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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 1963 letture )
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Nell’immaginario collettivo la Svezia è un posto dalle caratteristiche ben precise: c’è una qualità della vita superiore, lo stato funziona, ci sono tante ragazze alte, bionde e con gli occhi azzurri; ma soprattutto è un posto dove fa molto freddo. Eppure questo luogo così poco caloroso, ostile agli occhi più superficiali, ha dato i natali a band che si sono particolarmente distinte nel loro ambito e che non sembrano per niente appartenere a quei tetri paesaggi ghiacciati(ABBA, Europe, Swedish House Mafia): il gruppo protagonista in questo caso, fa parte di questa categoria. I NitroDive sono tre ragazzi giunti al secondo album, nel quale sono pronti a mostrarci quanto ci sanno fare con gli strumenti in mano e il fuoco che c’è dentro ognuno di loro. Re-Evolution è un concentrato puro di melodia, velocità, divertimento, ascoltarlo da le stesse sensazioni di trovarsi nel bel mezzo di una festa, tutt’altro che fredda e tetra.
I tre ragazzi propongono un punk rock affatto scontato che piacerà non solo ai ragazzini che si apprestano ad ascoltare per la prima volta musica con chitarre distorte. La band non prova ad emulare gruppi che hanno fatto la storia del genere come The Offspring o Green Day, i NitroDive non sono niente di tutto questo; infatti, pur rimanendo a tutti gli effetti una band con una chiara impostazione punk rock, per quanto riguarda il look dei tre componenti e il riffing spiccatamente melodico, l’attitudine del gruppo e soprattutto del cantate è fortemente volta a soddisfare anche l’ascoltatore medio di heavy metal. La voglia di headbang non viene mai meno e per questo dobbiamo rendere onore al drumming possente e preciso di Johan Gren oltre all’ugola del cantante. Proprio nel cantato risiede la questione: Albert Norbergdurante tutto il platter non fa che alternare ritornelli orecchiabili e piacevoli con strofe degne dei migliori Sum 41 o Blink 182 a scream feroci che non faticheremmo a trovare in un album dei Djerv , o dei System of a Down. La proposta musicale di questi ragazzi, volendo fare un paragone, è esattamente questa, i Djerv in versione più rock, easy listening.
Volendo analizzare l’album sarebbe superfluo limitarsi ad un classico “track by track” poiché esso si presenta come un blocco monolitico le cui componenti fisse sono riff melodici e aggressivi, ritornelli orecchiabili che vi verrà voglia di cantare a squarciagola, sezione ritmica rocciosa su un 4/4 monolitico e tanto tanto divertimento. La qualità dei brani è altissima e non sono presenti filler, questo dimostra che abbiamo davanti una band con un’identità ben precisa e una grande capacità di scrittura. Pur impegnandomi non ho trovato un ritornello debole o auto-citazionista, nonostante tutti i brani mantengano la stessa impostazione nella struttura del pezzo e nel genere. Tra tutte le dieci tracce che compongono l’album spiccano all’ascolto Bad Blood e Back to Stay, anche se il livello di tutto l’album è altissimo. La prima perché è la canzone più spiccatamente heavy grazie ad un riff al vetriolo e una cantato molto più aggressivo rispetto agli altri brani. Back to Stay invece risulta essere il pezzo meglio strutturato, che parte in sordina per poi esplodere e infine velocizzarsi nel finale. Ma come detto in precedenza, tutto l’album è pregno di pezzi ispiratissimi che vi faranno saltare dalla sedia o dal divano o da qualsiasi superficie su cui starete, grazie alla forza di gravità, durante l’ascolto. Pezzi come Woman con il suo refrain irresistibile, Wake Up con il lavoro incessante del cantante che si sgola per tutta la durata del pezzo come se non ci fosse un domani, o la tiratissima Dying to Live che chiude in bellezza il disco, dimostrano esattamente tutte le capacità di questi ragazzi e di questo album.
La band e l’album in particolare sono supportati da una produzione di livello altissimo che mette in risalto gli elementi portanti: la chitarra e il cantato. Sono sicuro che se continueranno così questi ragazzi faranno molta strada poiché sanno perfettamente quello che vogliono; e quello che vogliono lo fanno davvero molto bene.
Someday you’re gonna be someone
Probabile che i NitroDive questo l’abbiano già capito da soli.
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4
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@Lambru...ripeto, io ho parlato di "punk rock" non di "hardcore" punk e fino a prova contraria: Per vendite, critica, immagine, visibilitá, i Green Day hanno fatto la storia del genere. Probabilmente parlavamo di due "punk" diversi  |
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3
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Mi bastano le ultime righe della rece, dove si parla di produzione di altissimo livello , per farmeli scartare a priori.... se poi leggo che i green day hanno fatto la storia del genere....io e te abbiamo 2 concezioni di punk ben diverse.... |
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@Enrico, Si. é punk rock, nella recensione ho provato a spiegare meglio il genere, alla fine quello che conta é la musica  |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Re-Evolution 2. Dance 3. Back to Stay 4. Dead or Alive 5. Someday 6. Woman 7. Wake Up 8. Bad Blood 9. Because of You 10. Dying to Live
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Line Up
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Albert Norberg (Voce, chitarra) Robert Johnson (Basso, Cori) Johan Gren (Batteria, Cori)
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RECENSIONI |
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