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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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01/11/2017
( 5266 letture )
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Imborghesimento da stanchezza o piuttosto coerente e matura definizione dei propri orizzonti? Tra tutte le domande che attendono pressoché inesorabilmente al varco i devoti degli artisti all’opera sotto qualsivoglia cielo espressivo, il dilemma posto dagli effetti del trascorrere del tempo sulle spinte creative degli esordi è uno di quelli a più alto tasso di rischio, tra granitici paladini della purezza originaria da un lato e sostenitori dell’inevitabilità di percorsi di trasformazione dall’altro. Al di là dell’anacronismo delle posizioni estreme, è innegabile che pretendere una surreale cristallizzazione del tempo anche anagrafico di una band diventa un esercizio del tutto fuori luogo, ma va da sé che quando la “fedeltà alle origini” riesce a confermarsi in qualche modo almeno come eco in grado di accompagnare il viaggio, il risultato è un punto di equilibrio dalle prospettive ragguardevoli, sul versante della qualità del prodotto e del godimento artistico dei fans.
Sotto questo punto di vista, il percorso degli Amenra è uno dei possibili paradigmi più rappresentativi; nati quasi vent’anni fa nel brodo (all’epoca) ancora relativamente primordiale che stava per esondare dando vita planetariamente al movimento post metal, i belgi si sono subito caratterizzati per una fortissima carica eversiva, sottolineata da un utilizzo ossessivo dell’elemento core a tormentare una materia sludge di base già tutt’altro che melodicamente orientata, per un esito dove la visionarietà era largamente scavalcata in direzione di approdi allucinati. Claustrofobia, straniamento, universi disumanizzati e materializzazioni sonore di stati di patologia mentale sono stati da allora il marchio di fabbrica di una band che ha saputo ritagliarsi uno spazio di tutto rispetto nel metal panorama, tanto da guadagnarsi sul campo la candidatura alla possibile eredità al trono dei Neurosis, se e quando (il fato voglia il più tardi possibile) i ragazzi di Oakland decidessero di lasciare ad altre capaci mani le sorti del movimento. Certo, col passare del tempo gli appuntiti spigoli core sono stati in parte smussati e si sono aperti progressivamente varchi per componenti meno abrasive e velenose, ma in tutte le prove fornite finora gli Amenra hanno ostinatamente confermato la loro predilezione per i contrasti e le dissonanze, finendo per lambire in più di un’occasione esiti addirittura industrial.
Così, goccia in un mare di uscite di cui i full length sono solo una delle modalità di espressione (e non la più quantitativamente significativa, rispetto ad EP, collaborazioni e split), la “saga” Mass giunge ora al sesto episodio, regalando l’ennesimo capitolo intriso di psichedeliche alterazioni e flash stroboscopici, con tutte le carte in regola per accontentare le schiere tutt’altro che sguarnite di estimatori ormai accampati in pari numero tra Europa e Nord America. Ma al di là di questa conferma di fondo, tante cose sono cambiate nella storia della band, a cominciare da vicende biografiche singole e collettive che non potevano non lasciare traccia anche sul pentagramma; innanzitutto bisogna sempre ricordare che i Nostri sono i capofila di un vero e proprio collettivo artistico multimediale, Church of Ra, che riunisce a cenacolo i migliori rappresentanti della scena belga (basti qui citare i nomi di Oathbreaker e The Black Heart Rebellion), a cui vanno aggiunte le esperienze soliste dei due co-fondatori Colin H. Van Eeckhout e Mathieu J. Vandekerckhove. Per singolare coincidenza (o logico contrappasso?), lontano dalla casa madre i due dei ex machina del progetto si sono distinti negli anni per eteree frequentazioni drone/ambient, dando libero sfogo, rispettivamente come CHVE e Syndrome, alle spinte meno muscolari della propria ispirazione e realizzando piccoli gioielli in cui fragilità e delicatezza si incontrano in scorci profondamente poetici. Non stupisce, allora, che in questo Mass VI gli elementi drone giochino un ruolo più decisivo rispetto al passato, ma, inseriti nel malsano calderone che distilla in servizio permanente infusi ammorbati ed ammorbanti, questi finiscono per potenziare piuttosto che indebolire l’effetto allucinatorio della pozione. Così, se pure è innegabile che negli anni gli Amenra abbiano imparato a “convivere” con la forma-canzone (agli esordi rigorosamente maltrattata quando non demolita del tutto), è altrettanto vero che in questa nuova modalità espressiva non c’è un solo grammo di addomesticamento o compromesso e le onde malate in propagazione dal microfono brandito da Van Eeckhout continuano a trasmettere le stesse sensazioni di sofferenza e follia sprigionate a inizio carriera. In aggiunta, stavolta, si dilata lo spazio concesso alle parti in clean, che, mentre creano inattese pause liriche che emergono a mo’ di isole dal mare acido circostante, aggiungono un tocco di spettralità all’impasto, nell’attesa dell’inevitabile rimonta della marea nera destinata inesorabilmente a sommergerle, trascinandole con sé.
