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Visions Of Atlantis - Wanderers
18/09/2019
( 2492 letture )
A distanza di un anno dalla pubblicazione di The Deep & the Dark, gli austriaci Visions Of Atlantis sanciscono il loro ritorno con la pubblicazione di Wanderers, settimo album in studio. L'eredità di questa nuova uscita discografica è rappresentata da un lavoro, quello del 2018, che ha saputo fotografare la band all'apice della sua carriera. Complice del risultato raggiunto è stato l'ingresso in formazione del duo Clémentine Delauney/Siegfried Samer, fautore di una prova convincente, talentuosa e dal mordente più deciso rispetto a quanto dimostrato da chi, in precedenza, si è susseguito dietro quegli stessi microfoni. I cambi di line up hanno caratterizzato l'esistenza della band e non si sono arrestati neanche dopo la buona prova di The Deep & the Dark: oltre all'arrivo al basso di Herbert Glos (in sostituzione di Mike Koren), al recentissimo acquisto alle vocals maschili è subentrato Michele Guaitoli, andando ad aggiungere questa nuova avventura d'oltralpe ad un vasto curriculum che vanta attualmente i nomi Temperance, Overtures, Kaledon e Ship Of Theseus. Della formazione originaria di Eternal Endless Infinity, pertanto, resiste soltanto il batterista Thomas Caser, ormai abituato a convivere con compagni di viaggio sempre nuovi. L'attuale connubio vocale maschile e femminile si avvicenda in tredici brani che hanno l'onere di dimostrarsi all'altezza di quanto totalizzato con il disco precedente, potendo contare sul supporto della rinnovata Napalm Records e della sua egida internazionale. La domanda, alla luce di ciò, sorge spontanea: Wanderers è in grado di far compiere alla band un ulteriore passo avanti?

Come anticipato, il full-length è formato da tredici canzoni, di cui dodici inedite e una cover: si tratta nello specifico di In and Out of Love, composta partendo da quanto realizzato nel 2008 da Sharon Den Adel e dal dj olandese Armin van Buuren. Il compito di aprire le danze spetta a Release My Symphony, una delle gemme più lucenti dell'intero platter: all'interno di una struttura symphonic metal saggiamente articolata, per i sette minuti di durata del mid tempo si sviluppano un'accoppiata vocale vincente e sublime e una sezione strumentale incalzante, arricchita dall'assolo di chitarra di Christian Douscha; il modo in cui Clémentine e Michele contribuiscono alla resa d'insieme è notevole e rende il pezzo un ottimo incipit. È la volta di Heroes of the Dawn e del suo attacco strumentale che strizza l'occhio per somiglianza alla già nota Return To Lemuria. La melodia folkeggiante evocata dai whistle si alterna a sezioni in cui a spiccare sono tanto le voci quanto gli strumenti principali; il risultato è un singolo catchy e gradevole che si staglia in testa fin dal primo ascolto non solo grazie al ritornello. Il terzo brano della tracklist è Nothing Lasts Forever, uno degli episodi più introspettivi dell'album. La ballad, costruita su una melodia portante di tastiere e chitarre, cala i due cantanti e le rispettive voci espressive all'interno di una narrazione che ha come fulcro il concetto del "carpe diem", tradotto nell'importanza del godersi il presente in compagnia delle persone care prima che lo scorrere del tempo ce le sottragga; notevole la scelta del gruppo di relegare in secondo piano la portata triste e oscura del significato a favore di un messaggio positivo, seppur con un velo intrinseco di malinconia. Con A Journey to Remember si registra un episodio chiaramente power/symphonic che prende abilmente il testimone da The Deep & the Dark. Qui l'ascoltatore è di fronte ad un brano diretto e incisivo supportato da una sezione ritmica robusta e da un'abile prova di Clémentine, perfettamente in grado di tenere testa alla grinta di Michele. Il pezzo successivo, A Life of Our Own, ulteriore episodio a cavallo tra il power e il symphonic metal, vede Wanderers raggiungere le vette già toccate con la opener: le incursioni della batteria e della chitarra sulla base melodica, il ritornello lirico della Delauney e il bridge col doppio cantato impreziosiscono una prova complessiva già molto buona, fautrice a livello testuale di un messaggio di audacia assoluta verso le disgrazie più grandi. La successiva To the Universe è la canzone più veloce e risoluta del disco, in cui spicca la componente power grazie a sezione ritmica e chitarre pressanti. Pur non trattandosi di un brano dalla struttura ricca, il pezzo (inno allo spingersi con tutte le proprie forze oltre la comfort zone) risulta convincente e gradevole ed è abbellito da un nuovo assolo di chitarra. Into the Light è un'ulteriore ballad che, stavolta, vede come protagoniste indiscusse Clémentine e le tastiere: sublime, luminosa e piacevole, sa essere cinematografica grazie all'espressività della cantante, supportata solo verso il finale dalle incursioni di chitarra e batteria. The Silent Scream, ottavo capitolo del full-length, spicca su tutti per il testo, denuncia all'essere umano e al suo rapporto malato con la Madre Terra. Le liriche narrano di un declino inesorabile che è già in atto, trovando tuttavia la forza di farsi speranzose ("There's a way that we can take to repay all the hurt", o ancora "Truth must be shown to the blind"); il brano in questione è un buon episodio sinfonico dal mood drammatico e cupo, a tratti nightwishiano, con un cantato molto teatrale e partecipato e con una salda sezione strumentale. La potente The Siren & the Sailor e i suoi connotati "pirate metal" ci portano in mare aperto a bordo di un galeone: l'attacco sinfonico esplode con archi e tastiere e trova solidità nella prova canora di entrambi, con una Clémentine che ricorda per prestanza e abilità lirica la collega Simone Simons. L'amalgama delle voci dà vita ad una narrazione a due parti, in cui il pirata (impersonato da Michele) chiede aiuto alla protagonista femminile per redimersi dal lato oscuro e dalle numerose tentazioni che l'esistenza ha in serbo per lui. A questo ulteriore episodio di spicco segue la brillante titletrack Wanderers: durante i suoi tre minuti e mezzo ‒articolati unicamente su voce femminile e tastiere‒ seduce e commuove, ponendoci di fronte alla forza del testo. Talvolta, per progredire, occorre essere disposti a mettere in discussione molto di sé, anche ciò che diamo per scontato. Gli inediti dell'album si concludono con l'accoppiata At the End of the World e Bring the Storm. Il primo è un mid tempo immediato caratterizzato da sferzate speed di batteria, mentre il secondo si focalizza su uno stile sinfonico cupo e accattivante con una prova eccelsa e modulata ai microfoni, in un continuo saliscendi. Spetta alla cover In and Out of Love il compito di calare il sipario. Il risultato di questa rivisitazione di quanto fatto più di dieci anni fa da Sharon den Adel è incantevole e il merito va alla Delauney, che si destreggia con classe tra archi, tastiere e strumenti principali regalando all'ascoltatore una buona versione sinfonica di un brano elettronico.

