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LambStone - Hunters & Queens
14/06/2017
( 3138 letture )
Tra le tante realtà italiane di quest’anno, se non altro in ambito rock, una delle più attese è sicuramente costituita dai lombardi LambStone. La band proveniente da Milano esordisce ufficialmente con questo Hunters and Queens, sebbene non sia in realtà la prima volta che si affacciano sul mercato discografico, dal momento che hanno già all’attivo un EP autoprodotto intitolato Watching Me Bleed, risalente a qualche hanno fa, e il singolo Grace che stazionò per qualche tempo su Virgin Radio.
Quello che viene suonato dalla band è un alternative rock con influenze che vanno dal post grunge al nu metal, due generi che avevano spopolato tra la fine degli anni 90 e l’inizio del nuovo millennio, il tutto però rivisto in chiave moderna, al fine di non risultare nostalgici. Anche ascoltando l’album infatti non sembra di sentire qualcosa di datato, anzi lo stile della band è caratterizzato da quel tipico rock con un’attitudine catchy e melodica, un approccio che le scorse decadi ha spopolato oltreoceano con band del calibro di Nickelback e Black Stone Cherry, quindi non c’è da meravigliarsi se già al primo impatto si ha l’impressione che la band sia destinata ad avere successo, senza contare che avere dietro un’etichetta come l’Audioglobe avrà sicuramente influito nell’aumentare l’hype attorno all’album.

L’arduo compito di rompere il ghiaccio spetta a The Sun, che spicca per freschezza e ci trascina dentro l’album facendosi ascoltare piacevolmente, nonostante il suo compito sia solo fare da antipasto per la traccia seguente, il primo pezzo da novanta dell’intero lotto. Hunting inizia con il suo incedere cadenzato secondo gli stilemi del rock, un mid tempo che più tipico non si può, strutturato da un giro di chitarra fragoroso e cassa a scandire la battuta. Certo la ritmica è il più possibile scarna ed essenziale, ma la strofa serve solo a preparare l’ascoltatore prima al refrain e poi al magnifico ritornello che si innalza maestoso per far brillare la canzone con tantissime sfumature vocali, in un saliscendi di tonalità che rapisce l’ascoltatore con la sua energia. Il culmine lo si raggiunge però, come in tantissimi altri casi, nel bridge, impreziosito da un assolo di chitarra che duetta con i vocalizzi, incastrandosi perfettamente senza che le linee vocali si accavallino tra loro. Episodio quindi che lascia il segno e fondamentale highlight del disco, così come la successiva Grace, già menzionata precedentemente e racchiusa all’interno del full lenght a due anni dal suo rilascio come primo singolo effettivo, se non altro ufficialmente. Anche se leggermente più malinconica rispetto all’opener, non perde però una stilla di energia, rendendo il livello di phatos ancora più efficace. Il testo, nichilista e decadente allo stesso tempo, manifesta la consapevolezza che nessun dio esiste ed il protagonista sfoga la sua frustrazione per aver perso tutto.

My only God in this world
Stares while I’m going under
My only God in this world
End when I’m falling from Grace
When I fall from grace


Evidente il gioco di parole, il che fa presumere che Grace sia il nome dell’amore perduto tragicamente dal protagonista, o comunque portatrice di dolore non indifferente. Il tutto viene chiuso da un altro assolo di chitarra, veloce ed incisivo, e da una singola nota di pianoforte, grave almeno quanto la situazione di cui si parla. Se ci trovassimo di fronte ad un prodotto con il mero scopo di ammaliare gli ascoltatori attraverso la radio per poi illuderli una volta comprato l’album, come accade per la maggior parte degli artisti da classifica e i tormentoni estivi, dopo due canzoni del genere all’interno del CD non resterebbero che dei brani riempitivi, per fortuna in questo caso l’esito è ben diverso poiché il valore delle tracce è abbastanza omogeneo e sorprende per continuità. Superfluo quindi fare un track by track dell’album, visto che nonostante il picco si rappresentato dai singoli tutto l’album si assesta su livelli alti, menzione particolare per la pseudo title track Queen e la splendida cover di Dust in the Wind che chiude l’album.
Dalle dieci tracce esaminate emerge in modo prepotente il timbro sensazionale del cantante Alex Di Bello, a metà tra il miglior Chad Kroegere i vocalist post grunge della scorsa decade, su tutti Sully Erna dei Godsmack e Gavin Rossdale dei Bush , giusto per rendere l’idea. Fondamentale anche l’apporto delle chitarre dei due Ancona, Dexter e Jackson, che assolvono in pieno il compito sia in fase di accompagnamento sia durante gli assoli, dove riescono ad imporsi maggiormente. Giusto rilevare, comunque, che tutti i componenti della band interpretano gli arrangiamenti nel migliore dei modi a servizio delle canzoni. Complessivamente quindi il lavoro è ben curato in ogni suo aspetto sotto la sapiente guida del produttore Pietro Forensi, già famoso per aver lavorato con artisti sconosciuti come Guns N’Roses e Red hot Chili Peppers, al fine di garantire la maggior resa possibile in ogni brano.

Tirando le somme, la band si presenta alle masse proponendo un sound efficace e consistente, che colpisce già dal primo ascolto ma che non stancherà o perderà smalto con il passare del tempo, a dispetto della sua natura orecchiabile e di facile impatto. Certo non saranno originali, ma alla fine quello che conta è la qualità, e di sicuro qui non manca. Detto ciò, la questione è semplice. Se fate parte di quella frangia di metallari oltranzisti e intransigenti, che ripudiano ritornelli orecchiabili ed hook melodici come se portassero la peste, allora questo disco vi farà lo stesso effetto di una bolletta del gas, se invece occasionalmente vi dilettate nell’ascoltare qualcosa di leggermente diverso, questo lavoro potrebbe regalarvi ben più di qualche emozione, non sarebbe quindi una brutta idea dare una chanche ad una valida band emergente iniziando a cercare l’album in negozio.
La caccia è aperta.



VOTO RECENSORE
78
VOTO LETTORI
97 su 5 voti [ VOTA]
Bepi
Mercoledì 8 Novembre 2017, 12.37.37
2
Il bassista Illo è un martello! Complimenti alla Band
LambofGooood
Venerdì 16 Giugno 2017, 13.39.42
1
Buono, molto buono....non gridiamo al miracolo ma gli strumenti sono suonati bene e le idee nn mancano voto 75... vero e pieno anche perché vedo dare 70/75 a lavori che fanno cagare!
INFORMAZIONI
2017
Vrec / Audioglobe
Alternative Rock
Tracklist
1. Sun
2. Hunting
3. Queen
4. Kingdom
5. Stronger
6. Jesus
7. Hopeless
8. Violet
9. Grace
10. Dust In The Wind
Line Up
Alex "Astro" Di Bello (Voce)
Giorgio "Dexter" Ancona (Chitarra)
Ale "Jackson" Ancona (Chitarra)
Andrea "Illo" Figari (Basso)
Andrea "Castello" Castellazzi (Batteria)
 
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