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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Abigor - Totschläger (A Saintslayer’s Songbook)
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23/12/2020
( 3315 letture )
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Che gli Abigor siano una delle band black metal più affascinanti è cosa nota già da tempo. Il duo viennese (terzetto, se si considera anche il cantante Silenius, che però non rientra ufficialmente nella formazione) è, nel panorama di riferimento, un antidivo: niente concerti, niente scandali, niente annunci in pompa magna. Come un fulmine a ciel sereno, infatti, Totschläger: A Saintslayer’s Songbook ha fatto irruzione nel mercato discografico, per ora solo in formato digitale sulla pagina Bandcamp della label tedesca.
Potremmo paragonare la band al celeberrimo dipinto di Alexander Cabanel raffigurante l’Angelo Caduto. Come la figura luciferina nel quadro tenta di sottrarsi alla vista, nascondendo con le braccia muscolose il proprio volto e stringendo attorno a sé le elegantissime ali piumate, lasciando solo intravedere uno sguardo ferino, finestra su sentimenti viscerali di odio e vendetta, così gli Abigor si ritirano dal palcoscenico del black metal - talvolta, a dire il vero, più vicino ad un circo: vedasi l’ormai antica vicenda che ha visto protagonisti i polacchi Batushka - per gettare come saette le proprie note piene di violenza sonora, grida logoranti, composizioni elegantissime. Dunque, Totschläger. Cos’è quest’ultima fatica del gruppo austriaco? Potremmo cominciare a parlarne con formulazioni negative, investigando non il cosa-è ma il cosa-non-è. La prima di queste formulazioni potrebbe essere la seguente: Totschläger non è un disco facile. Al tempo stesso, però, non è nemmeno un disco eccessivamente cervellotico. Non è un disco minimale e schietto: la prima traccia è lì a dimostrarcelo. Si prendano Gomorrah Rising / Nightside Rebellion e All Hail Darkness and Evil, la canzone che apriva il precedente full length Höllzenwang (Chronicles of Perdition), e la natura del nuovo lavoro risulterà immediatamente chiara: alla furia cieca -ma non irrazionale- di quest’ultima, si contrappone la maestosità della prima, che si apre con orchestrazioni sinistre ed apocalittiche, con dita delicate ma decise che danzano su un pianoforte alla stregua delle più solenni e cupe composizioni di Sergei Rachmaninoff, con suoni d’ambiente metallici e battaglieri di spade che si scontrano ed incrociano, urla di soldati; tutto questo, prima di accendere la più nera fiamma dell’Inferno, dopo poco più di un minuto e mezzo. È in questa seconda sezione del brano che P.K. e T.T. si lasciano impossessare dal maligno, tessendo trame di chitarre stratificate, con la batteria selvaggia lanciata a 200 km/h ed il basso che, come di recente è capitato ed in totale antitesi con i lavori più datati degli Abigor, è possibile sentire scandire la propria partitura con grave e solenne attenzione. Durante questo terremoto sonico, la voce di Silenius decanta i propri versi con uno scream sulfureo e corrosivo che viene sapientemente ed elegantemente sorretto da cori sintetizzati che lo accompagnano, creando una stupenda contrapposizione che, certo, non può affatto dirsi originale o rivoluzionaria (già gli Emperor, padrini del symphonic black metal, proposero un simile accostamento in brani come I Am the Black Wizards, ad esempio) ma risulta comunque assai efficace ed ammaliante.
