|
27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
|
|
Tim Buckley - Goodbye and Hello
|
15/08/2016
( 3663 letture )
|
Tim Buckley è uno dei personaggi più complessi della storia della musica “leggera”. Il cantautore californiano intreccia, in soli 28 anni di vita, decine di piani narrativi e musicali: dal “dylanismo” spinto del disco d’esordio alla metafisica sonora di Starsailor, passando per il folk rinascimentale di Goodbye and Hello, col trait d’union costante della ricerca della massima espressività vocale.
Goodbye and Hello è, per Buckley, appunto il disco della presa di coscienza di sé, della propria debordante intensità emotiva e interpretativa. Appena ventenne, il padre del “sarà Jeff Buckley”, dà alle stampe un lavoro maturo, solido, compiuto. Le atmosfere sono sempre quelle folkeggianti e bucoliche dell’esordio, ma Buckley Senior decide di osare di più, di sfidare se stesso. Il risultato è un sound corposo, ricercato, spesso a tinte bardico-trobadoriche. Il cantautore americano pare rifarsi appunto a modelli remoti, millenari, con Dylan che già si sposta sullo sfondo (e scomparirà definitivamente dal successivo Happy Sad). La prima traccia del disco, curiosamente, è dylaniana fino al midollo. No Man Can Find the War è un contro-inno alla guerra tutto sommato classico, declamatorio e massimalista. Non siamo di fronte a una delle vette dell’opera, pur se il brano ebbe all’epoca un certo successo nella frangia hippie più immalinconita. La successiva Carnival Song ha invece una patina da ballad dadaista (sul genere di quanto faranno qualche anno più tardi band art-rock come i Caravan e solisti postmoderni come Kevin Ayers). Pleasant Street è a metà tra l’acid-rock californiano (Grateful Dead, David Crosby) e, in un cortocircuito temporale e familiare, i brani più erotici di Jeff Buckley. Se Tim Buckley fosse italiano, potremmo definire Hallucinations una canzone alla Branduardi. Con I Never Asked To Be Your Mountain, invece, arriva il picco emotivo e concettuale dell’opera. È un sofferto, ma risoluto, addio alla compagna Mary Guibert (madre di Jeff), concepito come incalzante climax sonora spiraliforme; ondata dopo ondata, Buckley esorcizza l’amore e si riappropria di sé. Il brano è rivoluzionario nel suo essere amorfo e acefalo, vero e proprio flusso di percussioni ataviche, accordi di chitarra martellanti e virtuosismi vocali onirici. Qui, per la prima volta in modo compiuto, appare il navigatore delle stelle – in voce, ossa e sangue – che con Starsailor consegnerà alla musica uno dei più grandi dischi del ventesimo secolo. È solo un esperimento, per quanto riuscito, perché già dalla successiva Once I Was Buckley torna sulle coordinate più rassicuranti del folk classico. Phantasmagoria in Two azzecca un’accoppiata melodia vocale-contrappunto strumentale da brividi e rivela nuovamente le mastodontiche doti compositive del californiano, soprattutto se rapportate ai suoi vent’anni di allora. Il famoso critico Piero Scaruffi, peraltro, definì questo brano come "la più bella canzone d'amore di tutti i tempi. Knight-Errant è un divertissement bardico à la De André: medievaleggiante, scanzonato e malinconico. Il fatalismo di Goodbye and Hello riecheggerà in Epitaph dei King Crimson e in tutto il cantautorato “profetico” successivo, pur se l’eccessiva spregiudicatezza e durata della composizione la appesantiscono non poco. Si spengono le luci con l’eterea Morning Glory, una chiusura sospesa e melanconica che già lascia presagire tormentosi sviluppi futuri.
Tim Buckley, nel giro di quattro anni, rivoluzionerà la storia del cantautorato. Poi collasserà su sé stesso, come la più bella supernova della storia della musica, morto a soli 28 anni per aver troppo a lungo vagato nell’oceano delle stelle.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
7
|
Ogni volta è un ascolto struggente. Che artitsta, che voce, che canzoni. |
|
|
|
|
|
|
6
|
Questo album è da 100. Di Tim mei sono ascoltato questo, Happy Sad, Grretings From LA e Starsailor. Sono tutte delle pietre miliari |
|
|
|
|
|
|
5
|
Spero di entrare nello staff e di poter recensire Starsailor. Questo si becca un bell'85. Il meglio arriva dopo eheheheh |
|
|
|
|
|
|
4
|
Gran bel disco. Anche se a parere mio le cose migliori Tim doveva ancora farle. Qui era ancora legato ad un folk rock relativamente canonico...i capolavori arriveranno con i successivi "Happy Sad", "Blue Afternoon" ma soprattutto "Lorca" e "Starsailor". Comunque, a questo do un 80. |
|
|
|
|
|
|
3
|
Mi manca, come ho già scritto altrove, i dischi di Tim Buckley che conosco sono ben altri. Prima o poi rimedierò. |
|
|
|
|
|
|
2
|
Per me, una delle più belle raccolte di canzoni mai pubblicate. |
|
|
|
|
|
|
1
|
Al momento questo è l'album di Tim Buckley che mi piace di più. Quelli più blasonati (Starsailor, Lorca...) ancora non mi hanno coinvolto, ma ammetto di averli ascoltati sempre molto superficialmente. Per contro adoro No man can find..., il valzer psichedelico di Carnival song, Pleasant Street ove la sua voce vola altissima e Phantasmagoria in Two. Bello il finale della recensione "troppo a lungo vagato nell’oceano delle stelle" che è una forma poetica per dire "a causa dell'abuso di eroina è morto di overdose". 78 |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. No Man Can Find the War 2. Carnival Song 3. Pleasant Street 4. Hallucinations 5. I Never Asked to Be Your Mountain 6. Once I Was 7. Phantasmagoria in Two 8. Knight-Errant 9. Goodbye and Hello 10. Morning Glory
|
|
Line Up
|
Tim Buckley (Voce, Chitarre, Kalimba, Vibrafono) Lee Underwood (Chitarra) John Farsha (Chitarra) Brian Hartzler (Chitarra) Jim Fielder (Basso) Jimmy Bond (Contrabbasso) Don Randi (Armonica) Jerry Yester (Piano, Organo, Armonium) Carter Collins (Congas, Percussioni) Dave Guard (Kalimba, Tamburello) Eddie Hoh (Batteria) Jim Gordon (Batteria)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|