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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Today Is the Day - No Good to Anyone
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02/04/2020
( 2153 letture )
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Tra i personaggi più curiosi e controversi che popolano il fitto universo della musica metal, sicuramente trova spazio Steve Austin, mente e corpo dei Today Is the Day, gruppo mai troppo celebrato e responsabile di un capolavoro di malessere e disagio come Temple of the Morning Star già nel 1997. Sembra che la sorte non sia stata particolarmente generosa con Austin, soprattutto in questi ultimi sei anni, che separano il nuovo album No Good to Anyone dall’ultimo Animal Mother, datato 2014. Il nostro racconta, anche nelle numerose presentazioni della sua nuova opera, il complicato periodo che ha dovuto passare per arrivare a pubblicare i quattordici brani che segneranno il 2020 dei Today Is the Day: dalla fine del 2014, quando il suo furgone è stato investito durante un viaggio in autostrada da un conducente che aveva perso il controllo del proprio mezzo, i guai di Steve Austin hanno iniziato ad accumularsi; prima i danni fisici derivanti dall’incidente, che si sono fatti via via sempre più gravi e difficili da sopportare, anche con l’uso di medicinali piuttosto invadenti e infine la scoperta della malattia di Lyme, diagnosticata prima all’amato pastore australiano Callie e in seguito anche a se stesso. Tristemente il povero cane è stato soppresso poiché non abile a superare la pesante infezione, mentre Austin ha intrapreso un lungo percorso per uscirne: numerosi rigonfiamenti in ogni parte del corpo, tanto da limitare i movimenti fisici e provocare per più di una volta il rischio di soffocamento, fino ad arrivare alla quasi impossibilità di articolare le dita della mano. La paura più grande di ogni chitarrista e musicista in generale. Austin tiene a dire che la sua famiglia è stata la più grande responsabile del guarimento e soprattutto il giovane figlio Will è servito come vera e propria cura per uscire dalla pesantissima condizione di malessere fisico e psicologico; prova ne sia il fatto che proprio il figlio compare come ospite nel nuovo album, precisamente in Orland – una breve interpretazione del Clair de Lune di Debussy – e nella traccia finale Rockets and Dreams.
Appurato quindi che questo No Good to Anyone nasce da un insieme di avvenimenti per nulla felici e che Austin ha perciò voluto esorcizzare attraverso la musica, troviamo quasi cinquanta minuti di rabbia ed odio puro, come ben stigmatizzato dall’evocativa copertina a cura di Jef Whitehead dei Leviathan, che raffigura un uomo dalla postura inequivocabilmente associata a Cristo mentre viene additato da un’infinità di dita umane e trapassato da serpenti. Sicuramente sia Whitehead sia lo stesso Austin hanno voluto dare una precisa immagine di quello che è stato un vero e proprio calvario per il musicista americano, culminato con una ipotetica resurrezione. Qual è il suono del calvario? Qual è il suono dell’inferno? Questo è quello che i Today Is the Day cercano di mettere in musica in questi quattordici brani e lo fanno attraverso una tavolozza di influenze tra le più disparate tra loro. Sicuramente la base di partenza è da ritrovare in un pesantissimo industrial metal ibridato con lo sludge di matrice Melvins, ma senza dimenticare ferocissime bordate noise rock – presenti da sempre nella musica della band – e incursioni nel folk appalachiano. Ma circoscrivere a questo lo spettro compositivo della creatura di Austin sarebbe alquanto riduttivo: la titletrack ad esempio apre il disco con un riff al limite del death metal, proseguendo con una struttura che non disdegna schizzi grind guidati dalla voce filtrata all’inverosimile e dalla batteria di Tom Bennett, chirurgica e letale. Sul finale è la componente noise che si fa vivida e trascina via in un gorgo tutto ciò che ancora è definibile musica. Proseguendo però con la tracklist, la seguente Attacked By An Angel si presenta con delle chitarre pesantissime che ricordano un malato ibrido tra i Melvins e i Tool, mentre la voce litanica di Austin si trascina stanca con un andazzo dalle armonizzazioni quasi grunge per tutto il corso del brano. Nella sua brevità uno degli episodi migliori dell’intero album. Burn In Hell è un altro buon esempio della versatilità della band, che infatti si cimenta con un hard rock dal suono sì gelido, ma dall’atmosfera quasi ballabile; un altro brano breve che va dritto all’obiettivo e non fallisce, anche grazie ad un finale inaspettato che è paragonabile ad un jumpscare cinematografico. Ancora, You’re