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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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All Shall Perish - The Price of Existence
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20/07/2019
( 1927 letture )
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Sebbene sulla carta risultino come complesso ancora in attività, è più corretto dire che gli All Shall Perish sono stati una delle tante band di punta nell’El Dorado del deathcore dei primi anni 2000. Già in un periodo di sostanziale stagnazione produttiva, con il definitivo passaggio del vocalist Eddie Hermida ai più noti Suicide Silence, questi ultimi trovatisi ad affrontare l’improvvisa scomparsa di Mitch Lucker, la band californiana non ha praticamente più pubblicato materiale nuovo, sebbene i dati della piattaforma di streaming Spotify dimostrino ancora un forte attaccamento alla band da parte dei fan (per il 2018 infatti, si legge, il gruppo ha totalizzato circa 3 milioni di ascolti nonostante non sia più in attività).
Questa raccolta di inediti, uscita nell’agosto del 2006 per la casa discografica Nuclear Blast, viene considerata dai più la pubblicazione di punta della band, a tra anni di distanza dal debutto Hate.Malice.Revenge, disco ancora troppo acerbo, affinché i nostri potessero affermarsi come gruppo di spicco in uno dei generi più discussi della storia del metal moderno. The Price of Existence è un disco vincente sotto diversi punti di osservazione; la band, in questa pubblicazione, è riuscita a giocare bene con i diversi elementi inseriti nel calderone: melodie ben congeniate, infatti, riescono a sposarsi bene con gli elementi hardcore e quelli death metal di matrice svedese e continentale. Inoltre, seppur trovandoci di fronte ad un disco dal tasso tecnico elevato, visti i numerosi cambi di tempo vertiginosi e i passaggi al fulmicotone che smorzano il fiato, The Price of Existence porta con sé una musicalità che difficilmente si è riscontrata nelle pubblicazioni dello stesso genere, talvolta tendenti nell’eccedere nella brutalità e nella abilità dei diversi componenti, senza riuscire a dare coesione ai contenuti. Altro elemento di punta di questa pubblicazione è sicuramente la varietà: le diverse canzoni che compongono questa uscita si dimostrano ben distinguibili, grazie tanto all’apporto di Hermida alla voce, tanto di quello dei musicisti, i quali si scervellano nello sciorinare soluzioni avvincenti e che riescono nel prendere di sorpresa l’ascoltatore, senza prodigarsi in pezzi fatti tutti con lo stampino. La prestazione di Hermida, per questa pubblicazione, è stilisticamente ineccepibile: oltre a dimostrarsi un mostro da palcoscenico, il vocalist di origine messicana, sfodera una prova di assoluto rilievo, abile nel districarsi tra growl cavernosi e pig squeel abissali e glaciali, senza tralasciare registri più nitidi, ma comunque duri e convincenti. Complessivamente, The Price of Existence è un disco in grado di spaziare a tutto campo il metal estremo moderno. Gli All Shall Perish portarono al pubblico una raccolta di inediti molto dinamica, in grado di tenere alta l’attenzione dell’ascoltatore sia sotto il punto di vista della perizia tecnica, sia sotto il punto del mero intrattenimento. Una citazione a parte meritano anche le diverse melodie inseguite dalle sei corde; nelle diverse queste non suonano mai in modo stucchevole, riuscendo ad implementare ulteriormente la durezza del suono, anche quando, in diversi frangenti, sfiorano un timido livello di epicità. Anche l’elemento tipico delle rassegne deathcore, i famigerati breakdown, sono naturalmente presenti in questa uscita, ma più che elemento di stacco, in grado di fare soprattutto la fortuna del gruppo in sede live, questi si amalgamano bene alla miscela, trovando spesso una collocazione intelligente, implementando ulteriormente la carica sonora dei diversi pezzi. Un album dalle tempistiche così serrate, si fa anche apprezzare per l’atmosfera pesante, creata ad hoc dalle tematiche trattate dalla band, la quale ci racconta in modo aspro le criticità dei modelli comportamentali e sociali imposti dall’alto e le difficoltà legate all’esistenza non mancando di un certo macabro cinismo.
La varietà sonora proposta in The Price of Existence si nota anche dal primo scorrimento della tracklist: l’album attacca con la bella Eradication, pezzo di punta dell’intera carriera della band, con il suo alternarsi tra riff di chitarra ben strutturati, cambi di tempo e frustrate di velocità sul manico delle sei corde. La successiva Wage Slaves si pone invece in perfetta antitesi, in un pezzo dove ad emergere maggiormente è la scure hardcore, con i suoi ritmi serrati e i richiami anche al nu metal; fra le altre cose, il breakdown sul finale è il fiore all’occhiello del pezzo, per la potenza proposta. Ancora diversa è The Day of Justice, pezzo in cui si nota in modo evidente l’anima metalcore della band e dove la melodia assume un ruolo di rilievo. In There is no Business to Be Done on a Dead Planet, la vena death sgomita ferocemente, in un pezzo ricco di stop and go, improvvisi ribaltamenti di fronte, arabeschi di pentatonica e Hermida che sfodera la sua migliore prestazione vocale. La band vuole dimostrare la propria abilità anche nei pezzi più lenti ed ecco che dopo questo primo quarto d’ora di mal di testa (in senso buono) è la volta della traccia Better Living Through Catastrophe, un pezzo dalle evidenti influenze del death metal scuola svedese e che parte in sordina, con un bel passaggio melodico, per poi esplodere in un pezzo dai tratti epicheggianti. Nelle tracce successive gli All Shall Perish ripetono gli schemi sopra descritti, con la maestria che li contraddistingue. Ottime nella seconda parte We Hold These Truths, con il suo importante down tempo spezza collo sul finale, l’intermezzo musicale Greyson e la conclusiva The Last Relapse che si apre con le note tragiche di piano e violino, in un costante crescendo in cui, passata una fase dove Hermida si lancia in un improvabile canto pulito, il pezzo percorre le sonorità metalcore.
The Price of Existence, con la sua varietà, il suono impattante e la notevole perizia tecnica dei membri della band californiana, è un disco che ha fatto, in una buona parte, la storia del deathcore della prima ora. La band ha poi pubblicato altri due dischi, anche quelli di ottimo livello, ma non in grado di eguagliare quanto di buono qui proposto. Un vero peccato che le sorti professionali di Hermida, abbiano determinato il futuro di una formazione di talento.
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5
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Non so, a me è sembrato ancora troppo acerbo (lo ho rispolverato in vista della stesura di questa recensione), comunque è tutta una questione di gusti. Comunque grazie, si cerca di riportare alla luce in questa sezione della Zine anche qualcosa legato al deathcore  |
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4
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Comunque, la recensione è scritta divinamente, grande nico. |
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3
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Disco che consacra la band, anche se personalmente non mi ritrovo con ció che è stato detto su hate. Malice. Revenge., dato che lo trovo quasi allo stesso livello di questo monolite. |
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2
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meglio i successivi, questo abusava dei troppi stereotipi che il genere metalcore imponeva in quegli anni. |
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1
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...bel disco.....grande tecnica.....disco consigliato...da recuperare...se qualcuno ancora non ce l'ha.... |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Eradication 2. Wage Slaves 3. The Day of Justice 4. There is no Business to be Done on a Dead Planet 5. Better Living Through Catastrophe 6. Prisoner of War 7. Greyson 8. We Hold These Truth 9. The True Beast 10. Promises 11. The Last Relapse
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Line Up
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Hernan "Eddie" Hermida (Voce) Chris Storey (Chitarra) Ben Orum (Chitarra) Mike Tiner (Basso) Matt Kuykendall (Batteria)
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