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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Cellar Darling - The Spell
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21/03/2019
( 3799 letture )
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Time is just a means to an end
Inesorabile, crudele, distruttiva: sono solo alcuni degli aggettivi con cui la cultura occidentale è solita tracciare i lineamenti della morte, figura tanto agli antipodi della vita quanto insita nella quotidianità dell’esistenza. Carico di valori etici e simbolici fin dall’alba dei tempi e portatore di quesiti irrisolti, il sonno eterno spaventa, zittisce, indispone e affligge anche i più impavidi; talvolta affascina, seduce e ammalia, assottigliando il confine tra premura e azzardo, tra autocontrollo e fremito. Spesso l’essere umano conduce il suo viaggio in bilico tra la paura e l’attrazione verso il mietitore, scivolando verso l’una o l’altra sponda a seconda di istinti più o meno devastanti o conservativi. Più è stretta la morsa dell’oscura seduzione, più è difficile sottrarsi alla scarica di adrenalina che elettrizza le viscere ormai ad un passo dal baratro. Ed è soltanto quando la lama sfiora il filo della vita un istante prima di essere reciso che si comprende quanto ci si sta lasciando alle spalle per sempre, prima di abbandonarsi completamente al buio vuoto e sconfinato: un bagaglio colmo di bellezza e bruttezza che pesa quanto un’esistenza intera.
Ciò che il trio svizzero racconta attraverso i tredici brani di The Spell è racchiuso nel significato spesso dicotomico che viene attribuito alla morte: da un lato annullamento, dall’altro salvezza. I Cellar Darling mettono in piedi a due anni dal brillante esordio This is the Sound un concept album dalle tinte lugubri e misteriose distese con tratti sobri ed eleganti, del tutto lontani dall’essere spigolosi e incisivi. Il disco è lo specchio di un mondo distopico ideato dalla frontwoman e polistrumentista Anna Murphy in cui ogni canzone rappresenta un capitolo diverso. Come rivelato dalla stessa artista ai nostri microfoni qualche settimana fa (qui trovate la chiacchierata), il processo creativo ha fatto sì che all’idea di fondo della storia seguisse subito una trama complessiva, scandita da specifiche parti i cui tratti salienti fossero fin dal principio sintetizzati dai titoli delle tredici tracce incluse. Va da sé, pertanto, che i suddetti titoli e la relativa ripartizione del disco siano stati concepiti prima di avere in mente melodie, riff, linee vocali e quant’altro. Concettualmente, la narrazione parte con Pain, pezzo che trasporta l’ascoltatore nell’universo immaginario che fa da cornice alle vicende raccontate: si tratta di un mondo saturo di dolore e disperazione, in cui la vita cede inesorabilmente il passo alla morte. La protagonista della storia, una ragazza senza nome, abita questo mondo con spirito ormai rassegnato, riflettendo il dolore dentro di sé e osservando di giorno in giorno quanto di sconvolgente accade intorno a lei. È così che fa la conoscenza del secondo protagonista della storia, ovvero la morte, colta in medias res nei suoi compiti da assolvere all’interno del brano Death: essa si approccia al genere umano con fare seducente e cauto, sebbene le conseguenze del suo passaggio siano dolorose; dialoga, incanta, assopisce con la sua cantilena e conduce per mano il prescelto in un sonno senza risveglio. Love è la conseguenza diretta della conoscenza che la ragazza fa del mietitore: il mondo di dolore in cui ha da sempre vissuto le fa credere che la morte sia normalità e che, pertanto, ci si possa abbandonare tra le sue braccia completamente, cedendo così all’innamoramento. Ciò che ne deriva, però, è un amore impossibile: la morte, infatti, lancia un incantesimo di vita eterna sulla protagonista, in modo da prolungare all’infinito la sua permanenza nel mondo a cui il suo amato fa perennemente visita. La parte centrale del racconto consiste nelle prove a cui si sottopone la ragazza per sfuggire all’eternità, all’incantesimo con cui la morte l’ha incatenata in un mondo di cui ormai ha interiorizzato ogni stralcio di sofferenza: Burn, Hang, Sleep e Insomnia sintetizzano appieno alcuni dei modi in cui la giovane cerca invano di divincolarsi dal sinistro sortilegio di cui è stata il diretto bersaglio. Nonostante i fallimenti, la determinazione della ragazza ad abbandonarsi completamente alla morte non si esaurisce qui: nel trio Freeze, Fall e Drown la vediamo infatti scalare la vetta più alta del mondo, gettarsi nel vuoto e piombare nella vastità dell’oceano, ma ciò con cui si scontra è ancora una volta la sua odiata immortalità -sopravvive, contro ogni suo desiderio. Ad accendersi, nello scorrere imperterrito di tutte queste prove fallimentari di auto-distruzione, è una nuova fiamma, una nuova forma di amore: quello per se stessi, per i propri pregi e i propri difetti. Love pt. II è la riscoperta dell’io, la consapevolezza che la vita non è soltanto morte e dolore, e che vale la pena non sprecarla. Ciò che la morte le ha donato è un autentico regalo, un percorso di scoperta interiore che dà finalmente un senso alla bruttezza sperimentata fino ad ora. A sciogliere l’incantesimo è proprio questa nuova consapevolezza di amore, che annulla i sentimenti provati per la morte: quest’ultima avanza infine sulla ragazza, che si abbandona al sonno eterno con la soddisfazione di aver dato un enorme senso alla propria esistenza.