Il risultato è dunque un album con tutte le carte in regola per ampliare la platea dei potenziali fruitori senza perdere un solo membro del picchetto d'onore che da vent'anni accompagna il lavoro dei belgi, con annessa, autorevole candidatura al vertice assoluto sul versante strettamente qualitativo, ma con un piccolo limite legato alla durata complessiva della prova; poco più di quaranta minuti per sei sole tracce tra cui un filler (Edelkroone) e mezzo (Spijt, misteriosamente lasciata morire dopo un promettentissimo avvio) sono invero un po' pochi per chi attendeva da ormai un lustro il sesto atto dell'epopea. Sull'altro piatto della bilancia, però, va detto che i quattro restanti episodi strappano applausi a scena aperta, a cominciare da quella Children of the Eye che, rilasciata in anteprima-lancio dalla Neurot Recordings (a proposito di predestinazione, ricordiamolo, è l'etichetta di Steve von Till...) sembrava annunciare una prova tutta nel solco della tradizione della saga, degna erede di una Razoreater col solito affollamento di figure dolenti e prigioniere dei propri incubi. Sembrerebbe non esserci granché di nuovo sotto il cielo anche nell'avvio della successiva Plus Près de Toi (Closer to You), ma un improvviso stop del flusso narrativo apre il sipario su una divagazione atmosferica che instilla gocce di struggente malinconia su una trama che, anche quando il ritmo riaccende i motori, non sarà più la stessa, aprendosi a un finale contemporaneamente epico e contemplativo. Siamo già qui nei pressi del crollo del loggione, ma la spallata decisiva arriva con A Solitary Reign, dove l'intreccio dei registri, tra una base agallochiana e uno strepitoso lavoro di ricamo in puro stile Alcest, trascina letteralmente in una dimensione di pura emozione in cui la musica esonda letteralmente in immagini tridimensionali, materializzate dall'alternanza scream/clean messa in campo da un Van Eeckhout mai così ispirato. Ostaggi quasi inconsapevoli di un rapimento estatico, rischiamo però di sottovalutare lo scintillio dell'ultimo gioiello della corona, a cui avrebbe forse giovato un'inversione di collocazione nella tracklist e di cui, infatti, si comincia ad apprezzare l'impatto nell'economia del viaggio solo dopo ripetuti ascolti. Percorsa da un fremito tribalistico di ascendenza squisitamente neurosisiana, sorretta da strutture misticheggianti in cui riecheggiano spunti Tool, corrosa da uno scream acidissimo, Diaken è il distillato aureo di una carriera e di un intero genere che, nato dal fango e geneticamente destinato a non abbandonarlo, non rinuncia all'idea di “uscire a riveder le stelle”, perché, in fondo, l'uno e le altre non sono altro che diverse combinazioni degli elementi dello stesso big bang...
Denso e urticante ma anche etereo e poeticamente armonico, potente e devastante ma anche capace di dissolvere la materia in sognanti sospensioni, ennesimo figlio di un ostinato percorso artistico che non ha mai conosciuto compromessi nel nome delle mode o del mercato, Mass VI è un album che entra nell'anima e nella carne regalando un'esperienza che trascende il mondo delle sette note. Dopo quattro lustri di totale dedizione alla causa, un posto d'onore per gli Amenra è più che garantito, sotto le tormentate volte di un'ideale pantheon post metal.
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Se non fosse per la voce da gallinaccio impazzito del cantante, staremmo parlando di una delle band migliori degli ultimi 20 anni in ambito metal. |
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Ogni volta che ascolto A Solitary Reign mi viene da piangere |
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Se quell'idiota del cantante non urlasse isterico si potrebbe godere parecchio... |
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Solo A Solitary Reign vale il disco |
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Parlare di post metal su una webzine che si chiama metallized e' come entrare in un nightclub e dichiararsi post figa |
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Grande album di post metal! |
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Nessuna melodia? Ma che disco hai sentito? Disco post metal meraviglioso, superiore anche agli ultimi già ottimi lavori. Voto 85 |
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Ragazzi non lo capisco, urla strazianti e nessuna melodia...che roba è? |
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Cavolo è vero ne abbiamo discusso già... mi dovrei trattenere perché sennò mi merito che mi tirano dei nomi... comunque, ti assicuro che non appena arriva un disco post che mi piace te lo faccio sapere... ahah |
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@Steel, lo sai che da te accetto sempre il massacro di tutto ciò che è post... Eppure sono convinto che prima o poi ce la farò, a farti digerire qualcosa, tu però prometti di buttare sempre un orecchio qua e là, alla "robaccia"...  |
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Se non si fosse capito è un genere che mi fa schifo dal profondo, mi offende, irrita e disturba quasi dal punto di vista etico e filosofico. Ma non è un discorso culturale o da hater... è che proprio mi disturba tutte le volte che mi capita di ascoltarla... Voi mi direte non ascoltarla allora e non rompere le balle... Sì, avete ragione in effetti. Mi dispiace che qualcuno se la prenda, ma libertà di pensiero eh... Evviva! |
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ahahahahaahahahah stupendo... |
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Basta osannare questa musica per hypster persi nell'abuso di sostanze lisergiche... robaccia... |
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Grazie mille x la dritta, io non li conosco  |
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Intanto grazie a tutti per i complimenti e la fiducia... per chi già li ama o per quelli che non li avessero ancora incrociati, mi permetto di consigliare il live all'Ancienne Belgique rilasciato ieri sul Tubo, perchè gli Amenra non vivono di sole note...  |
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Mass V mi era piaciuto pur non avendone esplorato i meandri più profondi. Ascolterò sicuramente anche questo, visto che le recensioni di RR per me sono ormai una garanzia nel genere in questione. |
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La copertina è un’opera d’arte. Sul disco non mi esprimo, non l’ho ascoltato |
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Recensione bellissima come al solito, e il disco merita molto. |
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Ascoltato ancora poco ma mi ha subito colpito. Penso che ci tornerò sopra parecchio. In seguito esprimerò un giudizio. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Children of the Eye 2. Edelkroone 3. Plus Près de Toi (Closer to You) 4. Spijt 5. A Solitary Reign 6. Diaken
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Line Up
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Colin H. Van Eeckout (Voce) Mathieu J. Vandekerckhove (Chitarra) Lennart Bossu (Chitarra) Levy Seynaeve (Basso) Bjorn J. Lebon (Batteria)
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RECENSIONI |
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