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Highlord - Hic Sunt Leones
30/07/2016
( 1894 letture )
Dovendo citare i nomi dei gruppi power di più grande tradizione e presenza sulla scena nazionale, quello degli Highlord deve necessariamente essere compreso nella lista. Attivi “since 1997”, dapprima come Avatar e poi con l’attuale moniker, i torinesi hanno prodotto in carriera sette album, oltre a quello oggetto del presente scritto, ponendosi come una delle realtà più longeve del settore. Attraversati quasi quattro lustri ed assestata più volte la formazione (anche nell’anno corrente, con Marco Malacarne dai Soul Mask a rimpiazzare in corso d’opera Francesco Lombardo ed autore di tutti gli assoli di chitarra) i Nostri arrivano all’ottava fatica ufficiale, intitolata Hic Sunt Leones, dopo il passaggio alla Massacre Records. Il tutto dopo aver trovato un nuovo equilibrio musicale che propone un gruppo dal suono forse più asciutto, ma anche più diretto ed efficace.

Registrato, mixato e prodotto dal bassista Massimiliano Flak -autore anche della copertina- e mixato da Tony Lindgren presso i Fascination Street Studios, Hic Sunt Leones presenta una produzione adeguata alle necessità, tranne forse il suono troppo compresso di alcune parti di batteria, che ne compromettono parzialmente l’effetto nei passaggi più aggressivi. Inoltre, la presenza di due ospiti quali Apollo Papathanasio, (Firewind, Spiritual Beggars) e Linnéa Vikström dei Therion, rendono l’album sulla carta più interessante. A proposito delle parti vocali va segnalato come, oltre a quelle cantate da Andrea Marchisio, ve ne siano anche in growl firmate dal batterista Luca Pellegrino. Queste ultime risultano comunque a tratti perfettibili. Hic Sunt Leones, motto latino che indicava zone inesplorate e/o delle quali non si sapeva nulla o quasi, non si presenta sul mercato quale concept vero e proprio. Tuttavia, i vari brani seguono un filo conduttore generale riguardante, appunto, la presenza dell’ignoto nella vita di tutti i giorni e gli effetti che può avere sull’esistenza umana su vari piani. L’album mostra una band matura e coesa, fatto non scontato vista la formazione ancora una volta mutata, ed una scaletta composta da undici pezzi equilibrati in ogni loro componente. Rispetto al passato tutto fila via più fluidamente ed in maniera meno avviluppante negli arrangiamenti, resi adesso più lineari ed incisivi in rapporto a quanto il gruppo proponeva agli inizi. In generale, gli Highlord risultano ora più aggressivi nell’uso delle chitarre -più conclamatamente heavy- e delle tastiere, qui rese in maniera diversa rispetto al passato a causa di precise scelte produttive. Dopo una intro strumentale, One World at a Time mette subito le carte in tavola con un heavy-power melodico, ma roccioso, durante il quale si può già ascoltare la voce di Linnéa Vikström dare man forte a Marchisio e Pellegrino. Più controllata ed oscura Be King or Be Killed, dotata di un buon ritornello e nella quale le varie componenti produttive prima segnalate vengono fuori in maniera evidente. Più heavy Let There Be Fire (con la presenza di Apollo Papathanasio), mentre la coppia Hic Sunt Leones/Wrong Side of Sanity rappresenta probabilmente il momento migliore del disco in quanto ad equilibrio formale tra la vena heavy/power della band e la capacità di indovinare arrangiamenti e chorus riusciti. Specialmente per quanto attiene alla seconda, potenziale hit dell’album in ottima simmetria tra le componenti dark, heavy, power ed epic degli Highlord. BPM in netto calo con Feathers to a Bird, power-ballad che scorre via con discrezione, mostrando una piacevolissima chitarra acustica. Tensione che risale immediatamente con Warmight, più tipicamente power nell’impostazione ed al netto di quella tendenza maggiormente spontanea che marchia il lavoro. Divertente la vena heavy di stampo americano anni 80 che viene fuori irrefrenabile con I’ve Chosen My Poison, vero amarcord del periodo indicato. Questa, però, viene rapidamente dimenticata a causa del ritorno su binari più densi di pathos provocato da Once Were Immortal. Ciò prima di chiudere con Full Circle, fiera e sentita cavalcata power, utile per lasciare un bel ricordo di Hic Sunt Leones all’ascoltatore.

La versione 2016 degli Highlord esibisce un gruppo più interessato ad “arrivare” subito al pubblico, più concreto, solido e facile da interpretare e, di conseguenza, meno sinfonico di quello di un tempo. Il tutto porterà presumibilmente ad una variazione nella composizione percentuale del loro pubblico, con l’accrescimento di quelli interessati a soluzioni produttive e ad interpretazioni più moderne e ad una diminuzione di quello proveniente dagli anni 90/inizi 2000. Più interventi aggressivi di chitarre e tastiere, una generale semplificazione degli arrangiamenti (fatto che non indica necessariamente una loro diminuita qualità, sia chiaro), ma anche la mancanza di un altro paio di hit in stile Wrong Side of Sanity a sdoganare più facilmente questi nuovi Highlord, introducendo col botto il nuovo corso; queste le prerogative positive e negative del prodotto oggetto di questa recensione. È proprio la mancanza di più hit all’interno di un contesto generale più rettilineo a costituire il rischio maggiore al quale va incontro Hic Sunt Leones, quello, cioè, di non stagliarsi con sufficiente contrasto nel panorama delle uscite di genere nazionali ed internazionali. Ma supponiamo sia calcolato.



VOTO RECENSORE
71
VOTO LETTORI
78.69 su 13 voti [ VOTA]
Raven
Lunedì 1 Agosto 2016, 13.55.35
3
Credo che la produzione sia (imperfettamente) mirata ad assecondare un nuovo corso, più immediato e meno riferibile alla prima parte della loro carriera.
Le Marquis de Fremont
Lunedì 1 Agosto 2016, 12.34.05
2
Per me, è sempre difficile comporre qualcosa di interessante (anche se non necessariamente nuovo) in questo genere power metal. Qui, anche se effettivamente la produzione è scadente, manca anche il songwriting e l'ispirazione. Si, si lascia ascoltare, qualche pezzo è anche bello ma nel complessivo non dice molto. Peccato, perché i primi album degli Highlord erano interessanti. Poca cosa. Au revoir.
Gokronikos
Domenica 31 Luglio 2016, 10.33.48
1
Il disco è bellino, da 70, ma la produzione è veramente oscena! La voce, con un eco tipo bagno che sovrasta tutto il resto è veramente inascoltabile! Peccato. Veramente una delusione per me che l'ho comprato in cd.
INFORMAZIONI
2016
Massacre Records
Heavy/Power
Tracklist
1. Time for a Change
2. One World at a Time
3. Be King or Be Killed
4. Let There Be Fire
5. Hic Sunt Leones
6. Wrong Side of Sanity
7. Feathers to a Bird
8. Warmight
9. I’ve Chosen My Poison
10. Once Were Immortal
11. Full Circle
Line Up
Andrea Marchisio (Voce)
Marco Malacarne (Chitarre)
Massimiliano Flak (Basso)
Luca “T-1000" Pellegrino (Batteria)

Musicisti Ospiti:
Linnéa Vikström (Voce nella traccia 2)
Apollo Papathanasio (Voce nella traccia 4)
 
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