La trama raccontata dalla band è accompagnata da una prova strumentale e vocale molto solida, confermando quanto dimostrato abilmente con This is the Sound: in The Spell, i tre svizzeri hanno mantenuto fermamente i capisaldi della loro proposta musicale, facendo della sperimentazione il fil rouge dell’intero platter. Quello che l’ascoltatore trova nel disco è un folk rock dalle venature fresche e accattivanti, in cui la matrice progressiva è da intendersi come capacità di superare i confini di un genere che, di per sé, ha già detto tutto (o quasi). Quello dei Cellar Darling in The Spell è un folk rockeggiante maturo, consapevole e moderno, in cui la ghironda di Anna Murphy abbellisce più o meno incisivamente i riff martellanti di chitarra e le sezioni decise di batteria. Il concept cupo è accolto da melodie altrettanto sinistre ed evocative che talvolta cedono il passo a soluzioni più ad ampio respiro, come nel caso della ballad Sleep e del delicato brano vocale Fall. A dare corpo alla narrazione è la voce di Anna che, pur ricordando per stile l’eccelsa Van Giersbergen dei The Gathering e dei più recenti Vuur, appare sempre padrona di sé al mille per cento, senza risultare quindi un mero tentativo di copia della rossa olandese. La Murphy regala una prova accattivante, scivolando tra note acute e grevi con estrema abilità: in una data canzone sa essere aggressiva e graffiante e, allo stesso tempo, dolce e pacata, come nel caso di Pain, Love e Burn. A sostegno della voce principale, guida indiscussa di ogni traccia, sono presenti inserti corali che arricchiscono in termini di epicità la prova della band. La produzione, attenta e precisa, sottolinea dall’inizio alla fine una forte coesione tra voce, base e strumenti. Scendendo più a fondo per quanto riguarda la disamina dei brani, occorre dire che il disco non presenta brani cosiddetti “filler”: pur essendoci episodi più riusciti di altri, ogni pezzo è un tassello che fornisce senso tanto alla storia quanto alla proposta sonora. Si tratta di un disco la cui massima resa è data dall’ascolto dei brani seguendo l’ordine della tracklist. Tra le canzoni più significative di The Spell svetta Drown, brano strutturalmente più variegato: la voce di Anna, ariosa o tagliente, segue la melodia della ghironda in un moto quasi ondeggiante, in cui parti più evocative si alternano a sezioni più opprimenti e pesanti dettate da una composizione non circolare. Alla pari troviamo le due tracce di chiusura Love pt. II e Death pt. II, in cui i tre svizzeri hanno osato in termini di drammaticità e pathos: nella prima, i potenti riff di Ivo, alternati agli arpeggi di chitarra acustica, fungono molto di più che da sfondo alle partiture folkeggianti e alle linee vocali; nella seconda, del tutto acustica, emerge chiaramente un lavoro certosino in fase di produzione, con chiari rimandi sonori alle atmosfere presenti in Drown e Love e con un focus incentrato sulle tastiere opprimenti e sulla voce suadente e teatrale. Parlando di pezzi molto ben riusciti, inoltre, non si può non citare Hang, la cui struttura folkeggiante è tessuta su arpa, tastiere, batteria, basso e flauto: si tratta di un brano che trasporta l’ascoltatore dall’inizio alla fine in un climax di estasi al limite dell’indescrivibile. Tra i brani più heavy troviamo Burn (dalla sezione ritmica avvincente), il singolo Insomnia (la cui barriera sonora prorompente si fonde appieno con la voce modulata, i cori, i sussurri e l’assolo di ghironda) e Freeze, la quale presenta un taglio più sinfonico e meno sperimentale -insieme a Fall e a Sleep, si tratta di un pezzo dal mordente inferiore rispetto alla media del disco. A completare il binomio tra folk e sperimentazione troviamo la opener Pain (in cui la ghironda, impegnata o meno in assoli, tinge di scuro i riff e la sezione ritmica), l’esplosivo e viscerale singolo Death, la trasognante e angosciosa Love, e, infine, la ripetitiva, circolare e oscura The Spell, capace come da titolo di incantare, stregare e ammaliare con la sua cantilena robusta.