Gonna Die, pregna di sonorità grunge che flirtano col noise più grezzo e con l’industrial cibernetico à la Fear Factory e la sua gemellina Mercy, che si trascina lentamente nel baratro della disperazione umana grazie alle liriche disilluse di Austin. Anche in questo caso il finale ribalta le sorti dell’intero brano, andando a parare nei pressi del blues più acido e deviato che possiate immaginare. Escono dal seminato brani come la sinuosa Cocobolo, che parte in sordina e si apre poi verso l’industrial metal figlio diretto del Marilyn Manson più ispirato al momento del ritornello, e la semiacustica Callie, dedicata al già citato cane di Austin. Questo è un pezzo che potrebbe ricordare i Sonic Youth di fine anni ’80 nei loro momenti più riflessivi, tanta è la delicatezza e la profondità che viene emanata dai pochi accordi utilizzati. Si arriva quindi all’ultima canzone del disco, che coi suoi otto minuti è anche l’episodio più lungo: Rockets And Dreams ha ancora una volta un avvio acustico e tribale, molto suggestivo e psichedelico, che sostiene la voce stavolta melodiosa e sofferta del frontman; tutto si conclude dopo tre minuti e mezzo e francamente sarebbe anche abbastanza così, però i nostri decidono di aggiungere una coda finale dal sapore drone/ambient che forse avrebbe funzionato meglio come momento a sé in mezzo alla tracklist piuttosto che come finale del brano, che preso fino a un certo punto sarebbe validissimo. Ma è un compromesso che l’ascoltatore deve accettare, sapendo chi sta ascoltando.
No Good to Anyone, sebbene il titolo di per sé sia esplicativo della musica contenuta, rappresenta la prima uscita dei Today Is The Day con una major, la BMG. Questo si traduce in due aspetti: un sound per certi versi ben più accessibile rispetto ai precedenti lavori della band, soprattutto quelli di fine anni ‘90/inizio 2000 e una produzione tra le migliori mai avute dal gruppo, che rimane tutta farina del sacco di Steve Austin, ma comunque spicca particolarmente per pulizia, precisione e definizione. Tutti gli strumenti suonano limpidi e glaciali nella loro freddezza spietata e la voce è ben amalgamata al resto della strumentazione, sebbene non sia scevra da numerose sovra incisioni e filtri che la rendono spesso meno che umana. Quindi No Good to Anyone potrebbe benissimo rappresentare per molti ascoltatori il primo approccio con la musica di Steve Austin, grazie ad un concentrato di brani variegato, ma non eccessivamente estremo e questo è sicuramente un pregio, tanto più che la band non ha cambiato di una virgola la violenza e il nichilismo con cui esprime e mette in musica determinati concetti, semmai ha provato a renderli più comprensibili ad una platea potenzialmente più ampia. L’ascolto di No Good to Anyone infine è consigliato in coppia con la visione del documentario del 2018 The Man Who Loves to Hurt Himself, dove lo stesso Steve Austin si apre al pubblico e alla telecamera per spiegare il proprio concetto di arte e quanto esso sia fondamentale per la sua vita, al punto di poterne morire. La dimensione umana di Austin è finalmente mostrata a nudo nelle note di No Good to Anyone, prendete e godetene tutti.
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4
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il primo pezzo sembra quasi black |
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3
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meglio Baglioni sembra musica Dark |
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2
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è moscissimo. dove sono finiti i today is the day di sadness will prevail? per me non arriva nemmeno alla sufficienza.
voto 59
pezzo migliore : No Good To Anyone
pezzo peggiore : tutto il resto |
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1
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Mi ero completamente perso l'uscita, ma leggendo la recensione (ottima, tra l'altro) so già che godrò come un riccio. Non vedo l'ora di sentirlo. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. No Good To Anyone 2. Attacked By An Angel 3. Son Of Man 4. Burn In Hell 5. You’re All Gonna Die 6. Orland 7. Cocobolo 8. Agate 9. Callie 10. OJ Kush 11. Mercy 12. Born In Blood 13. Mexico 14. Rockets And Dreams
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Line Up
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Steve Austin (Voce, Chitarra) DJ Cox (Basso, Sintetizzatori) Tom Bennett (Batteria, Percussioni)
Musicisti Ospiti: Will Austin (Pianoforte su tracce 6, 14)
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RECENSIONI |
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