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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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12/03/2016
( 1246 letture )
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Al contrario di quanto sembra indicarci il titolo, questo disco non sarà certo immortale nel panorama metalcore degli ultimi anni. I giovani astanti dell’Ohio, uniti nel 2006, ritornano sulle scene dopo un giro di rivoluzione completo del nostro pianeta, infatti sono passati circa 365 giorni da Rise of the Lion ed i nostri sono di nuovo nei negozi con questa loro ultima fatica, Deathless. Non che di fatica ne abbiano fatta moltissima, ma tant’è. Il titolo mette la giusta carica, quindi sono fiducioso sul contenuto ed inizio ad ascoltare. La traccia che apre il disco non delude, è veloce e ben ritmata. Il riff portante è una martellata di sanissima rabbia e lo scream si amalgama bene con la sua andatura. Poi però inizia quella lunga ed indigesta catena di breakdown, interrotta da un tipico ritornello di metalcore melodico che più melodico e più tipico non si può. La nota positiva in questa traccia è l’assolo breve ma intenso, come un caffè ristretto dopo qualche sorso di cioccolata calda fin troppo dolce. La sostanza non cambia con la traccia successiva, ritmo veloce e rabbia inframezzati da ritornelli da diabete immediato, con un drumming efficace. Da sottolineare infatti l’ottimo lavoro dietro le pelli di Jerod Boyd, preciso e martellante senza troppe pause. Menzione d’onore alla traccia numero 3 Psychotic Romance, oscura e cadenzata al punto giusto, una sorta di ballata d’amore di stampo deathcore senza fronzoli e con un testo dignitoso ed originale sui demoni di un amante.
You’re all I have to bring me back to life when I let go of all I am You set me free when my mind strangles me.
Un altro pezzo da 90 è Empty Promises dal titolo quanto mai banale e già sentito, ma dal contenuto azzeccato; riff portante variegato ed originale stile As I Lay Dying in Shadows are Security batteria potentissima ed ossessiva, voce, pulita e leggermente meno stucchevole del solito. La miscela tra metalcore leggero e death sembra qui risultare più fluida, più credibile. L’inizio di The Artificial sembra riportare chi ascolta a lidi melodic death metal, ma si perde in un riffing generico e in un ritornello senza pretese. Le scelte musicali si rifanno più interessanti nella traccia finale, dal contenuto denso e deciso senza mai pesare troppo. Le chitarre si intrecciano in fraseggi delicati, specialmente nel ritornello, la voce pulita le accompagna a dovere, i breakdown esasperati si fanno da parte. La presenza di linee melodiche ricorda tanto la scena estrema in Svezia ed affini, che pur aggraziando un genere spesso estremamente pesante non perde un briciolo di brutalità.
Sostanzialmente, in questo disco non troviamo niente di nuovo sotto il sole. Eppure i ragazzi ci sanno fare, perché come abbiamo visto alternano brani facili facili (Arise è al limite con il metalcore zuccheroso di più bassa lega) ad altri più complessi, con ritmiche serrate prese in prestito da generi ben più pesanti come il deathcore ed il death metal vero e proprio (vedasi la sfuriata nel bel mezzo di I.H.E.). Tralasciando per un attimo le questioni legate alla musica e alla composizione, i testi e gli argomenti sono spesso un grande problema. Le tematiche adolescenziali abbondano fino a stancarci, il motto è odio-tutti-voi-non-potete-capire-quindi-faccio-casino e via dicendo, i luoghi comuni sono la prassi ed affossano il livello di molti brani che hanno già il problema di essere infarciti di riff e breakdown senza la minima inventiva.
Qualcuno può obiettare quindi che questo lavoro non ha niente di innovativo e non avrebbe torto, ma chi cerca rivoluzioni non compra certo un disco di metalcore moderno di un gruppo come questo. Quando si preme il pulsante play del lettore sappiamo già benissimo che i nostri giovani americani ci presenteranno un lavoro dignitoso ma ben fedele ai canoni del genere proposto. D’altronde i fan vogliono anche questo, riconoscersi nei tratti fisiognomici di un gruppo che apprezzano e che vanno volentieri a vedere live, occasione in cui le giovani realtà del filone –core danno il loro meglio, circondati dall’affetto e dal sudore dei seguaci pronti a circle pit e walls of death. Se quindi avete una grande passione per questo genere, date un ascolto a questo disco. Se invece volete novità ed aria fresca anche internamente ad un genere che non brilla per inventiva, questi giovanotti non sapranno soddisfare la vostra sete di musica nuova e originale. Il consiglio è quello di rivolgere l’attenzione altrove, salvo essere fan sfegatati del metalcore moderno il cui cuore batte in sintonia con le vibrazioni dei breakdown.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. I.H.E. 2. Trust My Heart (Never Hope to Die) 3. Psychotic Romantic 4. Deathless 5. Bastards Left Behind 6. Arise 7. Turn Back the Time 8. Empty Promises 9. The Artificial 10. Born From Nothing
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Line Up
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Levi Benton (Voce) Justin Aufdenkampe (Chitarra) BJ Stead (Chitarra) Ryan Neff (Basso, Voce) Jerod Boyd (Batteria)
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