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Godspeed You! Black Emperor - F# A# ∞
05/10/2018
( 2562 letture )
I like to think that music that’s really really amazing, emotional, personal and beautiful is the kind of music that people would make…anyway.
They aren’t thinking of how much it’s gonna sell: that’s an afterthought, and a lot of people are annoyed by having to think about that part of it, they’re just sort of… compelled to make music.
(Andee, Aquarius Records)


Quanti artisti, in epoca moderna, possono essere descritti usando queste parole?
Quanti producono ancora musica per loro stessi, per l’irrinunciabile bisogno di farlo, rifuggendo dalle mode, dal mainstream e da ogni scappatoia che potrebbe far guadagnare loro un minimo di successo in più?

When I listen to Godspeed You! Black Emperor or A Silver Mt. Zion, I really feel that so many people who call themselves musicians or bands are just getting away so easily. You know, writing a 3 minute song that’s basically two parts repeating themselves, or people who don’t really give much thought to lyrics, they’re just like… "Oh, ok, that rhymes."
And then you have a band which is like… "Oh, here’s a 25 minute song, there’s five different parts, they’re incredibly captivating."
You know, they could’ve taken the easy road. I just feel it’s generous, really really generous.
(Howard Bilerman, Hotel2Tango Engineer)


Ecco una possibile risposta. Il collettivo Godspeed You! Black Emperor si forma, nella metà degli anni 90, spinto semplicemente dalla necessità di far musica. Musica astratta, volutamente complessa e ricercata, e al contempo personale, emozionante e trascinante. Musica per pochi, per coloro i quali vogliano dedicare tempo e attenzione a qualcosa di cui sanno di avere bisogno, senza però riuscire a capire di cosa realmente si tratti. Musica dalle influenze più disparate, dagli esordi psichedelici dei Pink Floyd al noise distruttivo degli Swans, dalle colonne sonore Morriconiane al raffinato progressive dei King Crimson, e molto altro ancora.

F# A# ∞ è considerato l’effettivo debutto dei canadesi, edito in vinile nel 1997 da Constellation Records. Il titolo simboleggia le due chiavi in cui sono stati registrati i due lati del vinile, e l’infinito indica il loop alla fine di esso. In sede di recensione verrà presa però in esame la versione in CD del 1998, più conosciuta e con artwork, minutaggio e tracklist differenti rispetto all’originale release in vinile. Già dalla copertina in qualche modo capiamo cosa ci attende: un paesaggio grigio, tetro, nebuloso, dai contorni indistinti e difficilmente accessibile. Ma la curiosità è tanta, e non ci resta che premere il tasto play.

The Dead Flag Blues si apre con l’iconica frase "The car is on fire, and there’s no driver at the wheel", poche semplici parole che descrivono perfettamente il mondo che sta andando alla deriva. Il tappeto drone viene via via sovrastato da una cupa melodia di violoncello che rinforza l’immaginario apocalittico che la band vuole trasmettere. Entrano poi in gioco le chitarre indistinte, ripetitive, funeree: un muro sonoro che viene immediatamente demolito da uno straziante violino che cerca di emergere dall’oscurità. All’improvviso si sente un treno sbuffare, e mentre lo osserviamo allontanarsi su uno sfondo desertico, veniamo gradualmente investiti da una nuvola di rumore che mette le nostre capacità sensoriali a dura prova. In questo frastuono inizia a farsi strada una linea di basso, seguita da chitarra acustica e percussioni, che danno vita ad una serena atmosfera western e iniziano finalmente a colorare il plumbeo paesaggio che avevamo osservato finora. E proprio quando la traccia sembra finire sull’onda di queste emozioni positive, un gioioso intermezzo folk a base di glockespiel fa capolino. Gioia che non può durare, e che subito si infrange contro l’oscuro muro eretto da East Hastings: il crescendo di chitarre distorte e disorientanti, il drumming marziale, le melodie ripetitive e alienanti, sono solo alcuni degli elementi che ci riportano bruscamente alla realtà. La sperimentazione strumentale del combo raggiunge in questo frangente i suoi picchi qualitativi, fino all’esplosione finale che lascia il silenzio dietro di sé. Silenzio interrotto poco dopo dall’inquietante trasmissione radio "They have a large barge with a radio antenna tower on it, that they would charge up and discharge", che ci catapulta in uno scenario nero e impenetrabile, fatto di ronzii statici, riverberi sconnessi, suoni industriali e urla indistinguibili in lontananza. Arriviamo finalmente a Providence, confusi e spaesati ma non per questo pronti a rinunciare: un dolce torpore subito ci avvolge, e in qualche modo ci sentiamo tranquillizzati. La traccia si sviluppa poi in una continua alternanza di esplosivi crescendo e di disperati silenzi, ma la parola chiave è una sola: speranza. Dopo essere stati schiacciati dagli ingranaggi industriali e storditi dai crepitii elettrici, finalmente una luce squarcia le nubi che coprono gli edifici in decadenza e possiamo tornare a vedere il cielo. E infine…il rumore di un elicottero, la pioggia che cade, il silenzio: abbiamo appena assistito alla fine del mondo.
O forse no. Sembra tutto finito, ma in lontananza si sente un riverbero: gioioso, insicuro e zoppicante, ma anche caldo e rassicurante. Un drumming martellante e ovattato ci accompagna al climax finale, che implode bruscamente in uno spiazzante silenzio che ci lascia pieni di dubbi e domande.

Tutto ciò che avete letto finora non è che una minima parte di quello che vi attende. La musica dei Godspeed You! Black Emperor non può essere descritta -solo- tramite una recensione: vi perdereste gli ambienti, i personaggi, le voci, le storie. All’inizio sarà difficile, ma non disperate: siate pronti ad esplorare un mondo claustrofobico, apparentemente vuoto e lasciato a se stesso, ma in realtà permeato di una speranza che non è ancora perduta, se solo si troverà il coraggio di combattere. Ma siete avvisati: una volta entrati, non vorrete più uscirne.



VOTO RECENSORE
91
VOTO LETTORI
97.58 su 12 voti [ VOTA]
Manuel
Domenica 31 Luglio 2022, 3.45.12
5
Probabilmente,insieme ai Labradford,i miei preferiti.A proposito, perché non recensire qualcosa anche loro magari?Dopo aver scoperto i Bark Psychosis grazie a voi,mi appello al vostro buon gusto..
maksa
Mercoledì 10 Ottobre 2018, 0.26.21
4
Un album meraviglioso, così come il successivo
duke
Lunedì 8 Ottobre 2018, 18.37.41
3
band e disco estremamente interessanti....
Sentient_6
Domenica 7 Ottobre 2018, 12.16.27
2
"We woke up one morning and fell a little further down For sure it's the valley of death I open up my wallet And it's full of blood" CAVOLAVORO
JackFrusc
Sabato 6 Ottobre 2018, 10.51.46
1
Per il sottoscritto semplicemente la migliore band del genere. Ciascun album è un viaggio, ma mai lo stesso, ci sono infinite sfumature che rendono ogni ascolto unico. F#A# in particolare
INFORMAZIONI
1998
Kranky
Post Rock
Tracklist
1. The Dead Flag Blues
2. East Hastings
3. Providence
Line Up
David Bryant (Chitarra Elettrica,)
Efrim Manuel Menuck (Chitarra Elettrica)
Michael Moya (Chitarra Elettrica)
Norsola Johnson (Violoncello)
Christophe (Violino)
Thea Pratt (Corno)
Mauro Pezzente (Basso)
Thierry Amar (Basso)
Aidan Girt (Batteria)
Bruce Cawdron (Percussioni)
 
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