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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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Thy Art Is Murder - Godlike
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29/11/2023
( 1388 letture )
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Thy Art Is Murder, WTF?
Ha dell’incredibile quanto successo il 23 settembre, appena un giorno dopo l’uscita del nuovo disco Godlike: la band annuncia infatti sui propri canali social di aver licenziato CJ McMahon, vocalist fin dall’esordio The Adversary (2010) nonché uno degli artisti deathcore a suo modo più iconici e discussi dell’intera scena. Tra complottismo, no-vax e sparate varie il frontman non si è mai fatto mancare nulla e in un’epoca digitale sotto la lente del politically correct le esternazioni di cattivo gusto possono davvero costare molto caro, non in ultimo l’aver pubblicato contenuti anti-transgender integrati da alcune frasi a dir poco disdicevoli. Gli altri membri del gruppo hanno evidentemente considerato questo ennesimo scivolone come la goccia che fa traboccare il vaso e dunque, ormai stufi del balotelliano CJ, si sono visti obbligati a dargli il benservito e lui, inutile sottolinearlo, non l’ha presa bene invitando tutti a “ bruciare fino alla morte”.
Una storia di una tristezza infinita e una macchia pesantissima sulla reputazione degli australiani, quantomeno ambigui nel tempismo delle dichiarazioni (come mai hanno aspettato il post-release dell’album?) e responsabili inoltre di un caos mica da ridere. Sì perché fino al loro comunicato nessuno aveva la minima idea di quanto stava accadendo e diverse testate metal, nel recensire in anteprima la versione fisica, hanno sentito il lavoro con CJ M. dietro al microfono, altri (noi compresi), dovendo aspettare la digital release, si sono trovati dinnanzi alle vocals di Tyler Miller, il sostituto chiamato a ri-registrare l’operato dello scomodo predecessore. Il cantante degli Aversions Crown ha quindi agito in segreto colmando il buco e mascherando la fuoriuscita di McMahon, irato per aver appreso la notizia sui social network come un fan qualunque; non è ancora noto se le parti andranno per vie legali, sta di fatto che entrambe si sono rese loro malgrado protagoniste di un episodio negativo dal quale sarà complicato uscire senza ripercussioni ulteriori.
Sospendendo in via eccezionale il giudizio numerico (a che pro una cifra davanti a una versione originale “abortita” e una seconda ri-registrata ingannando capziosamente pubblico e addetti ai lavori?), ci limitiamo a dire che il Godlike 2.0 con Miller alla voce sarebbe pure un full-length degno di nota, prodotto e suonato con grande competenza aumentando quindi il rammarico per la situazione venutasi a creare.
Il deathcore dei Thy Art Is Murder, spoglio di orchestrazioni e cyber-elettronica, resta cupo e intransigente, basato sulle scosse cicliche dei blast-beat e l’impatto saturo dei breakdown, mentre le chitarre si alternano richiamando accenti groove e non disdegnando passaggi di tecnica misti a ricami puliti in fase ritmico-solista; le tracce inoltre, calate in un’atmosfera generale fredda e austera, a livello di sensazioni paiono echeggiare gli algidi contesti e la severa melodia degli ultimi Whitechapel/Fit For an Autopsy, una maniera d’intendere lontana anche solo dall’approccio “euforico” e sanguigno di pezzi come Death Squad Anthem o la roboante Make America Hate Again da Human Target (2019). L’ovvio punto dolente concerne il reparto vocale, orfano (ribadisco, solo nelle edizioni digitali) dell’imbizzarrito CJ McMahon, uno che fa disperare tutti per i suoi atteggiamenti (tipo CM Punk nel wrestling) ma di cui non si può negare l’abilità dietro al microfono e il carisma, doti appartenenti ad un vero frontman con il quale identificare al volo una band. Purtroppo il rimpiazzo Tyler Miller, chiamato in fretta e furia all’avvicendamento, non ha avuto il tempo (o il coraggio?) di modellare il proprio timbro in funzione di una musica e di testi già pronti e dunque ha optato per una scelta “conservativa”, non allontanandosi troppo dal modello originario. La sua prova offre un campionario harsh di tutto rispetto (dallo scream al growl alle frequenze “aspirate”), eppure la vorace arroganza e la maggior profondità gutturale dell’ex, bisogna dirlo, sono di un altro spessore e in un eventuale confronto l’ago penderebbe dalla parte di quest’ultimo. Nonostante le problematiche evidenziate, Godlike non deve mancare negli ascolti 2023 a tema deathcore