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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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19/01/2018
( 3797 letture )
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Tra i numerosi gruppi che negli anni ‘90 si sono resi protagonisti di importanti svolte e cambiamenti rispetto allo stile degli esordi, i Samael sono tra i pochi che nel tempo hanno mantenuto intatto il rispetto del pubblico. Sarà per l'anima metallica rimasta comunque nella musica dei nostri, oppure per la qualità di quella svolta a cui hanno dato vita (un lavoro come Passage non nasce per caso) ma, a vent’anni da quel cambiamento, il gruppo dei fratelli Locher è ancora molto amato dai metallari. Questo 2017 appena passato ci riconsegna i Samael di ritorno sulle scene a sei anni da Lux Mundi, il lasso di tempo sinora più lungo tra un’uscita e l'altra nella carriera del quartetto svizzero, e qualcosa è cambiato in seno alla band. Anzitutto va registrato l'abbandono dello storico bassista Mas (al secolo Christophe Mermod) avvenuto nel 2015 dopo ventiquattro anni di permanenza, per dedicarsi completamente al suo lavoro di tecnico luci e la sua agenzia specializzata in lightshow. In Hegemony fa dunque il suo esordio di Thomas "Drop" Betrisey, ex-chitarrista dei Sybreed, così come un nuovo logo in copertina, elemento di novità che si accompagna al recente passaggio degli elvetici dalla Nuclear Blast alla Napalm Records. Infine, al computo vanno anche aggiunti i Worship And Ritual, gruppo da poco messo su dai quattro onde suonare dal vivo il materiale proveniente dai primi due, caliginosi album, adatto per chi ha ancora nostalgia di quel periodo. Alla luce del tempo trascorso e di questi cambiamenti più o meno importanti, era lecito aspettarsi qualcosa di particolare da parte dei Samael, ma bisogna dire la verità, così non è stato. Hegemony ricalca infatti in pieno il precedente Lux Mundi, ma appare meno ispirato, risultando in certi frangenti prevedibile. I toni marziali, le preponderanti tastiere, i cori magniloquenti ed i mid tempo abbondano nel corso della produzione. Tutto ciò non è un male in senso assoluto, ma durante l'ascolto si ha la sensazione che i brani seguano quasi sempre il medesimo schema, risultando fin troppo omogenei ed appesantendo l’intero lotto.
La piacevole titletrack posta all'inizio ha il difficile compito di aprire le danze e ricalca in pieno le caratteristiche descritte in precedenza: i toni marziali si incastrano perfettamente con il testo ed il coro scandito riesce presto ad insidiarsi nella testa dell'ascoltatore.
World domination The final victory We rule over nations It's our hegemony It's our hegemony
Dopo l'egemonia, arriva l'autocelebrazione con l'omonima Samael, che riesce (almeno nelle strofe) a risultare più dinamica rispetto alla precedente, grazie ad una ritmica più incisiva e ad alcuni passaggi di chitarra più efficaci. Anche qui la magniloquenza del coro è coerente col testo, ma forse affossa un pezzo che poteva riportarci al periodo di Above, appuntamento fortunatamente comunque solo rimandato. Il primo singolo estratto, Angel Of Wrath, aveva lasciato un po' di perplessità all'inizio e, anche una volta incastrato all'interno di Hegemony, i dubbi che esso solleva non vengono affatto dissipati: formalmente ben fatto, si configura tuttavia come un mid tempo che i Samael sono in grado di scrivere quasi ad occhi chiusi, non riuscendo quindi a stupire nonostante alcuni bei passaggi di tastiera. Nota a margine per l'artwork usato per la promozione del singolo, il quale sembrava riportare i nostri al periodo dei primi satanici dischi, pia illusione svanita al primo ascolto. Con Rite of Renewal la situazione si risolleva parzialmente, anche se pure qui il ritornello invece che fomentare, sembra quasi abbassare i toni. Certo le parole sono ancora una volta efficaci ma, più che un "rito di rinnovamento", sembra di essere di fronte ad un leggero restauro del recente passato. La già conosciuta Red Planet non è certamente il pezzo migliore per toglierci di dosso la sensazione di prevedibilità che aleggia intorno ad Hegemony, ma fortunatamente l'altro singolo di quest’uscita, Black Supremacy, arriva a dare una boccata d'aria fresca con il suo industrial/black che ci fa tornare in mente Above e le sue bordate sintetiche, in quello che è di gran lunga il miglior pezzo di Hegemony.
Arrivati a questo punto (ovvero alla metà del platter) ci si aspetterebbe che questo cambio di marcia diventi perentorio nella seconda parte, ma le aspettative vengono brutalmente disattese da un trittico di brani non propriamente all'altezza. Con Murder Or Suicide, This World e Against All Enemies i Samael sembrano incartarsi in sé stessi e, nonostante alcuni passaggi interessanti, le tracce col passare degli ascolti risultano anonime, con l'ultima a fare da vertice basso dell'intero disco. Sicuramente migliore la seguente e più dinamica Land Of The Living, che per lo meno cerca di uscire dal torpore delle precedenti e, soprattutto, Dictate Of Transparency, la quale bissa finalmente le ritmiche ossessive di Black Supremacy. Il full-length da un certo punto di vista finirebbe qui, ma i nostri decidono di optare anche per l’inserimento di una ri-elaborazione del classico Helter Skelter dei The Beatles (canzone che viene considerata dalla band il primo brano heavy metal scritto, come dichiarato da Vorph in un'intervista) la quale nulla aggiunge ad Hegemony tanto quanto la successiva bonus track Storm Of Fire, che va a chiudere senza particolari sussulti l'album.
