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Sieges Even - Steps
14/03/2020
( 2312 letture )
Sfrontati, incoscienti, folli e coraggiosi. Tutti aggettivi con cui si possono definire i
Sieges Even, misconosciuta band tedesca dal cammino musicale difficilmente inquadrabile in un singolo genere. Protagonista a suo modo della storia del metal con una serie di dischi che hanno fatto dell’imprevedibilità e della sperimentazione sonora la propria cifra stilistica.
I nostri si sono formati negli anni ottanta, debuttando con l’impressionante Lifecycle nel 1988. È un debutto dotato di una personalità istrionica ed eclettica, nonostante sia ancorato e circoscritto a stilemi legati al thrash più tecnico e sperimentale di scuola Watchtower. In questa opera non troverete passaggi orecchiabili quanto piuttosto brani articolati, arzigogolati e irrimediabilmente avvitati su loro stessi in modo quasi autoreferenziale e compiaciuto del proprio strapotere tecnico. Lifecycle fu la risposta europea ad un certo modo di intendere il thrash metal, urlando e affermando con prepotenza la propria personale via in un contesto già enormemente variegato e costellato di band di per sé dotate di tratti stilistici unici -si pensi per esempio ai Deathrow, ai Paradox o ai Mekong Delta. Il primo disco dei Sieges Even è stato un unicum irripetibile, nonché una mezza fregatura: quando si debutta ad un livello simile infatti o si prosegue sugli stessi paletti autoimposti, rischiando alla lunga di stagnare la propria vena compositiva, o al contrario si gioca il tutto per tutto con i lavori successivi prendendo le distanze e approfondendo maggiormente aspetti e gamme espressive delle proprie sonorità ancora parzialmente inesplorate.

Questo è Steps: sfacciata sperimentazione, tecnicismo puro, un concentrato di ingarbugliate soluzioni sonore di estrazione talvolta jazz/fusion, talvolta prog puro, che segnano una notevole distanza dal debutto. I teutonici anticipano con un pugno di canzoni molte tendenze e soluzioni poi sdoganate ed ampiamente esplorate dalle maggiori formazioni prog metal nel corso degli anni ‘90. L’ impatto iniziale è straniante e atipico; ci si aspetterebbe una mazzata in pieno volto, ma invece le sette parti che compongono la sfibrante suite Tangerine Windows of Solace spiazzano prima con l’intro fatta di archi nel primo minuto e poi con un progressivo e stratificato viaggio tra gli arpeggi sinistri e a tratti atonali delle chitarre. Il quadro si completa con una sezione ritmica chirurgica, sincopata, iper tecnica. La batteria scandisce colpi sbilenchi, tempi dispari senza soluzione di continuità e drum fills tra piatti e tamburi di notevole complessità. Il basso invece è petrolio gorgogliante che avvolge tutto con la sua unta vischiosità. I groove che Oliver Holzwarth esegue sono a metà tra sostegno ritmico e libertà solista, il tutto volto ad una continua esplorazione mai fine a sé stessa dei limiti espressivi delle quattro corde. L’imprevedibilità dei due motori ritmici è la dimostrazione che la lezione impartita dai Watchtower non solo è stata appresa, ma anche interiorizzata, masticata e digerita fino a divenire altro. Oltre alla band di Ron Jarzombeck, i Sieges Even portano su un piano ancora più spinto l’esplorazione di pattern dispari e degli arpeggi di chiara matrice Rush. C’è però anche una forte componente jazz/fusion come precedentemente anticipato che si evince in parte dall’etereo suono delle chitarre, decisamente poco distorte e, soprattutto, dagli improvvisi fraseggi spezzati sciorinati in modo imprevedibile che spezzano improvvisamente le cadenze più accessibili. Al tempo stesso però, in alcuni passaggi di Steps emerge l’influenza dei Fates Warning. Gli statunitensi infatti avevano anticipato un po’ tutti proprio sul finire degli anni ottanta con un paio di lavori fondamentali come No Exit, Perfect Symmetry, due dischi imprescindibili per capire come nel tempo, l’heavy metal sia divenuto via via sempre più complesso e articolato. I Sieges Even sembrano una risposta europea alla band di Jim Matheos, decisamente più raffinata, espressionista ed intellettuale, ma anche apparentemente incapace di creare quel giusto bilanciamento tra complessità strumentale e grandi melodie memorabili. Ma nel caso dei tedeschi va benissimo così poiché questa è più una peculiarità aggiunta di una cifra stilistica unica del suo genere, più che una goffa imitazione.
La performance dietro al microfono del pur valido Franz Herde è un mostro di Frankenstein composto da un misto indefinito tra lo stile declamatorio di Alan Tecchio e un Ray Alder sotto acidi. I suoi interventi vocali sono misurati col contagocce e puntano molto sulla teatralità, con esiti volutamente a cavallo tra il paranoico e il grottesco. È una vocalità istrionica ed unica, che si ama o si odia, ma che certamente non lascia indifferente l’ascoltatore. Tenuto conto di tutto ciò, Tangerine Windows of Solace è, nella sua totalità, una suite estremamente personale ed è una sorta di manifesto del nuovo stile dei tedeschi, lontano anni luce dal furioso esordio dai connotatati thrash ed incredibilmente ricco di un humus fertile dal quale molte band prog metal trarranno le proprie fonti d’ispirazione.

