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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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The Devil Wears Prada - The Act
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20/11/2019
( 1671 letture )
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Ritorno sulle scene degli americani The Devil Wears Prada, fra i pionieri del genere electronic metal core. Già fra il 2004 e i 2007, con l’uscita dell’album di debutto Dear Love: A Beautiful Discord e il successivo Plagues, i nostri infatti proposero una versione di metal core/screamo piuttosto sperimentale e infarcita di sonorità digitali e synth elettronici. I cinque ebbero un ruolo significativo anche dal punto di vista espressivo, proprio grazie a una dicotomia evidente fra parti estremamente furiose e strazianti e parti più melodiche ed efebiche. Tutto ciò era incarnato soprattutto nel confronto fra le due voci, le harsh vocals del selvaggio frontman Mike Hranica e le clean vocals del chitarrista/cantante Jeremy DePoyster, ma anche nello sposalizio delle chitarre spigolose e distorte con gli inserti di pianoforte classico.
Ancora una volta ci troviamo dunque davanti a una band che ha fatto storia, e con una premessa tale è sempre difficile porsi nei loro confronti senza aspettative alte. Tuttavia, già nell’ultimo lavoro Transit Blues i nostri si erano discostati dal metal core sinfonico/digitale per passare a un post hardcore con intenzione screamo, quasi noisecore, che riprendeva più che altro la parte più selvaggia dei primi tempi, anche con un songwriting meno pulito e definito, meno amabile all’ascolto. Che fosse un cambiamento fisiologico o una scelta, il risultato non è stato malvagio, ma probabilmente non del tutto all’altezza del ruolo musicale dei primi lavori (ma anche del lavoro di mezzo 8.18): niente di altrettanto eclatante insomma.
The Act, ugualmente come il precedente Transit Blues, non torna indietro al passato e rimane sul nuovo stile della band, andando anche oltre: uno stile che vorrebbe discostarsi dalle attuali proposte, ricercando comunque la sperimentazione, punto in comune con il passato. I The Devil Wears Prada sicuramente sfruttano le numerose possibilità attuali di esprimere quelle intenzioni elettroniche dei primi anni tramite la produzione. Abbiamo un muro del suono decisamente più sottile, ma l’ascolto non è del tutto semplice o leggero, anzi si mostra abbastanza arduo in alcuni momenti: l’eccesso di screamo e noisecore sfiora a tratti l’insopportabile, nonostante la presenza di parecchie parti più catchy e pop/rock (come in Lines Of Your Hands). È in generale l’eccessivo mix di generi nel songwriting che crea mancanza di linearità e incertezza nell’ascolto: sperimentando troppo, il rischio di cadere nell’incoerenza o nel disordine è dietro l’angolo. Hranica ha senza dubbio cambiato modo di cantare, utilizzando lo yelling e uno screaming di frequenza diversa, meno potente ma comunque molto caustico, volutamente straziante -forse un’ulteriore scelta espressiva- alternato a momenti di growl cavernoso. Le parti pulite di DePoyster sono meno efebiche e più inquadrate, utili nel far prendere una pausa e una boccata d’aria dall’impressione oscura e lancinante del lavoro, che anche a livello di concept vuole toccare soprattutto l’argomento della falsità, in ambito sia culturale che sociopolitico. “The Act” è inteso dunque come “La Recita”, “La Farsa”. Switchable è una buona opening track con groove e breakdown notevoli, mentre la già citata Lines Of Your Hands ci ispira soprattutto per il delicato inserto di voce femminile. Chemical è una piacevole ballad emozionale che, recitativa e immediata, colpisce l’ascoltatore come un balsamo: un modo per prepararlo agli spigoli e ai graffi presenti nei successivi pezzi, ma anche per richiamare i ritornelli pop, come in Please Say no e As Kids. Diamond Lost invece abbraccia un gusto fin troppo pop, mentre Isn’t Strange, pur indugiando in parti pulite ed emotive sia vocali che di pianoforte, è forse la canzone più dicotomica ed esemplare per il confronto tra i fotogrammi agrodolci con le parti estreme. Quest’ultimo pezzo prende il ruolo di punta di diamante del lavoro almeno quanto l’intensissima Numb.
Nel complesso si tratta quindi di un album con alti e bassi, che volendosi dividere fra complessità e immediatezza (e non riuscendoci del tutto) richiede un ascolto molto attento per essere capito ed eventualmente apprezzato. Alcune chicche, tuttavia, meritano l’attenzione sia dei fan storici della band che degli amanti del genere.
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4
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...oscure...il nome si riferisce al titolo di un libro ...e mi sa che fanno metalcore con temi cristiani.....non mi sembra che insultino il credo degli altri a scopo di lucro come e' di solito fare la combricola dei "mayhem-darkthrone muppets show"....
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3
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Soltanto una band di metalcorino poteva avere un nome simile. Baah! duke mi deludi, qui la blasfemia non ce la vedi o quando ti pare a te? Clericale incoerente. Il diavolo veste il pop |
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2
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Li ho sempre sottovalutati e da patito del genere, devo dire che la vena di sperimentazione che hanno messo in questo album mi ha piacevolmente colpito, soprattutto in un periodo dove la stagnazione in archetipi stereotipati nel metalcore sta solo creando problemi. È giusto dopo tanto tempo cercare di trasfornare il proprio suono e non finire a ridursi all'ennesima djenty/proggy core o a riciclare avanzi di nu metal sparsi (che sono filoni che apprezzo ma che stanno diventando fin troppo abusati) |
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1
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...li daro' un ascolto...i precedenti non sono male..... |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Switchable 2. Lines Of Your Hands 3. Chemical 4. Wave Of Youth 5. Please Say No 6. The Thread 7. Numb 8. Isn’t Strange 9. Diamond Lost 10. As Kids 11. Even Though 12. Spiderhead
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Line Up
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Mike Hranica (Voce) Jeremy DePoyster (Chitarra, Voce) Jonathan Gering (Tastiere) Andy Trick (Basso) Giuseppe Capolupo (Batteria)
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RECENSIONI |
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