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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Ulcerate - Shrine of Paralysis
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20/12/2016
( 4306 letture )
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Vi è sempre un’attesa spasmodica quando c’è in ballo un nuovo full degli Ulcerate, e non è assolutamente un caso o un fatto immeritato. È ormai da Everything is Fire che i neo zelandesi stupiscono gli ascoltatori con album sempre ottimi ed è quindi un interesse pienamente meritato quello che si crea attorno al trio.
Restando fedeli al sound apocalittico che con il passare del tempo hanno reso sempre più personale, dando il via anche ad una buona schiera di gruppi che si ispirano a loro, i tre musicisti continuano il loro percorso musicale fatto di dissonanze, ritmi sincopati, aggressività e da quel senso di distruzione imminente che caratterizza tutte le loro uscite. Aspettatevi quindi una valanga di riff dissonanti, con chitarre che seguono vie diverse per poi ricongiungersi ed una quantità di momenti diversi in ogni brano. Si ha sempre a che fare con canzoni lunghe (non si scende mai sotto i sette minuti e si sfiorano i dieci), complesse e studiate in ogni minimo dettaglio; anche i più piccolo armonici posizionati al momento giusto hanno un loro perché ed uno scopo, non dimentichiamolo. Il continuo e caotico alternarsi di blast beat a momenti in cui gli arpeggi dissonanti prendono il sopravvento su ritmiche vicine al doom rende, come sempre, l’ascolto molto ostico; come per tutti i dischi dei neo zelandesi, anche Shrine of Paralysis necessita di svariati ascolti, non solo per essere compreso, ma anche per poter cogliere tutte quelle sfumature nascoste che ad un primo ascolto non vengono notate. È ad esempio fondamentale il basso del leader Paul Kelland, che grazie ad un suono corposo e distorto riesce a donare volume ed aggiunge ulteriore pesantezza al sound generale. La chitarra di Hoggard è poi qualcosa d’impressionante: immaginate anche solo per un attimo quante tracce di chitarra sono state registrate per un singolo pezzo, e soprattutto pensate a che inventiva bisogna avere per fare in modo che ogni brano si distingua dagli altri. Ma questa volta, o meglio, specialmente questa volta, grande risalto viene dato alle sezioni più soliste (End the Hope); gli stessi musicisti hanno dichiarato di voler realizzare un disco più melodico. Ora, capite bene che il concetto di “melodico”, è del tutto particolare per un gruppo come gli Ulcerate, ma è evidente come le sezioni soliste diano un tocco più armonico al tutto, ricordando in modo particolare le soluzioni degli Immolation. Il gruppo si rivela bravo anche a smorzare la tensione e far respirare l’ascoltatore non solo con l’utilizzo di sezioni più tranquille e meno impetuose, ma anche grazie ad un intermezzo strategicamente inserito a metà disco (Bow to Spite), ma anche qui, tenete sempre a mente di chi si sta parlando. In un contesto sonoro simile, non poteva di certo mancare un batterista superlativo come Jamie Saint Merat, stupefacente come pochissimi altri batteristi; non parliamo solo di velocità, ma di vera e propria composizione, di capacità di saper comunicare qualcosa e saper arricchire a dovere i brani tramite le pelli.
Sapete insomma a cosa andate incontro, ed è ormai appurato che i nostri non siano più “quelli che suonano come i Gorguts/Deathspell Omega”, ma che abbiano anzi sviluppato un approccio tutto loro. Più catastrofici, più macchinosi dei gruppi citati, e in grado di ricreare il suono di due pianeti che si scontrano. Un disco in cui è veramente difficile trovare un punto negativo, e al massimo, potremmo dire che rispetto alle altre uscite, Shrine of Paralysis sembra ancora un po’ troppo attaccato a Vermis, che invece si distaccava completamente dal suo predecessore. Una piccolezza, perché ancora una volta si ha a che fare con un disco da top ten.
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8
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Band immensa..discografia da paura, anche l' ultimo e' micidiale |
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7
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Band immensa..discografia da paura, anche l' ultimo e' micidiale |
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6
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Questi ragazzi non hanno mai sbagliato un disco. Personalmente lo trovo un gradino inferiore a Vermis e The destroyers of all, ma anche qui il livello è comunque altissimo. Spero arrivi presto la recensione dell'ultimo Stare into death and be still |
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5
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Come sempre, ottima colonna sonora per la fine di questo malato mondo. |
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4
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Una band a dir poco devastante, per ciò dimostrato in questo disco, ovviamente, ma anche come loro immaginario, stile e composizione! Interessante anche il fatto che siano della Nuova Zelanda! Relapse con questi ha fatto un colpaccio, voto 90! |
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3
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Miglior album degli Ulcerate assieme ad Everything is Fire. Io caccio il 90. Davvero una band con i controcazzi. Grandissimi |
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2
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Questo disco è stupendo!!! Anche se secondo me nello stesso filone i Gorguts sono diventati insuperabili, gli Ulcerate si piazzano subito sotto. Un'ottima annata per il Death più sperimentale!!! |
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1
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Secondo me è il migliore dopo TDOA, un concentrato di cattiveria e tecnica unito ad un gusto per la melodia che fino ad oggi non era stato mai così pronunciato. Per me voto 88 e uno dei dischi da top ten del 2016 e il migliore in ambito technical death. Mostri. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Abrogation 2. Yield to Naught 3. There Are No Saviours 4. Shrines of Paralysis 5. Bow to Spite 6. Chasm of Fire 7. Extinguished Light 8. End the Hope
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Line Up
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Paul Kelland (Voce, Basso) Michael Hoggard (Chitarra) Jamie Saint Merat (Batteria)
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