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Cemetary - Godless Beauty
02/03/2019
( 1623 letture )
All’interno del panorama musicale underground svedese della prima metà degli anni novanta, se bisogna proprio citare un gruppo che quantomeno ha cercato di proporre una ricetta musicale differente rispetto al marasma di band che hanno costellato la florida scena death metal di allora, non si possono non menzionare i Cemetary. Creatura musicale del mastermind Mathias Lodmalm, la band, dopo aver debuttato ufficialmente con l’ottimo seppur scolastico An Evil Shade of Grey, ha intrapreso un percorso musicale decisamente non canonico, rimasto però relegato ad una schiera di appassionati decisamente ristretta. Godless Beauty, secondo lavoro in studio pubblicato dalla band nell’ormai lontanissimo 1993, è da considerarsi la prima pietra finalizzata alla costruzione di un piccola nicchia che vedrà posare l’ultimo mattone nel 2005, anno in cui il suono della formazione svedese risulterà completamente stravolto rispetto a quanto proposto nella prima parte di carriera.

Il disco si compone di appena nove tracce per una durata complessiva che supera abbondantemente la mezz’ora di esecuzione complessiva; Godless Beauty si presenta con una copertina che immortala un’immagine disturbante, raffigurante un’entità dai tratti femminili fragilmente legata a un cordone ombelicale che conduce verso il nulla, in grado di condensare con un affresco quello che spetterà all’ascoltatore. E infatti il disco gode di una certa importanza proprio perché attraverso questa pubblicazione la band comincia a staccarsi lentamente dalla falange death metal, ancora saldamente presente in questa uscita, per dirigersi verso sonorità che accarezzano il doom e in modo preponderante il gothic, in grado, soprattutto queste ultime, di conferire un maggior pathos emotivo ad un songwriting incentrato su tematiche esistenziali e rabbia dipinta da tonalità grigia.
Il risultato finale ha comunque del sorprendente. I Cemetary, seppur non dotati di un bagaglio tecnico impressionante, riescono a mettere insieme un filotto di brani riconoscibili, forti soprattutto delle influenze musicali sopra menzionate, le quali escono maggiormente messe in risalto, in particolare quando si stagliano sullo sfondo oscuro drappeggiato dalle istanze death metal. Accanto a momenti frizzanti e concitati, infatti, la band si abbandona talvolta a delicati arpeggi, passaggi trascinanti dall’andatura cadenzata e melodie tremendamente orecchiabili, graffiate da una vena di malinconia che inevitabilmente catturano l’attenzione dell’ascoltatore. All’interno del disco, l’atmosfera che si viene così a creare è qualcosa che non si vede tutti i giorni; in Godless Beauty sorprende soprattutto la capacità della band a trovare un punto di equilibrio saldo tra i diversi stili; il death metal riesce a dare quella spinta in più, con il suo groove graffiante ma compatto (apprezzabile come la band non abbia rinunciato alla sezione solistica), mentre le parti gothic e doom danno un’anima tangibile al disco, senza scadere in eccessi di teatralità o passaggi troppo prolissi.
Discorrendo rapidamente la tracklist, l’album si apre con il groove aggressivo di Now She Walks with the Shadow, per passare successivamente ai pezzi di punta del disco: The Serpent’s Kiss e By My Own Hand, dove le melodie avvolgenti svolgono un ruolo cardine per tutta la durata delle canzoni ed And Julie Is No More e la successiva Chain, pezzi dinamici, supportati dai riff di chitarra dai tratti acidi e rocamboleschi. Successivamente la vena gothic esce fuori più prepotentemente avvicinandoci alla fase finale del disco con l’ottima In Black e forse uno dei pezzi migliori del disco, Sunrise, dove nei riff di chitarra si contrappongono un fraseggio aggressivo e un arpeggio delicato e sognante.

In un disco così ben congegnato l’unica nota negativa è data dalle vocals di Mathias Lodmalm, ancora troppo acerbe per riuscire a interpretare le fasi più delicate dei pezzi in modo effettivamente convincente; a tratti il cantante sembra spingere troppo, risultando grottesco. A parte questa pecca, Godless Beauty è un disco davvero ottimo, per il suo essere eterogeneo, ispirato e intuitivo, senza sfociare nel banale. Il disco può essere considerato uno dei gioiellini dell’underground svedese per le peculiarità che hanno permesso alla band di distinguersi, senza purtroppo emergere. Il resto della discografia della band si distinguerà per un approccio maggiormente incentrato al gothic e un abbandono progressivo del versante death.



VOTO RECENSORE
79
VOTO LETTORI
93.42 su 7 voti [ VOTA]
Legalisedrugsandmurder
Giovedì 27 Aprile 2023, 14.46.30
6
Passo avanti rispetto al debutto, il successivo black Vanity sarà ancora meglio
Legalisedrugsandmurder
Giovedì 27 Aprile 2023, 14.46.30
5
Passo avanti rispetto al debutto, il successivo black Vanity sarà ancora meglio
Trueblood
Lunedì 7 Dicembre 2020, 22.40.03
4
Questo è un album strepitoso, almeno a me piace. Anche dopo hanno/ha fatto cose buone, fino a "The Beast Divine" del 2000
gianmarco
Sabato 2 Marzo 2019, 11.13.05
3
poi Mathias Lodmalm fonda i Sundown .
Sicktadone
Sabato 2 Marzo 2019, 10.22.25
2
L'ultimo, Phantasma se non ricorrdo male, era davvero qualcosa di indecente!
Pacino
Sabato 2 Marzo 2019, 9.50.34
1
Non come il fantastico debutto, recensitelo, ma ci sta dentro. In seguito diverranno un'altra cosa che personalmente ed aggiungo purtroppo. Voto 80
INFORMAZIONI
1993
Black Mark Production
Death
Tracklist
1. Now She Walks the Shadows
2. The Serpent’s Kiss
3. And Julie is no More
4. By My Own Hand
5. Chain
6. A drift in Scarlet Twilight
7. Sunrise (Never Again)
8. Where the Fire Forever Burns
Line Up
Mathias Lodmalm (Voce, Chitarra)
Anton Hedberg (Chitarra)
Zriuko Culjak (Basso)
Juha Sievers (Batteria)
 
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