Un’altra definizione negativa di Totschläger potrebbe essere: non è un disco scontato. Non ci riferiamo, con ciò, all’aspetto economico dell’album ma, ovviamente, a quello musicale. Con il passare dei minuti e delle canzoni (e con il ripetersi degli ascolti) risulta sempre più evidente la grande varietà della proposta che, pur basandosi su una manciata ristretta di capisaldi estetici, riesce ad essere cangiante e multiforme. Abbiamo menzionato, poco sopra, la solennità dell’intro di Gomorrah Rising / Nightside Rebellion. Ebbene, la si paragoni con l’intro cavalleresca e medievaleggiante della terza traccia Orkblut (Sieg oder Tod): entrambe sono di chiarissimo stampo sinfonico, eppure quest’ultima lascia respirare l’aria umida e viziata dei secoli ormai defunti e passati, mentre la prima evoca un timore reverenziale dinnanzi ad un panorama apocalittico. Prima dell’assedio black metal, in Orkblut è possibile rivivere le emozioni, rese solo più sinistre, delle colonne sonore composte da Uematsu Nobuo per i capitoli ad ambientazione medievaleggiante della saga videoludica di Final Fantasy (ad esempio, il IX). Queste atmosfere cortigiane riportano alla mente dell’ascoltatore l’EP Orkblut - The Retaliation, con i suoi inserti folk provenienti da un passato ormai remoto e defunto, reso più moderno tanto da tre lustri di esperienza maturata in più quanto da una produzione pulita che rende la carica epica del brano estremamente galvanizzante: ad ogni ulteriore secondo di ascolto, la voglia di imbracciare un’alabarda e di scagliarsi, protetti da un’impenetrabile corazza, contro chiunque esca da un edificio sacro aumenta a dismisura. Nonostante la granitica durezza che permea le rocciosissime parti black metal, gli Abigor sanno inserire anche inserti più melodici, senza rinunciare a quel clima di terrore ed apocalisse che contraddistingue questa loro ultima fatica. È il caso della sublime Scarlet Suite for the Devil, la cui apertura sembra più prossima al neomelodic/power metal, con la linea di chitarra solista, riverberata ed accompagnata da un contorno di campane ed altre chitarre, che ondeggia su note acute, prima di tacersi ed evolversi in un pezzo che si colloca a metà strada tra la furia black metal ed una complessità dal sapore progressive. È questo il brano più vicino al symphonic più tradizionale e figlio dell’estetica dei Dimmu Borgir, con la sua affascinante pomposità e la sua capacità di “riempire” abbondantemente l’orecchio. La successiva La Plus Longue Nuit du Diable / Guiding the Nameless può fregiarsi del titolo di canzone più terrificante ed angosciante del disco: un mesto e minaccioso incipit al clavicembalo, durante il quale la mano sinistra scandisce il tempo con un basso continuo quasi meccanico, mentre la mano destra si diletta a muoversi in modo quasi sensuale e minaccioso sulle note alte, sorrette da clavicembali e da un organo. Un inizio sinistro al quale fa seguito un quieto arpeggio di chitarra e poi l’incubo: un urlo, proveniente dagli abissi più profondi degli inferi, irrompe ex abrupto facendo saltare più di qualche battito al cuore (una sola volta sentii il medesimo terrore sentendo uno scream: fu al mio primo ascolto di Death-Pierce Me dei Silencer, nel momento in cui Nattramn fa il suo ingresso in scena); il prosieguo è un mid tempo, con qualche sporadica accelerazione, nel quale le chitarre attirano su di sé l’attenzione, con un susseguirsi di assoli che, a dire il vero, ben poco hanno da dire. Ben fatti, senza dubbio, ma certamente non particolarmente entusiasmanti.
Forse è meglio fermarci qui, per evitare di appesantire una recensione già lunga ma dalla quale spero sia trapelato la magniloquenza di questo lavoro, un disco enorme non tanto nella durata (intorno ai 50 minuti) quanto nella dimensione sonora. C’è tutto, in questi tremila secondi circa. C’è un’intera carriera; c’è un black metal tra i più eleganti e raffinati presenti attualmente sul mercato; c’è una varietà disarmante; c’è orrore, c’è rabbia, c’è entusiasmo. E c’è Terrorkommando Eligos, una chiusura perfetta, energica, talmente movimentata da mettere quasi il fiatone. Voglio salutarvi con un piccolo aneddoto: appena finito il primo ascolto, la mia carta di credito si è subito svuotata del costo del vinile. Un colpo di fulmine che con il ripetersi degli ascolti ha abbandonato la sua nociva patina di sentimentalismo irrazionale per rivestirsi del più ragionato apprezzamento artistico.