Con The Spell, i Cellar Darling hanno abilmente preso il testimone rappresentato dall’esordio This is the Sound dimostrando di essere capaci di spingersi oltre: questo secondo lavoro è il frutto di scelte stilistiche vincenti in nome di un folk rock rivisitato e moderno. Quanto fatto maestosamente con episodi del debutto quali …High Above These Crowns, Hedonia e Redemption trova qui luogo con una veste più elaborata in brani maturi come Love pt. II e Death pt. II; proseguendo, i brani più catchy presenti nell’esordio (come Avalanche e Challenge) sono ora rimpiazzati da canzoni dirette ma non fini a se stesse, quali Insomnia e Death. In sintesi, si tratta di un ritorno oltremodo promosso, che stupirà positivamente quanti avevano già apprezzato il trio ex-Eluveitie pochi anni fa. The Spell, in poche parole, è la prova vivente che Anna, Ivo e Merlin stanno percorrendo la strada giusta. Non ci resta che augurar loro l’ascesa di cui cantano nella titletrack: from roots to moons.
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7
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Gran bella sorpresa!! Disco intelligente nelle composizioni, dallo sviluppo imprevedibile e molto articolato ma con della melodie facilmente memorizzabili, mai banali e ricercate. Prova superba della vocalist anche se al primo ascolto mi sono chiesto se ci fosse anneke dietro al microfono!! Ho davvero apprezzato sin da subito la produzione che per una volta in casa nuclear blast esalta le doti dei musicisti rispettando le loro dinamiche ed espressività e optando per un sound molto naturale. Le tinte scure dei pezzi richiamano da vicino il gothic dei maestri the Gathering ma il tutto viene rielaborato in maniera molto personale con una maggior libertà di movimento nei confini di altri generi tra cui il folk, il prog, il death, il Doom e l'ambient!!! Non trovo lacune nell'operato del batterista che trovo invece davvero efficace per stile e fantasia nelle soluzioni e dove raramente pesta perché il brano lo richiede lo fa davvero bene! Anche le linee di basso sono ben riuscite così come merita un elogio il lavoro ritmico e melodica delle chitarre... insomma una vera rivelazione! 90 |
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6
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Veramente un grande album. Lei ha una voce che come accennava Monsieur M.G., è molto espressiva e rende i pezzi molto coinvolgenti. Ivo Henzi, poi, mi piaceva sino dai tempi di Forest of Fog che non so se qualcuno conosce. Da ascoltare ancora ma sono sicuro che crescerà notevolmente. Chapeau! Au revoir. |
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5
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di folk c'è poco, ma è davvero un gran bel disco (prog rock-metal) |
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4
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Ok, al secondo ascolto, lo trovo un album davvero molto molto bello. Non sono ancora in grado di quantificare con esattezza il mio gradimento, ma oscilla tra 82 e 86. Possibile album dell'anno. Insomnia, Love, Love II e Death II sono i miei brani preferiti del lotto; notevoli anche Death, Drown e Freeze. In generale, mi piacciono tutti i brani, nessuno escluso; al massimo, posso dire che Pain mi sembra la più prevedibile, ma è comunque piacevole. Ho apprezzato molto il concept e le atmosfere cupe che ha generato. Anche l'esecuzione mi è piaciuta molto, soprattutto quella di Anna: è davvero espressiva e versatile, e amo i suoi assoli di ghironda. Devo però muovere una piccola critica al batterista: è molto bravo nel gestire i tempi dispari e i cambi di tempo, ok, ma nei passaggi più aggressivi non mi sembra abbastanza incisivo. Nulla di particolarmente accentuato, comunque. |
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3
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Ah, comunque, se da un lato mi lascia un po' perplesso che una recensione di questa lunghezza analizzi pochissimo i brani, dall'altro mi piace parecchio l'attenzione data alla storia del concept e alla sua morale. Su questo punto, non posso che fare i complimenti ad Anna, anche considerando che è qualcosa che purtroppo non sembra aver fatto nessuno. Tra l'altro, la recensione è scritta in modo molto fluido e scorrevole.  |
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2
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tino, la Nuclear Blast lo ha presentato come "progressive folk rock", e io credo sia una definizione corretta (così come, per il primo album, era corretto parlare di "alternative folk rock"). Va comunque detto che, rispetto a This Is The Sound, la componente folk pare essersi ulteriormente ridotta, a vantaggio della componente prog (in varie recensioni ho letto riferimenti ai Genesis, ai Tool e ai Vuur) e ad altre sperimentazioni (ho letto di coretti alla Queen e di un brano con passaggi quasi electro-ambient). Pare essere aumentata parecchio anche la componente metal (in alcune recensioni si parla di passaggi thrash, mentre il bridge del singolo "Death" è chiaramente doom), per cui forse una definizione ancora migliore potrebbe essere "progressive folk metal". L'album uscirà tra un'ora, quindi lo stiamo per scoprire. I singoli lasciano presagire un possibile candidato al titolo di album dell'anno. |
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1
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folk? siamo sicuri? Mah |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Pain 2. Death 3. Love 4. The Spell 5. Burn 6. Hang 7. Sleep 8. Insomnia 9. Freeze 10. Fall 11. Drown 12. Love pt. II 13. Death pt. II
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Line Up
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Anna Murphy (Voce, ghironda)) Ivo Henzi (Chitarra e basso) Merlin Sutter (Batteria)
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