Riprendendo la domanda posta all'inizio, ciò che emerge dall'ascolto di Wanderers è che i Visions Of Atlantis sono in parabola ascendente: l'album mostra una band in totale sinergia, che fa leva in primo luogo sulla tecnica canora e le abilità espressive dei due cantanti, ponendo l'insieme ancora più in alto rispetto a quanto guadagnato lo scorso anno con The Deep & the Dark. Questa nuova uscita discografica appare ispirata tanto a livello strumentale quanto sul versante testuale e può far forza su un cantato maschile e femminile che non si alterna semplicemente, ma che si arricchisce e si sostiene a vicenda in ogni brano. In sintesi, ci troviamo di fronte alla miglior versione dei Visions Of Atlantis di sempre. Sarebbe davvero un peccato se, a questo livello, il gruppo dovesse subire una nuova rivoluzione in termini di line up: ciò che possiamo augurare alla band austriaca è di continuare a percorrere questa strada coi compagni di viaggio attuali, in vista di una crescita ancora maggiore. Avanti tutta!



VOTO RECENSORE
78
VOTO LETTORI
83.15 su 19 voti [ VOTA]
McCallon
Mercoledì 14 Agosto 2024, 12.50.31
3
La cover di Armin Van Buuren è eccezionale.
Matteo
Domenica 22 Settembre 2019, 14.08.55
2
Sono perfettamente d'accordo con la recensione. Trovo clementine abbastanza espressiva, per rispondere al commento sopra, ma comunque può migliorare
AlinoSky
Sabato 21 Settembre 2019, 15.49.26
1
ma Clémentine sa dare emozioni quando canta? di un piattume unico. Almeno è bona, per il resto non mi piace per niente
INFORMAZIONI
2019
Napalm Records
Power/Symphonic
Tracklist
1. Release My Symphony
2. Heroes of the Dawn
3. Nothing Lasts Forever
4. A Journey to Remember
5. A Life of Our Own
6. To the Universe
7. Into the Light
8. The Silent Scream
9. The Siren & the Sailor
10. Wanderers
11. At the End of the World
12. Bring the Storm
13. In and Out of Love (Armin Van Buuren cover)
Line Up
Clémentine Delauney (Voce)
Michele Guaitoli (Voce)
Christian Douscha (Chitarra)
Herbert Glos (Basso)
Thomas Caser (Batteria)
 
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