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9
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Personale giudizio..dato solo un ascolto iniziale e lo approfondirò
Pur non essendo un album brutto non mi ha colpito più di tanto...ben suonato..buon ritmo ...e capace di stupirti nell'attuale mediocrità di uscite
Ma ci trovo poco di quella grandiosità eccezionalità come da commento entusiasta...mi sembra che prenda fin troppo a piene mani nei primi arcturus..loro si inarrivabili...o con gli ultimi emperor
Se poi ci unisci un tocco di dimmu Borgir..puoi servire il tutto
Senza offesa per nessuno ma più di un 70 non riesco ad andare |
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8
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Album veramente ottimo. Certamente complesso, da ascoltare sicuramente con molta attenzione... però allo stesso tempo riesce ad essere accattivante già al primo impatto (almeno per me è stato così). I richiami alle band madri spuntano fuori (ogni tanto Emperor, ogni tanto Arcturus), ma mi sembra che il duo riesca a dare alla “questione” un’impronta comunque personale; ciò mi sembra più evidente per esempio nei due pezzi centrali dell’album o in Flood of Wrath. A prescindere comunque dal discorso stilistico, i pezzi e l’album nel suo complesso hanno veramente un gran bel tiro. Un ritorno di gran qualità. Voto 84 |
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7
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Questo dovete mettere in evidenza! Oppure vi fa schifo la copertina? |
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6
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Mmmmmmm io le band Italiane li scarto a priori...Proprio ora sto ascoltando il Capolavoro dei Mourning Beloveth "A Murderous Circus"...Altro che fronzole...!!!  |
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5
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Mmm, giusto un parere da profano quale sono rispetto a Giasse e Tyst. Ho ascoltato il disco un paio di volte, non mi è piaciuto. Credo che sia un problema mio però, perché da quel che ho sentito c'è tanta varietà e potenza di suoni che non faccio fatica a pensare che per qualcuno possa essere un quasi capolavoro. Ma il paragone fatto da Tyst con Quentin Tarantino mi ha fatto pensare. Certo, so bene che è solo un esempio, ma ho pensato che a qualcuno capire i rimandi, le referenze e le citazioni presenti in un lavoro stratificato di influenze può risultare irritante più che appassionante, soprattutto se queste restano delle citazioni, e non diventano elementi che trasformandosi a vicenda creano qualcosa di nuovo. Non è il mio caso, non avendo le conoscenze necessarie, ma a livello di sensazione è la stessa sensazione che mi ha fatto apprezzare meno, pur apprezzandolo molto, il nuovo disco dei Wayfarer rispetto al precedente. Ed è il motivo per cui pur piacendomi un sacco non potrò mai ritenere i film di Tarantino dei capolavori. |
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4
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Tyst, in realtà la tua "antitesi" è una "tesi" molto simile alla mia. Vado per ordine: rispetto a quello che tu chiami primo punto, concordo in pieno. Forse mi sono espresso in modo criptico ma rispetto all'estetica intendevo quello che hai esplicitato tu. Certamente alcune scelte riflettono con precisione il messaggio che gli artisti dell'epoca volevano trasmettere, fatto salvo che qualche reale errore (banalmente anche di giovinezza e/o di scarsezza di risorse) sia innegabile e facilmente identificabile; in questo caso spesso ci si riferisce ex post ad una volontà espressiva che ha edulcorato le imprecisioni rendendole un vero e proprio trademark. Forse l'affermare che le pietre miliari sono superiori ad ogni pensiero e forma mi ha fatto fraintendere. La forma è sostanza nell'arte e dunque ne è parte integrante: quello che intendevo è che lo sconvolgimento delle regole fu così radicale che ognuna di quelle opere viaggia a decine di km dal pensiero musicale del periodo, cosa che le rendeva (e le ha rese per sempre) quasi ultraterrene. L'aver integrato molte altre influenze, e qui rotoliamo verso il secondo e più dobattuto tema, ha a mio avviso reso più "terrene" e meno "mistiche" le opere contemporanee. Come dici tu per comprendere il black di oggi bisogna conoscere la storia di ieri, tuttavia per me un boccone già masticato... è più facile da far proprio (e anche un po' meno gustoso). Attenzione che sto generalizzando e non tenendo conto di casi specifici che possono sovvertire completamente l'opinione massiva. Detto ciò assoluto onore al tuo punto di vista, pertinente e argomentato; resto però della mia posizione... |
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3
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@Giasse innanzitutto ti ringrazio per le belle parole
In secondo luogo, vorrei soffermarmi sulla tua riflessione circa il black metal, con la quale concordo solo in parte. Certamente il black metal di oggi è da un certo punto di vista più accessibile rispetto a quello Novantiano; ma dall'altro è parimenti, se non ancor più, impenetrabile. Il primo punto a cui mi riferisco è quello relativo all'"ascoltabilità", ovviamente: un disco black metal medio odierno ha una produzione ed un mixing tali che l'orecchio è messo meno alla prova (i due campioni potrebbero essere Nattens Madrigal degli Ulver da una parte e A Umbra Omega dei Dødheimsgard dall'altra). Qui però ho già un primo appunto da farti: i risultati assai "sgradevoli" o, se vogliamo, anti-estetici del black metal Novantiano non sovrastavano affatto il pensiero estetico, che mi pare essere la tua opinione (correggimi se ho frainteso), ma erano figli proprio di un pensiero estetico che si opponeva radicalmente alla pulizia sonora del metal estremo dell'epoca. Non è vero dunque, secondo me, che erano "monoliti che si posizionavano on top di ogni pensiero e forma" ma, proprio come oggi, riflettevano una precisa idea (anti-)estetica.