La seconda parte del disco, inaugurata con la title track, approfondisce ulteriormente quanto espresso con la precedente suite. L’atmosfera è ansiogena ed è connotata da una costante mutazione e senso di incertezza principalmente dovuto dalle strutture sghembe delle metriche e dagli arpeggi sospesi e atonali. La restante metà dell’album serve a confermare definitivamente lo stacco col thrash dell’esordio e, allo stesso tempo, getta le basi per la transizione verso lidi progressivi talvolta lontani dal metal tout court, con risultati che troveranno la massima maturità espressiva soltanto a partire dal seguente A Sense Of Change. La musica è comunque ispiratissima nonostante i Sieges Even abbiano un’evidente propensione per il tecnicismo al limite dell’autocompiacimento narcisistico.

Per chi scrive, Steps non è un bel disco, o almeno non lo è secondo i canoni standard. Dimenticatevi pure qualsiasi cosa possa essere catchy o a presa rapida, così come la dicotomia tra i concetti di bello brutto. In questo disco troverete un quartetto che fa bella mostra delle proprie doti tecniche, che nel bene o nel male impongono il classico aut aut: prendere o lasciare. Steps è lavoro freddo e snervante, addirittura fastidioso e ostico e che richiede una disposizione mentale e una soglia d’attenzione non indifferente, ma che di sicuro ha soddisfatto e saprà soddisfare chiunque abbia il coraggio e la voglia di addentrarsi nelle sue spire.

Dopotutto, un lungo viaggio inizia col primo passo.



VOTO RECENSORE
93
VOTO LETTORI
87.36 su 11 voti [ VOTA]
ProgDanny
Mercoledì 29 Gennaio 2025, 13.30.14
4
Album fuori dai canoni, certamente ostico ma di grandissimo valore, soprattutto per l\'epoca. Un piccolo gioiello.
progster78
Lunedì 12 Settembre 2022, 18.32.19
3
Come già detto sonorità tra Watchtower e periodo fine '80 dei miei amati Fates Warning. Complesso e bellissimo ma bisogna ascoltarlo molte volte per assimilarlo. Band che rimpiango ancora adesso. Voto 90.
Tino
Sabato 14 Marzo 2020, 23.40.30
2
Grande disco forse persino del debutto. Qua sono meno techno teutonic thrash alla deathrow e si sentono tantissimo le influenze rush e quelle fates warning, comunque non dal punto di vista dell'orecchiabilità ma dal punto di vista più cervellotico. Un disco difficile ma sicuramente da recuperare da sotto la polvere per chi ce l'ha
Crimson
Sabato 14 Marzo 2020, 14.15.39
1
I riferimenti ci sono tutti (nella recensione dico). Ma anche partendo dal thrash, i Sieges Even sono sempre stati distanti dallo speed/thrash tecnico e prog sparato dei Mekong Delta l'esordio risente molto di Watchtower e poi del power-prog dei Fates Warning. Steps è una evoluzione davvero notevole che spinge il technical prog metal - partendo dalle ricerche sempre dei Fates fine anni'80 poi Watchtower - verso lidi davvero sperimentali per l'epoca e che ancora oggi suonano strani ed atipici. Il lavoro successivo sarà una specie di Parallels molto "tecnico"- e una verisone più accessibile e melodica di Steps - e molto debitore di certi Rush. Un disco unico, molto bello che va vissuto lasciandosi trascinare dalle trame contorte, "free" che creano i musicisti. Purtroppo, Franz Herde per me è un problema, alla fine ti ci abitui ma se ci fosse stato non dico un cantante di livello di Alder o un John Arch o un Tate/Midnight che non è certo gente che trovi sotto l'albero, ma migliore sarebbe stato molto meglio.
INFORMAZIONI
1990
Steamhammer
Prog Metal
Tracklist
1. Tangerine Windows of Solace: Alba
2. Tangerine Windows of Solace: Epitome
3. Tangerine Windows of Solace: Apotheosis
4. Tangerine Windows of Solace: Seasons of Seclusion (The Prison)
5. Tangerine Windows of Solace: An Essay of Relief (A Tangerine Dream)
6. Tangerine Windows of Solace: Disintegration of Lasting Hope
7. Tangerine Windows of Solace: Elegy (Window of Perception)
8. Steps
9. Corridors
10. The Vacuum Tube Processor
11. An Act of Acquiescence
12. Anthem Chapter I
13. Anthem Chapter II
Line Up
Franz Herde (Voce)
Markus Steffen (Chitarra)
Oliver Holzwarth (Basso)
Alex Holzwarth (Batteria)
 
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