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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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( 3623 letture )
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Sin dal giorno della mia nascita, la mia morte ha iniziato il suo cammino. Sta camminando verso di me, senza fretta. Jean Cocteau.
Sono tornati: avevano promesso già all’uscita del precedente A Fragile King che ci sarebbe stato un seguito di quella malsana creatura e finalmente siamo di nuovo qui, per raccontare il secondo capitolo della storia targata Vallenfyre. Scrivere di un album come Splinters non risulta affatto facile: esso è formato da molteplici componenti che vanno studiate ed analizzate con cura. Gregor Makintosh creò all’epoca la band per far uscire tutte le sue folli idee musicali, che presero forma nelle radici più profonde del death metal per poi colmare quel divario stilistico tra punk, gothic, doom e la Svezia degli anni ruggenti. Se mettiamo da parte, per un momento, le componenti strettamente musicali e poniamo l’attenzione sul comparto lirico, noteremo come il tutto sia incentrato sulla psiche umana tra gioie, disperazioni, sofferenze e traguardi mai raggiunti; se prendiamo una ad una queste singole parole, unendo i punti che queste paiono lasciare, la parola che emergerà nell'insieme sarà "morte". La finestra sull’aldilà, che si apre su un parente stretto, cioè il padre di Gregor (al quale è dedicato l’intero progetto), è fondamentale alla comprensione delle sonorità qui proposte. Anche se agli occhi di un profano questo potrebbe sembrare un supergruppo in miniatura con membri provenienti da Paradise Lost, At The Gates e My Dying Bride, leggendo le dichiarazioni dei protagonisti, ma ancora di più ascoltando la musica concepita, si capisce in pochissimo tempo come sia palese la classificazione dei Vallenfyre quale band vera e propria e non un banale divertissement. Suonata dal profondo con sentimento, credendo fermamente in essa, la musica del gruppo è classificabile come uno dei migliori compromessi tra vecchia e nuova scuola, l’anello di congiunzione per quell’arco a tutto sesto che cerca di unire le produzioni iperpompate moderne e la volontà di tornare indietro nel tempo.
Cosa discosta Splinters dal precedente capitolo? Forse è una linea sottile, ma probabilmente la differenza principale, riscontrabile sin dai primi ascolti, è la sua immediatezza, l’essere più grezzo, marcio e “in your face” con quella vena punk che emerge prepotente. Vive di dissonanze interiori, dualismo eccentrico che porta Bereft (una delle canzoni maggiormente doom oriented del disco) a contrapporsi subito dopo ad un minuto e mezzo di violenza sonora denominato Instinct Salughter. Prendete l’ottava traccia, quella Cattle che in meno di tre minuti porta con sé uno tsunami di violenza sonora da headbanging folle e ossessivo, presente come isola di salvezza prima di sprofondare nelle viscere sulfuree di Dragged to Gehenna. Analizzando questi fattori si scopre come sia fondamentale la tracklist, quella scelta dell’ordine delle canzoni che può essere l’asso nella manica di un album che vive di paradossi musicali: come la spiaggia che si ritrae lasciando intravedere la sabbia sottostante prima dell’onda che travolge tutto, cosi ogni brano aiuta il successivo a risplendere ancora di più, e tutti vivono reciprocamente, sostenendosi per un fine comune. Ovviamente l’impatto dei Paradise Lost sulla riuscita del disco è palpabile, rimanendo però in un angolo, sulle tracce prettamente doom come la già citata Bereft o la conclusiva title track; è il fattore punk che prende vita in maniera fin troppo eccessiva all’interno delle tracce più lente e furiose ad allontanare questo nuovo album dalla strada che pareva delineata nello sforzo precedente. La volontà di intraprendere una strada più grezza e brutale è stato dichiarata dallo stesso frontman in diverse interviste, come a voler confermare riff dopo riff il desiderio di compiere un percorso a ritroso, dove prende vita il subconscio più profondo, l’irrazionalità che porta le dita a scorrere sulle corde in cerca di rassicurazioni infantili. Qui torna nuovamente il concetto di morte, il legame con il padre mancato che metaforicamente diventa necessità di una dietrologia applicata ad una composizione contemporanea. La produzione ci fornisce un ulteriore indizio, con i suoni altisonanti e pesanti come macigni che, caduti dalla montagna dopo un’esplosione, distruggono la flora e la fauna dell’habitat creatosi nei secoli: un’eruzione. La produzione, o meglio, la composizione vera e propria di Splinters è appunto un vulcano che vive da secoli, ancorato fortemente alle sue radici più profonde per distruggere tutto con volumi e suoni al di fuori del creato; in maniera più semplice risulta essere un "ritorno al futuro" in salsa death doom. Voglio essere onesto, razionale ma sincero, e diciamocela tutta: qui le canzoni non sono innovative e non portano a chissà quale rivoluzione sonora, ma ciò che porta quest’album ad elevarsi sopra a gente come Bloodbath, At the Gates o qualsiasi altra entità che cerca di suonare old-schoool senza riuscirci come una volta è il cuore. Qui si amano il marciume e la mentalità da garage: le undici tracce vivono da sole, riescono a camminare con le proprie gambe appoggiandosi su una produzione che guarda si indietro ma non distoglie l’attenzione dal vero obiettivo verso il quale relazionarsi: la musica.
