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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 2104 letture )
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Recensire un bel disco è un grandissimo piacere, ve lo posso assicurare, ma quando ad essere bello è l’album d’esordio di una band emergente il tutto raddoppia. Sì, perché in questi tempi in cui tutti sembrano voler mettere la parola fine al rock, chi per motivi concorrenziali, chi per problemi con la distribuzione e i profitti -chi più ne ha più ne metta-, è più soddisfacente che mai vedere come esistano tutt’ora buonissime band emergenti, che pian piano, cercano di farsi strada fino ad arrivare in alto, sempre di più. Ecco, i The Arkanes sono l’ennesima dimostrazione di tutto ciò, la dimostrazione che bisogna dare spazio ai giovani, alle band emergenti e sostenerle davvero, comprandone i dischi, seguendone gli aggiornamenti e andando ai loro concerti.
Chiusa questa piccola ma importantissima parentesi possiamo passare ad occuparci del disco. I The Arkanes portano un bel peso fin da subito sulle spalle, poiché provengono direttamente dalla città natale fab four, Liverpool, fatto non da poco. Il primo embrione del gruppo si forma nel 2007 grazie al frontman Chris Pate e al bassista Lee Dummett con il nome di Silverchild. Inizialmente la band è influenzata dal grunge, dai Nirvana e dagli Alice In Chains in particolare, ma il sound sarà destinato ad incorporare molti più elementi. L’anno successivo si unisce al duo Andrew Long dietro le pelli e nel 2009, a completare la formazione, Dylan Cassyn alla chitarra. Proprio quest’ultimo porterà una ventata di nuove influenze che ispireranno il gruppo sotto moltissimi aspetti, quali Beatles, Led Zeppelin, Wolfmother, Queens Of The Stone Age, Jack White e molti altri. La band, quindi, sceglie finalmente di cambiare nome nel più accattivante The Arkanes e nello stesso anno pubblicano il primo EP, Don’t Act Like You Know Me. Vengono immediatamente nominati al People’s Music Award con il loro singolo Sharpshooter. Da qui seguiranno diverse apparizioni in importanti radio e tv. La title track dell’EP raggiungerà il numero dieci nella classifica Germany’s Most Requested Song of the Week e il numero otto nella Most Downloaded Single. Tutte queste risposte più che positive spingono la band a rientrare in studio ed ecco che nel 2014 esce il nuovo W.A.R che si distacca parzialmente dal precedente disco con sonorità sicuramente più cupe.
L’album è bello, molto e soprattutto interessante. Ogni brano risulta una piacevole scoperta di una parte del sound della band, una piccola sfaccettatura in più in un grande calderone di influenze e di stili differenti che si amalgamano perfettamente. Così iniziamo da Onus, esplosiva title-track che fa immediatamente capire di che livello è l’album e soprattutto mette in mostra la stoffa dei quattro ragazzi che pongono sapientemente attenzione sia ai riff che alla melodia e in particolar modo alle vocals che sin da subito catturano, grazie anche ad un timbro vocale molto accattivante. Sharpshooter, il singolo già pubblicato nel primo ep è potente e possente, costruito su solide basi chitarristiche e su una linea di basso che si erge a colonna portante dell’intero brano. Se qualche dubbio ancora si annidava riguardo la validità della band, con questo brano a dir poco esplosivo viene completamente spazzato via, facendo comprendere che si ha di fronte un gruppo emergente di tutto rispetto che in futuro potrebbe fare molto. Command, Turn, Revolt ha rimandi più moderni con un discreto uso di sintetizzatori e -come anche la traccia precedente- fa molto sentire le influenze di Queens Of The Stone Age e Wolfmother. Con un riff dagli echi quasi stoner e cori a dir poco vincenti il brano si classifica come un grande lavoro, accompagnato anche da un videoclip che vede suonare il gruppo in due differenti vesti. I quattro di Liverpool decidono quindi di sfoderare la loro parte più calma, che nonostante risulti come un ossimoro rende perfettamente l’idea di ciò che incarna Vampyre, brano dalle tinte più particolari che si articolano in momenti differenti tra verse e bridge (che ricorda lontanamente gli Ark). Il pezzo dalle vesti esclusivamente in acustico e clean crea un notevolissimo stacco rispetto ai massici brani precedenti, dando una piacevole boccata d’aria all’ascoltatore. Facciamo quindi un salto in avanti fino ad Stand Alone Inc. dove viene nuovamente messa in risalto l’importanza del basso che non può far altro che piacere. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un brano estremamente ricercato e calcolato che per giusta norma –quando c’è studio e lavoro dietro è difficile che il risultato poi non renda- ha una fantastica resa finale, tra riff effettati, soli eseguiti con il cry baby -che mettono in risalto una tecnica non indifferente- e una batteria micidiale che si fondono insieme per formare un gran prodotto finale. La successiva Guilt Trip ci riporta su lidi al limite con lo stoner per riff, sostenendosi, come ci hanno abituato, sul basso di Dummett. La voce di Chris risulta essere -giustamente- sempre al centro dei vari brani e anche qui non fa eccezione dimostrando, oltre alle proprie doti canore, un’interpretazione di livello che risulta essere troppo spesso dimenticata da vari singer in circolazione. Il brano è strutturato in maniera ineccepibile e invoglia all’ascolto continuo, classificandosi infatti come una delle migliori composizioni. Skeletons è un ulteriore pezzo acustico, ma si distanzia notevolmente da Vampyre essendo una ballata vera e propria pregna di emozione e sentimento, interpretata in modo perfetto da ogni membro della band, la quale riesce a creare un ulteriore brano di altissima fattura che va ad arricchire un lavoro già molto riuscito. Nuclear è un ulteriore esplosione della parte più rock e potente del gruppo mentre la successiva titletrack mostra una struttura differente, fatta di momenti alternati, con diversi cambi di tempo che si accompagnano a parti arpeggiate, riff stoppati ed incursioni soliste, il tutto coronato dall’esplosione finale del brano che ne corona l’andamento. L’album si conclude con Edge che fa l’occhiolino, almeno in parte, alle sonorità più vicine al grunge degli inizi.
Quindi ecco qui W.A.R, un signor disco dalle sfaccettature infinite che da grandissimo spazio ad una band estremamente valida, sia strumentalmente che in fase compositiva. I The Arkanes sono una band dal grandissimo estro musicale, dalla grande fantasia, un gruppo che ricerca molto e sperimenta, inserendo diversi elementi all’interno delle proprie sonorità riuscendo a non strafare mai ed armonizzando il tutto. W.A.R è la perfetta dimostrazione che si può essere influenzati dalla musica più disparata e far convogliare il tutto all’interno di un qualcosa di unico e soprattutto personale. Una band che merita molto già ora e che sono sicuro farà grandissime cose in futuro. Dischi come questo sono la dimostrazione che il rock è più vivo che mai.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Onus 2. Sharpshooter 3. Command, Turn, Revolt 4. Vampyre 5. Terracotta 6. Stand Alone Inc. 7. Goilt Trip 8. Skeletons 9. Nuclear 10. W.A.R 11. Paper Planes 12. Edge
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Line Up
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Chris Pate (Voce, Chitarra) Dylan Cassyn (Chitarra) Lee Dummett (Basso) Andy Longy (Batteria)
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RECENSIONI |
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