti: gli Stratovarius, i progetti, il ritiro a vita privata, l’abbandono della musica. Tolkki, oggi, con questo nuovo progetto, ci dimostra che non si è arreso, che nonostante le difficoltà grossissime causate dalla sua malattia ha deciso di imbracciare nuovamente la chitarra, stringere i pugni e lottare, cercando di chiudere la bocca alla depressione. Che questo possa essere uno dei tanti esempi a non arrendersi per chi percorre un sentiero tortuoso e lotta ogni giorno con i propri problemi ed i propri demoni. Ti stimo e sono fiero di te, Timo Tolkki.
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8
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Bella recensione. Album molto cupo e intenso. Mi è piaciuto molto. |
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7
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70 anche no, diciamo che stiamo larghi con un 50, ma visto le risorse direi che rasentiamo il pessimo |
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5
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bella recensione, complimenti! bel disco anche se gli strato erano un'altra cosa. disco in linea col precedente. voto corretto, anche x me 70 |
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4
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Il primo capitolo era gradevole, molto melodico e banalotto con molte scopiazzature da altri gruppi e altri progetti di Tollki. Questo invece, secondo me fa di peggio: scopiazza qualcosa di meno (l'unica che mi viene in mente è Design Your Century, uguale a Enshrined In My Memory ma molto meno riuscita) ma il risultato penso sia abbastanza pessimo. Con un cast del genere non sempre è facile azzeccare le parti per i vari cantanti, ma qui non trovo una canzone che spicchi sulle altre. Sammet sa come fare questa cosa, non per niente gli Avantasia hanno avuto un gran successo, e Tollki penso debba ancora imparare. Non sopporto l'idea di composizioni facili, riciclate, quando hai un talento come il suo. Floor ha la solita voce incredibile, ma non è sfruttata a modo. La canzone con Stevens la trovo orribile, una delle più brutte mai composte da Timo. E mi dispiace, perchè ultimamente sta adagiato sugli allori, mescolando il passato. La sua storia è molto triste, e a lui va l'onore di essere diventato qualcuno anche con un'infanzia terribile, ma adesso o che si impegna seriamente, o che affonderà poco alla volta, non so per quanto tempo i fan ascolteranno album come questo. |
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3
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Effettivamente non mi aspettavo molto di più, da questo disco, anche avendo presente il precedente. Si ascolta piacevolmente ma c'è in giro molto di meglio e non sei, almeno nel mio caso, invogliato ad insistere con ripetuti ascolti. Poi personalmente, trovo stucchevole l'invasività dalla Madame Floor Jansen che in questo periodo è dappertutto, come il prezzemolo. Sull'uomo Tolkki, va sempre apprezzata la voglia di rialzarsi in piedi e di ricominciare. Esempio positivo, giustamente sottolineato nella ottima recensione. Au revoir. |
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2
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Bella recensione - anche, e forse sopratutto, la parte finale, davvero sentita - peccato solo che da questo tipo di dischi non mi attendo più nulla. Mi ricordano i filmoni della vecchia Hollywood, quelli con tutti, e dico tutti, gli attori più in voga del momento, a scapito di tutto il resto. Guarda caso il buon Tolkki ha scelto alcuni tra i cantanti più di grido... E lo ha fatto anche la volta scorsa. Rinnovo i complimenti al recensore, ma io passo volentieri. |
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1
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In primis i complimenti più sinceri all'ennesima ed ottima recensione di Mauro Paietta, uno dei veri e propri top player che la redazione di Metallized poteva accaparrarsi e i frutti del suo lavoro sono sotto gli occhi di tutti; la parte conclusiva è la classica cigliegina sulla torta a una rece fatta molto bene che, con quel tocco personale anche riferendosi a Tolkki da certamente qualcosa in più. Il disco non è un capolavoro come non lo era il precedente e lo reputo inferiore al disco del progetto Symfonia ma certamente superiore alle uscite Revolution Renaissance. Un disco dunque godibile che si ascolta con gran piacere senza però toccarti in profondità. Il voto 70 è a mio avviso corretto ma chi non vorrebbe sentire nuovamente una Paradise? Quei tempi forse non torneranno più ma io sono ancora lì che li aspetto, fiducioso. Per ora mi godo comunque questi Avalon e la loro musica che al momento sono il massimo che il buon Timo può offrirci e lo accetto volentieri! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Song for Eden 2. Jerusalem Is Falling 3. Design the Century 4. Rise of the 4th Reich 5. Stargate Atlantis 6. The Paradise Lost 7. You’ll Bleed Forever 8. Neons Sirens 9. High Above of Me 10. Angels of the Apocalypse 11. Garden of Eden
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Line Up
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Timo Tolkki (Chitarra, Basso, Tastiere) Antti Ikonen (Tastiere) Tuomo Lassila (Batteria)
Musicisti Ospiti: Fabio Lione (Voce) David DeFeis (Voce) Zak Stevens (Voce) Caterina Nix (Voce) Elize Ryd (Voce) Simone Simons (Voce) Floor Jansen (Voce) Nicholas Jeudy (Orchestrazioni)
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