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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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Tau Cross - Pillar of Fire
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19/08/2017
( 2362 letture )
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Tau Cross atto secondo. Dopo il fenomenale esordio licenziato due anni fa dalla Relapse, la band ritorna con l’atteso secondo album. Formati nel 2013, i Tau Cross sono un vero e proprio supergruppo dai nomi altisonanti. Il perno della band è formato da Rob “The Baron“ Miller alla voce e da Michel “Away” Langevin alla batteria, rispettivamente (sempre che ci sia bisogno di dirlo) fondatori di Amebix e Voivod. Completano il cerchio Andy Lefton e Jon Misery alle chitarre, membri dei gruppi crust War//Plague e Misery, il bassista Tom Radio e il tastierista James Adams: si tratta dunque di una band che si estende su due continenti e tre paesi, composta da due illustri rappresentanti di band rivoluzionarie e geniali. Ma cosa suonano i Tau Cross? Difficile affermarlo con precisione. Il suono proposto è molto personale, polimorfo ma allo stesso tempo riconoscibile, un linguaggio nel quale convivono diverse influenze e sfumature e che non somiglia a nessun altro. L’influsso degli Amebix è innegabile, riscontrabile nelle inclinazioni più punk del suono dei Nostri, che assieme ad un heavy metal scarno e primordiale, talvolta sfociante in una sorta di proto-thrash, forma l’ossatura del Tau Cross-sound. Molte influenze provengono anche dal post punk e dalla new wave di Joy Division e Killing Joke, oltre che da un certo neo-folk. Quello che riunisce gli undici brani che compongono Pillar of Fire è il loro carattere oscuro, opaco, crepuscolare e ritualistico, anche se ciò assume poi forme assai diverse da una traccia all’altra.
Dal timido intro di Raising Golem, fino alla conclusiva What is a Man, Pillar of Fire si dipana svelando le sue preziose gemme. Il ritmo è spesso sostenuto ma sempre ragionato e controllato. Ne sono esempio l’oscura Deep State, la canzone più trascinante del lavoro, Killing the King, aperta da un riff piuttosto heavy, e la punkeggiante On the Water. Presenti anche degli episodi (semi) acustici, fra i quali spicca la stupenda title track e What is a Man . La prima sfocia nel neo-folk più cupo e rituale, mentre la seconda ha un incedere quasi doom. Entrambe sono arricchite da strumenti tradizionali e da inserti di tastiera, che si ritrovano anche in diversi altri punti di Pillar of Fire. In ogni episodio, i Tau Cross pongono un’attenzione particolare alla melodia che, sempre avvincente, prende forme svariate e cangianti, senza mai risultare banale. L’ottima produzione bilancia tutti gli strumenti – un plauso alla prova di Tom Radio, che riesce sempre a far emergere il basso nei migliori punti dei brani – e contribuisce molto alla cupezza e tenebrosità del suono, grazie anche a delle chitarre calde e melmose. Sopra tutto ciò svetta la voce di The Baron, che oscilla fra un timbro caldo e sofferto ad uno più sporcato, ma comunque sorprendentemente espressivo, che potrebbe ricordare quello di Lemmy. Il rilievo dato alla voce nel mix è indicatore dell’importanza della dimensione testuale. Le liriche, criptiche ed esoteriche, spaziano dall’occultismo alla mitologia fino a temi più politici e sociali.
Quello che più stupisce di Pillar of Fire è la capacità della band di creare atmosfere e sensazioni caleidoscopiche e atipiche a partire da elementi tutto sommato semplici: il riffing di chitarra è basilare e a tratti volutamente monotono, mentre il drumming di Away, seppur preciso, non brilla per tecnica o singolarità. Ma gran parte del fascino del presente lavoro risiede proprio qui, in un risultato davvero notevole – e non da primo ascolto – ottenuto da ingredienti semplici. È in questa caratteristica che emergono tutta la classe, la genialità e l’esperienza dei musicisti coinvolti, che hanno dato vita ad un Golem singolare ed affascinante.
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3
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secondo disco, secondo centro. voto 80 |
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2
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La musica, pur essendo un miscuglio che non mi fa impazzire, è innegabilmente valida, ma come dice jek, la "voce" è inascoltabile, una vera merda, ed è un "particolare" che purtroppo non mi fa apprezzare il tutto...per me bocciati |
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1
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Ho sentito alcune volte l'album sul tubo, effettivamente le influenze punk ci sono tutte e di più, musicalmente sono molto validi ma la voce mi è indigesta. P.S. non so se è proprio giusto inquadrarli nell'Heavy. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Raising Golem 2. Bread and Circuces 3. On the Water 4. Deep State 5. Pillar of Fire 6. Killing the King 7. A White Horse 8. The Big House 9. RFID 10. Seven Wheels 11. What is a Man
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Line Up
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Rob “The Baron“ Miller (Voce) Andy Lefton (Chitarra) Jon Misery (Chitarra) James Adams (Tastiere) Tom Radio (Basso) Michel “Away” Langevin (Batteria)
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RECENSIONI |
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