e il perché lo si trova fin dall’opener: Destroyer of Dreams (titolo alla Lorna Shore, liriche e gravitas whitechapeliane) è un muro abbattuto dalle sferzate delle chitarre e dalle catchphrase pre-breakdown, utili a far detonare il pogo in sede live (this world is hell’s for the taking e soprattutto hear comes the beat of the war drum non faranno prigionieri in tal senso). Ancora più famelica Blood Throne, varcata sotto pelle da glitch industrial e innalzata dalla selvaggia presa dell’adrenalinico refrain; qui Miller spacca davvero e, immaginandoci il pit in fermento, accogliamo di buon grado l’invito di Join Me in Armageddon perdendo in seguito la testa al cospetto di Keres, deathcore dall’ipertrofico animo groove sublimato da un ritornello che farà sfaceli nel dinamitardo botta e risposta dal vivo. Identificato l’hit single, Everything Unwanted concede alcuni ragionati istanti di “pausa atmosferica” in mezzo alla solita orda di blast-beat e rimbombi in breakdown mentre la cruda Lesson in Pain, al di là di un glaciale intervento solista, deve soccombere alla trapanante compressione delle chitarre e alle minacce apocalittiche delle harsh vocals. Gonfio e sconquassante l’oscuro vessillo omonimo Godlike (embrace the beast inside you), spiragli di luce con uno stacco quasi “recitativo” in Corrosion, il growl più calcato della scaletta nella malvagia Anathema e al termine ecco l’inatteso cambio di registro attuato da Bermuda, percorsa da una viva aura melodrammatica e da un ritmo di batteria più quadrato che accompagna le sfumature unclean del vocalist, qui capace di far trasparire un pathos emozionale da cui sarà indispensabile ripartire fin dal prossimo album.
Tirando le fila del discorso, è probabile che Godlike verrà ricordato maggiormente per la storia di contorno e non per la musica in senso stretto; un vero peccato ma, dopotutto, l’autogol se lo sono fatti CJ in primis e la band. Agli ascoltatori nelle cuffie resta un bell’esercizio deathcore o, se volete, un “album in seconda” in grado comunque di far pensare ad un futuro in crescita vista la qualità globale dei brani e, con una situazione più tranquilla, anche Miller avrà l’occasione di affrancarsi dall’ombra del rivale e incidere ancor di più a livello di personalità e individualizzazione canora. Una curva molto larga quella presa dai Thy Art Is Murder anche se, per loro fortuna, hanno evitato il fuoripista: vedremo adesso come pianificheranno la ripartenza loro e McMahon, ambedue protagonisti del colpo di scena deathcore più clamoroso del 2023.
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3
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Al di là di ció che non è musica, di cui ho un mio parere e non o bisogno di proclamarlo in questa sede per creare dell’inutile fuffa, l’album è molto buono, se non uno dei migliori dei TAIM, c’è da dire che la versione CD è nettamente superiore, e come ben descritto da Indigo, il new vocalist ha cercato di scopiazzare fin troppo CJ.
La cosa divertente fu che il giorno dell’uscita, mentre aspettavo di ricevere il CD, ascoltai la versione digitale, e fin dall’inizio notai qualcosa di strano, pensavo semplicemente CJ avesse deciso di avere una tonalità meno bassa del solito, poi il giorno dopo..
Comunque album molto buono, peccato per tutto il dramma uscito intorno ad esso. Voto 77 |
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2
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Avrei voluto sentire la versione con CJ invece di quella dei "They/Them art is murder". Compagni di band e management imbarazzanti per non dire altro. Onore a CJ che preferisce rimanere vero in un panorama metal ormai piegato all'ideologia dominante, perdendo l'attitudine anticonformista degli albori. |
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1
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Degna fine per un essere del genere, spero vadano avanti! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Destroyer of Dreams 2. Blood Throne 3. Join Me in Armageddon 4. Keres 5. Everything Unwanted 6. Lesson in Pain 7. Godlike 8. Corrosion 9. Anathema 10. Bermuda
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Line Up
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Tyler Miller (Voce, re-recorded album version) Chris “CJ” McMahon (Voce, original album version) Andy Marsh (Chitarra) Sean Delander (Chitarra) Kevin Butler (Basso) Jesse Beahler (Batteria)
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RECENSIONI |
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