|
27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
|
|
Trioscapes - Digital Dream Sequence
|
( 2415 letture )
|
Tornano i Trioscapes, dopo l’ottimo esordio Separate Realities con cui hanno messo in mostra la loro innata capacità di mescolare gli elementi dell’improvvisazione jazz con i complessi schemi del progressive metal. Visto il successo dell’esordio, composto quasi per caso durante le prove per un singolo show basato sulla riproposizione del classico Celestial Terrestrial Commuters dei Mahavishnu Orchestra, il bassista Dan Briggs di casa Between the Buried and Me, il sassofonista Walter Fancourt ed il batterista Matt Lynch hanno deciso di riprovarci, questa volta con la reale consapevolezza di jammare e comporre un qualcosa che avrebbe fatto parte di un album. Il seguito di Separate Realities, dal visionario titolo Digital Dream Sequence, viene presentato come la naturale evoluzione del disco d’esordio, caratterizzato dalle esperienze dei due anni di concerti dal vivo e delle prove intercorse. Il mixaggio ed il mastering dell’album sono stati affidati a Jamie King, famoso per aver aggiunto il suo tocco ai dischi dei Between the Buried and Me, Scale the Summit e Devin Townsend, dimostrandosi quindi particolarmente propenso a lavorare con musiche visionarie e complesse. Il tutto, ovviamente, è pubblicato ancora una volta sotto l’egida della Metal Blade Records che, visto il successo del primo album, è tutto fuorché intenzionata a lasciarsi scappare questo eclettico trio.
Cinque sole tracce per un totale che sfiora i tre quarti d’ora di riproduzione: come nel debut, i Trioscapes hanno optato per un’elevato minutaggio di base, con il brano in chiusura che si pone quasi come una suite, superiore al quarto d’ora. L’apertura è affidata alla title-track, introdotta dall’eclettica linea di basso di Dan Briggs, il quale prende fortemente ad esempio i Dark Hall di Steve DiGiorgio per il sound complessivo del pezzo. La schizofrenica entrata del sassofono pare quasi un grido, prima di adattarsi alla sezione più lineare del riffing, se così si può definire, visti gli onnipresenti cambi di tempo. Incommensurabile il lavoro dietro le pelli di Matt Lynch, forse il musicista meno appariscente del trio, ma in grande spolvero e capace di tracciare linee grandiose e in continuo mutamento. Stab Wounds ci consegna il lato più prog del trio, con il basso possente sempre in primo piano ed il flauto di Walter Francourt che si dileggia al di sopra delle complessissime linee ritmiche, in un continuo richiamo ai magnifici King Crimson; da applausi l’assolo conclusivo di basso, con tanto di bending assassino a due mani. Con il brano centrale, il trio ci fa compiere un viaggio: From the Earth to the Moon ci regala un’atmosfera meravigliosa, a partire dall’intro caotico associabile ad una partenza dalla terra, passando per l’intermezzo melodico che pare accompagnarci in assenza di gravità nei meandri dello spazio, prima di atterrare sulla luna; quasi sicuramente il pezzo più bello del lotto, sia per gli arrangiamenti, sia per il riffing complesso e catchy al tempo stesso. Le atmosfere jazzate lasciano di nuovo spazio al prog più schizofrenico con la penultima traccia, Hysteria; le linee di basso e di sassofono sembrano uscite da un In the Court of the Crimson King qualunque, donando un’atmosfera isterica e in continua evoluzione, come se viaggiassimo nella mente malata di questi tre artisti. A chiudere il tutto vi è la lunghissima The Jungle, la quale riesce a staccare molto bene dal brano precedente ed a trasportarci verso sonorità più tribali, grazie ad un suggestivo lavoro alle percussioni dell’incredibile Matt Lynch; se già i pezzi precedenti risultavano estremamente complessi da analizzare, quest’ultima suite è l’apoteosi della sintesi tra free jazz e progressive, un brano prolisso che si contorce come un serpente, senza mai dare punti di riferimento. Eppure la noia non ci coglie nemmeno per un singolo istante, come se i Trioscapes avessero trovato la formula giusta per non tediare un ascoltatore malgrado la complessità della loro proposta.
Chi ha già ascoltato il precedente album saprà benissimo che non ci troviamo di fronte ad un disco semplice od immediato: infatti, come in Separate Realities, i soli elementi progressive sono sufficienti per rendere Digital Dream Sequence un disco dalla laboriosità molto elevata; per di più, le aggiunte libertine dovute alla marcata impronta jazzata elevano esponenzialmente la complessità e lo rendono un altro album rivolto ad una ristretta categoria di ascoltatori. La produzione è cristallina, perfetta per un album del genere e ne incentiva ulteriormente l’ottimo risultato finale, rendendolo godibile e d’impatto. Le prove strumentali sono strabilianti: il basso di Dan Briggs è lo strumento più appariscente, intesse linee rapidissime e le alterna a riff carichi di groove; la batteria di Matt Lynch traccia cambi di tempo con una naturalezza spiazzante, dando l’impressione di avere ben più di un paio di braccia; ultimo, ma non per questo meno importante, il sassofonista Walter Francourt che è ben lungi dall’essere un semplice comprimario, ma si pone come elemento aggiunto che dona un imprinting personale e riconoscibile al costrutto finale. In conclusione, se avete apprezzato Separate Realities o se semplicemente siete amanti della musica complessa ed elaborata, dovete procurarvi questo Digital Dream Sequence; come al predecessore dovrete concedergli parecchio tempo per l’assimilazione, ma il risultato finale darà grandi soddisfazioni ai vostri padiglioni auricolari. Ah, se suonate basso, batteria o sassofono, procuratevi anche un paio di taccuini su cui prendere appunti.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
2
|
Ho sentito la title track, davvero bella!!! La mia ignoranza musicale (sic) mi induce a chiedermi/vi che differenze intercorrono tra il jazz e il fusion e quest'ultimo e alcuni album dei King Crimson (tutto periodo post Discipline per intenderci). Se qualcuno sa damri una risposta semplice ad una domanda tanto difficile... Davvero bravi! Evviva! |
|
|
|
|
|
|
1
|
Certamente non siamo innanzi a melodie immediate, rapide e semplici, ma bensì a strutture melodiche articolate e scostanti dal definirle "orecchiabili", un pò tipiche di quel "jazz sperimentale" (qui tra virgolette), ma comunque bramoso di ricerca sonora. I ragazzi strizzano l'occhio al sax di Chris Potter rievocano in maniera del tutto nuovo il periodo della sperimentazione e del polistrumentismo richiamando la mi attenzione forse (ancora forse) quel sax di Eric Dolphy fino al metodo di strumentazione di Archie Shepp Quartet. Loro mischiano il tutto però anche con strabilianti sequenze che richiamano i Pink Floyd e Mike Oldfield, abilmente e sapientemente miscelate. Una menzione al buon lavoro al basso elettrico di Dan Briggs: molte volte effettato in maniera digitale sorprendente e con esecuzione molto minuziosa. Personalmente lo trovo un gran buon disco. Grazie Monky, bravo come sempre, anche perché dopo aver letto la tua recensione ho deciso, senza alcun indugio, di farlo mio. Un caro saluto. Jimi TG |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. Digital Dream Sequence 2. Stab Wounds 3. From the Earth to the Moon 4. Hysteria 5. The Jungle
|
|
Line Up
|
Walter Fancourt (Sassofono, Flauto) Dan Briggs (Basso) Matt Lynch (Batteria, Percussioni)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|
|