Ho letto molte opinioni di gente che adora quest’album e di pochissimi che hanno avuto il coraggio di parlarne male: Splinters è la conferma che i Vallenfyre sono vivi e hanno fatto breccia in molti. Non sarà un album rivoluzionario: è più grezzo e marcio del suo fratello più vecchio, più schietto, senza fronzoli e con quel’attitudine che a volte dimentichiamo quanto sia fondamentale in questi anni, dove la musica spazzatura è un’isola grande quanto i pensieri stessi. Se proporzionato con A Fragile King non esce un vincitore, ma il lato oscuro del mondo musicale che vive della morte stessa è riuscito a rinnovarsi in un certo qual modo, portando lo sguardo verso orizzonti differenti da quelli che nel primo capitolo erano stati accennati. Incazzati, non guardano in faccia nessuno perché sono la voce dei silenziosi, di quelle persone che quando i grandi stanno per cadere, di fonte alla morte stessa, detronizzano i reggenti per far rinascere in noi la voglia di musica vera.
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8
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Speriamo li facciano ancora..comunque li prendo tutti, mi hanno conquistato! |
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7
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Brava Lisa! Questo e' gia una bomba e l'ultimo anche...Mi raccomando recupera anche il primo A fragile King, che nn si sa' se faranno altri album! |
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6
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Ho seguito il consiglio di Doom e ho conosciuto questa band e devo dire che ne sono entusiasta, gran bel disco e aspetto che mi arrivi quello nuovo che è già in ordine..ottimo davvero, una bella novità per me. |
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5
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Non penso ci sia bisogno di ribadire il concetto. |
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4
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grandissimo disco - grandissimi suoni |
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3
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Quoto il commento qui sotto di Enry...uno dei migliori death album dell'anno appena trascorso...e personalmente forse quello che mi e' piaciuto di piu nella sua totalita'... Quando lo sparo a tutto gas nelle casse dell'auto e' una goduria! ..e cmq quando rallentano puzzano di Hellhammer - primi Celtic Frost che e' uno spettacolo...il che e' tutto dire! |
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2
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Piaciuto un botto e messo tra i miei 5-6 dischi Death preferiti del 2014. Funziona tutto, sia i brani più cadenzati che le terrificanti bordate da 2-3 minuti. Confermo recensione e voto. |
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1
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questa è roba onesta ragazzi, piazzata come "regalo" per noi che apprezziamo questo stile specifico, paradossalmente ancora lo devo sentire tutto, chiedo venia, ma quello che avevo sentito mi piaceva era tutto molto punk . io però la butto li come suggerimento pure se non leggeranno mai sto sito hahah ragazzi se voleste fare un terzo disco io consiglio di cambiare un po' le carte in tavola però per non rischiare di diventare ripetitivi aggiungete che ne so della melodia e provate a unire Death ,punk ,melodia e passaggi doom o stoner! io l'ho buttata li hahah. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Scabs 2. Bereft 3. Instinct Slaughter 4. Odious Bliss 5. Savages Arise 6. Aghast 7. The Wolves of Sin 8. Cattle 9. Dragged to Gehenna 10. Thirst for Extinction 11. Splinters
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Line Up
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Gregor Mackintosh (Voce,Chitarra) Hamish Hamilton Glencross (Chitarra) Scoot (Basso) Adrian Erlandsson (Batteria)
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RECENSIONI |
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