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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Thy Art is Murder - Holy War
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( 4441 letture )
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Rilasciato per la Nuclear Blast Records, Holy War è il terzo album dei Thy Art is Murder, che arriva a tre anni di distanza da Hate, album che ha permesso agli australiani di farsi conoscere e apprezzare definitivamente a livello mondiale.
Chi aveva storto il naso con il precedente album, difficilmente cambierà opinione sul nuovo lavoro degli australiani; Holy War, e lo diciamo da subito, è il naturale proseguimento di quanto fatto nel precedente album. Scordatevi per sempre la band di The Adversary, cancellatela (quasi) completamente. Le intrusioni di momenti più melodici e soprattutto l’utilizzo di arpeggi dalle atmosfere cupe e desolanti, entrano definitivamente nel sound dei ragazzi. In ogni singola canzone infatti, ci si imbatterà in arpeggi dissonanti atti a dare più pathos ai brani. Che questa scelta sia frutto di una voglia estrema di rendere più ricercato e particolare la proposta, non lo si mette in dubbio, ma il problema è che l’utilizzo di tali scelte è ancora piuttosto amatoriale. E appare sempre più misterioso come, specialmente negli ultimi anni, in certi gruppi ci sia questa continua voglia e fissazione del risultare ricercati e sofisticati a tutti i costi. È evidente quindi che i Thy Art is Murder si trovino ancora in una fase di transizione, che mette comunque in mostra dei cambiamenti piuttosto definitivi. Quello che agli inizi era un technical death metal moderno e pieno di derive deathcore, si è ora trasformato in un pretenzioso deathcore con leggere derive technical death vagamente “ricercato”; un male? Se da un lato è una decisione che spetta all’ascoltatore, dall’altro lato si ha a che fare con una proposta che è inevitabilmente sfociata nella monotonia e, cosa più grave, nel piattume generale, ben lontano dalla ricercatezza tanto ambita. Nonostante alcuni brani riusciti come la title-track, Coffin Dragger (che vede la partecipazione al microfono di Winston McCall dei Parkway Drive) ed Emptiness, il resto del disco sembra girare su se stesso: preparatevi quindi ad una valanga di breakdown triti e ritriti, che anziché coinvolgere, finiscono con l’essere ripetitivi e vanno ad appesantire tutto il lavoro. Non è tutto; tra le, si fa per così dire, “novità”, abbiamo un incremento di riff simil-djent non da poco.
E anche qui, scelta azzeccata? No, perché sembra di sentire sempre lo stesso riff in diverse canzoni. Arriviamo quindi al vero grande problema del lavoro: le canzoni. Non vanno, non funzionano e sono tutte troppo identiche tra loro. Non che ci si possa aspettare chissà quali improvvisazioni e strutture, ma questo dimostra come le novità del sound non siano state utilizzate a dovere. Arpeggi, djent, vaghi richiami agli ultimi Behemoth, agli ultimi Meshuggah, e nulla di tutto ciò riesce a rendere Holy War un disco anche solo minimamente riuscito? C’è qualcosa che non va, è evidente, perché con tutti questi elementi, si poteva fare qualcosa in più. Per quanto tutto ciò possa dar l’impressione di essere un completo disastro, è bene ripetere che qualcosa di buono o azzeccato è comunque presente. Il lavoro al microfono di CJ McMahon ad esempio, regala più di qualche soddisfazione in certi momenti, così come i suoi compagni riescono a tirare su le sorti del disco quando accelerano gettandosi in soluzioni più vicine al death metal. A questo, bisogna aggiungere che probabilmente, i brani avranno tutt’altro impatto in sede live, e che quasi sicuramente, complici i breakdown, daranno grandi soddisfazioni ai presenti. E sempre restando in tema di soddisfazioni, Holy War farà sicuramente contenti i fan più accaniti del gruppo e che non vogliono altro che questo tipo di sound: muscoloso, robusto, pesante e con una produzione bombastica di alto livello.
Se il terzo disco viene solitamente considerato come l’album della consacrazione, i Thy Art is Murder vengono rimandati alla prossima uscita. Non tutto è perduto però, e chissà che con il passare del tempo il gruppo riesca a dare una forma più completa al sound “ricercato” in cui si è gettato. Aldilà di ogni pregiudizio che solitamente si ha verso gruppi di questo tipo, va detto che, paradossalmente, Holy War appare “interessante” per capire come si muoveranno gli australiani, che pur fallendo, sembrano decisi a voler mutare a tutti i costi. Ma forse il problema è proprio questo: voler cambiare a tutti i costi.
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3
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Pensavo peggio però non è così male. Il meglio arriva con dear desolation. 80 |
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2
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Purtroppo non riescono a tornare a fare cose simili a quel monolite che era The Adversary, tuttavia album buono sicuramente meglio di Hate che a forza di breakdown aveva davvero affossato le palle sotto terra, qui almeno si ha un piccolo miglioramento nella struttura canzone, buone le prime 4, poi si va a perdere nei soliti clichè senza però essere ripetitivo quando l'album precedente, voto 70. |
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1
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"Chi aveva storto il naso con il precedente album, difficilmente cambierà opinione [...]. Scordatevi per sempre la band di The Adversary, cancellatela (quasi) completamente." un estratto sacrosanto dalla recensione, ho ascoltato il disco con flebili speranze e volevo strapparmi le orecchie, una noia mortale ancora peggio di Hate (che già ritenevo un album meno che infimo). Meglio lasciarli perdere definitivamente. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Absolute Genocide 2. Light Bearer 3. Holy War 4. Coffin Dragger 5. Fur and Claw 6. Deliver Us to Evil 7. Emptiness 8. Violent Reckoning 9. Child of Sorrow 10. Naked and Cold
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Line Up
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CJ McMahon (Voce) Andy Marsh (Chitarra) Sean Delander (Chitarra, basso) Lee Stanton (Batteria)
Musicisti ospiti:
Winston McCall (Voce su Coffin Dragger)
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RECENSIONI |
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