Alla fine dell'ascolto, Hegemony lascia parzialmente l'amaro in bocca: la prevedibilità più volte citata (in primis nei cori) col passare degli ascolti dà la sensazione di essere al cospetto di un disco scritto col pilota automatico. Certo, la personalità dei Samael viene comunque fuori nel corso dell'album ed è ciò che permette ad Hegemony di non affondare completamente, grazie anche ad un pugno di brani centrati che emergono in mezzo ai numerosi mid-tempo della tracklist. Probabilmente, tagliando qualche traccia meno riuscita ed optando per il formato EP, staremmo parlando di un altro lavoro, più asciutto e meno dispersivo. Purtroppo non è così ed Hegemony delude in parte chi, dopo sei anni di attesa, sperava in un ritorno ad alti livelli del combo svizzero e non certo di vedere i Samael limitarsi al compitino in certi frangenti. Non un brutto disco quindi, ma un lavoro il cui songwriting mostra diversi momenti di stanca e che a questo punto sembra necessitare le sferzate stilistiche che in passato i Samael si sono dimostrati in grado effettuare con successo.
We are the future Now we start our venture
…ma non è certamente questo il modo migliore per iniziarla.
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13
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È vero che ormai non dicono più nulla di nuovo ma chi lo fa dopo quasi 30 anni? Questo è comunque composto di ottimi brani. Band eternamente sottovalutata |
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12
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Mi schiero dalla parte dei sostenitori. Certo, niente di nuovo ma a me quest'album è piaciuto, lo trovo migliore del precedente. 2/3 pezzi evitabili e la per me poco riuscita cover di Helter Skelter fanno sì che nel complesso Hegemony sia "solo" un buon disco. Voto 79 |
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11
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Sarà... per me è il migliore da Eternal. |
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10
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In totale accordo con il recensore. Forse il peggior disco dei Samael, il che vuol dire che comunque siamo su livelli sufficienti, ma la minestra riscaldata dopo un po stufa. Il disco é semplicemente palloso. |
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9
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In totale disaccordo con il recensore. Disco di gran lunga superiore a Lux Mundi con singoli che rimangono impressi al primo ascolto, rivelandosi dunque estremamente efficaci (tanto per fare un esempio: Impossibile dimenticare il ritornello di red planet, piaccia o meno). Centro pieno per gli elvetici. |
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8
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Anni fa pensavo fossero tra i migliori in circolazione, nei '90 erano pazzeschi e anche Reign of Light (al quale sono tuttora affezionato) aveva il suo quid. Poi niente, si sono dimenticati di progredire e hanno sfornato una minestrina riscaldata dopo l'altra. Questo non fa eccezione: sentita una, sentite tutte, e sono comunque idee rimestate da una decina d'anni. Mi dispiace perché potrebbero e dovrebbero essere ancora grandiosi... |
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7
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Dal 1999 non esistono più. |
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6
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D'accordissimo con Diego, il punto come sempre non è lo stile ma il songwriting. Avevo alte aspettative, ma spesso le canzoni sono stanche, anonime, un compitino ben eseguito formalmente ma la vera ispirazione qui è assente. Non un disastro totale, ma sicuramente uno dei punti più bassi della loro carriera. Un lavoro innocuo |
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5
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Ma basta! Anche loro con sto triangolo con l'occhio onniveggente. Ormai sta iconografia è ovunque! Un po di fantasia! O i vostri maestri burattinai vi costringono a esporlo per un po di soldi e fama? |
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4
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è un disco che soffre di una certa omogeneità, le canzone presentano quasi tutte le stesse soluzioni e alla fine stanca un po', però la qualità del songwriting è più che buona e alla fine il disco risulta godibile. Voto 75 |
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3
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sempre piaciuti . Sempre stati su livelli altissimi. |
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2
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Gruppo immenso, ma ormai avvitato su se stesso... |
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1
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Non corcordo con il recensore. L'ho preso appena uscito e l'ho ascoltato molte volte. Per me è un lavoro molto riuscito che merita almeno un 80. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Hegemony 2. Samael 3. Angel Of Wrath 4. Rite Of Renewal 5. Red Planet 6. Black Supremacy 7. Murder Or Suicide 8. This World 9. Against All Enemies 10. Land Of The Living 11. Dictate Of Transparency 12. Helter Skelter 13. Storm Of Fire (bonus track)
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Line Up
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Michael "Vorph" Locher (Voce, Chitarra) Marco "Mak" Rivao (Chitarra) Alexandre "Xy" Locher (Tastiera, Programming) Thomas "Drop" Betrisey (Basso)
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