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Winterfylleth - The Dark Hereafter
01/10/2016
( 3488 letture )
Formazione facente parte di una scena britannica dedita ad un intrigante black a tinte atmosferiche -che annovera tra le proprie fila nomi quali Saor, Wodensthrone e Fen, solo per citarne alcuni- i Winterfylleth ci avevano lasciato nel 2014 con quello splendido affresco impressionistico quale fu The Divination of Antiquity. Il loro atteso ritorno sulle scene, segnato da The Dark Hereafter, si ammanta, anzitutto a livello lirico, di tinte decisamente più fosche rispetto all’immediato passato. Il full-length si sostanzia difatti dello straniamento delle forme di vita contemporanee, scosse dall’incertezza di un fato saldamente nelle mani dei conglomerati oligarchici. Esso frequenta ed abita quello stesso disagio proprio dell’umanità, condannata a ripercorrere i medesimi errori poiché incapace di decifrare quella sapienza che è tutta impressa nel volto delle passate generazioni. Il fiero ritorno alle origini, il naturalismo, il quieto abbandonarsi nelle spire della foresta, tra la quiete del sottobosco sono qui non già il punto di partenza della produzione bensì l’esito, a ritroso, della via dolorosa intrapresa dai nostri.
Tutto ciò informa parimenti la componente strumentale dell’ultima creatura della combo di Albione. Anzitutto l’album radicalizza due linee di tendenza già parzialmente emerse con The Divination of Antiquity. In primis le composizioni risultano in minor misura essere sezioni di un continuum fluente e coeso, acquisendo una forma canzone ben più definita. Assistiamo in secondo luogo ad una semplificazione ancora più radicale della componente più folk e dilatata del sound dei nostri, qui ridotta ad un flebile eco rispetto a quanto avveniva nei primi lavori. Ne consegue un minutaggio meno imponente rispetto allo standard cui ci avevano abituato il combo: The Dark Hereafter consta difatti di cinque tracce, dipanantesi in quaranta minuti netti di musica.

L’esordio del platter è affidato alla titletrack, dal riffing veloce ed impetuoso, cui sono sottese intriganti linee melodiche, sostenute da una sezione ritmica robusta e spinta in blast beat che si dilatano soltanto sporadicamente. Vellutate progressioni chitarristiche in chiave minore, interrelate successivamente con il riff che fa da leitmotiv della traccia, disvelano la successiva Pariah's Path. Quest’ultima -già apparsa come bonus track nella limited edition del precedente full-length e qui presente in veste rinnovata-, pur essendo ritmicamente incalzante, risulta penetrata in misura maggiore da incursioni melodiche restituenti una maggiore ariosità, sino alla conclusione, temperata da un arpeggio che si staglia sullo sfondo di un coro soffuso. Ensigns of Victory si apre invece con un riffing dagli echi post-rockeggianti, sapientemente intercalati a movenze a carattere più grave e solenne. Ed è con Green Cathedral -brano più esteso e multiforme del platter- che riaffluiscono nel songwriting dei nostri quegli afflati che, sino a questo momento, avremmo creduto essere ridotti a corrente carsica. Essi splendono nell’ampio rilievo dato a campionature e chitarre acustiche nella prima parte del brano, nel drammatico incedere delle ritmiche -non più sospinte in vorticosi up-tempo- e, in ultimo, nella conclusione annegata nello splendido arabesco cui danno luogo gli strumenti cordati, cori ed un’intensissima interpretazione vocale. La traccia riesce nell’intento di portare a sintesi le tensioni che trafiggono, da un capo all’altro, il tessuto di The Dark Hereafter, brillando per l’incantevole intreccio delle linee chitarristiche armoniosamente compenetranti la trama della composizione. Lo spoken words in cui si esaurisce il brano ci conduce nella conclusiva Led Astray in the Forest Dark. I fan degli Ulver avranno sin da subito fremito: ci troviamo difatti al cospetto di una cover dell’incipit di Bergtatt ovvero Capitel I: I Troldskog Faren Vild di cui i nostri offrono una meravigliosa interpretazione. E del resto l’artwork stesso tradisce una certa fascinazione nei confronti di quel capolavoro vergato da Garm e soci.

Sebbene The Dark Hereafter possa apparire in parte eterodosso rispetto alla produzione precedente dei Winterfylleth, conserva un songwriting efficace e convincente, in grado di dar forma e sostanza a brani avvincenti ed eleganti. Pur avendo dunque fornito al proprio lavoro un carattere marcatamente greve e robusto la band, forte di un’indubbia maturità artistica, riesce a dar luogo ad un lavoro apprezzabile tanto dai fan di lunga data della formazione quanto da chi si accosta per la prima volta ad una delle loro creazioni. Nonostante ciò non si può non rilevare come il materiale qui presentatoci sia quantitativamente molto esiguo -le tracce totalmente inedite sono difatti soltanto tre- al punto che abbiamo l’impressione di aver tra le mani un EP, cosa che, pur non inficiando la qualità delle tracce, lascerà l’amaro in bocca a chi si aspettava un lavoro di più ampio respiro.



VOTO RECENSORE
s.v.
VOTO LETTORI
99 su 1 voti [ VOTA]
Le Marquis de Fremont
Mercoledì 2 Novembre 2016, 13.22.06
2
Primo disco che ho ascoltato dopo il rientro in Europa. Ne valeva la pena! Le atmosfere e la costruzione dei brani, come sempre per questo interessantissimo gruppo, sono assolutamente emozionanti. Bellissima la nuova versione di Pariah's Path che già conoscevo dal precedente album ma il pezzo migliore è indubbiamente Green Cathedral. Peccato, come sottolineato nella ottima recensione, la breve durata dell'album. Ho parecchie altre cose da ascoltare ma questo girerà spesso nei miei device. Au revoir.
Doomale
Domenica 2 Ottobre 2016, 13.19.14
1
Ieri ho sentito la prima traccia, molto bella e aggressiva come piace a me...oggi mi ci metto per bene su tutto l'album. Sorpresa la cover degli Ulver ( i primi Ulver gli unici che mi piacciono)...non me ne ero accorto! Comunque di loro devo apprfondire un po' tutto...ho solo lo split con i Drudkh, ma comunque li ritengo nettamente migliori delle altre band albioniche da te citate, troppo imbastardite musicalmente parlando. Spero in un buon album di pagan Black!
INFORMAZIONI
2016
Candlelight Records
Black
Tracklist
1. The Dark Hereafter
2. Pariah's Path
3. Ensigns of Victory
4. Green Cathedral
5. Led Astray in the Forest Dark
Line Up
Christopher Naughton (Voce, Chitarra)
Dan Capp (Chitarra, Voce)
Nick Wallwork (Basso, Voce)
Simon Lucas (Batteria)
 
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