Il secondo punto di vista a cui accennavo è anche quello relativo a ciò con cui meno mi trovo d'accordo e si ricollega a quanto ho appena scritto. Oggi il black metal è tanto inascoltabile -mi si passi il termine- quanto quello classico. Cambia semplicemente la prospettiva dell'inascoltabilità, che non è più legata alla produzione povera (fatte salve alcune eccezione, come i Paysage d'Hiver) ma alla massiccia stratificazione delle influenze che contaminano il black metal moderno, la cui impenetrabilità oggi richiede un grande bagaglio culturale-musicale per poter godere appieno di opere come il già citato A Umbra Omega o questo Totschläger. L'impenetrabilità del black metal contemporaneo è la medesima dei film di Tarantino: solo all'apparenza sono semplici e facilmente fruibili ma per poterli comprendere in profondità bisogna avere una conoscenza del cinema estremamente approfondita, una conoscenza che lo spettatore medio non ha per forza di cose.
Perdona la lunghissima risposta ma ho ritenuto il tuo ricco commento meritevole di un'approfondita antitesi  |
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2
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Tyst, bella recensione. Sai quello che dici e lo esprimi molto bene! Il concetto mi è arrivato. Per me Totschläger è un disco intressante nella sua complessità anche se a tratti mi sembra di aver già sentito tutto decine di volte. Io più che la sinfonia dei Dimmu Borgir ritrovo in alcuni passaggi la ricercatezza furiosa dei primi Arcturus (quelli di Aspera Hiems Symfonia). Il platter è positivo, ma il problema del black dei giorni nostri è che si sono perse le caratteristiche base che lo rendevano un genere impenetrabile. Tutti questi orpelli permettono a noi ascoltatori di scalfire il pensiero degli artisti contemporanei entrando nelle costruzioni musicali. Prova a recensire un seminale anni '90 (c'è qualche recensione sul sito che andrebbe rinfrescata). E' un esercizio in cui "capirai" che ogni imperfezione o "caduta" è irrilevante nella godibilità e nel giudizio del platter, che erano dei veri e propri monoliti che si posizionavano on top ad ogni pensiero e forma. Comunque mi piaci molto nelle disamine, anche in quella del recente Urfaust! Un abbraccio a tutti. M. |
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Recensione complessa, come il disco d'altronde! Per me il loro migliore, necessita di vari ascolti, ma poi prende molto bene. Li ho sempre considerati una grande band, ma con questo lavoro sono riusciti a mettere assieme tutte le loro caratteristiche migliori prendendo anche dai dischi di inizio carriera mischiandole con le cose più sperimentali tipo Leytmotif Luzifer. Da ascoltare sicuramente!
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Gomorrah Rising/Nightside Rebellion 2. Silent Towers, Screaming Tombs 3. Orkblut (Sieg oder Tod) 4. The Saint of Murder 5. Scarlet Suite for the Devil 6. La Plus Longue Nuit du Diable/Guiding the Nameless 7. Tartaros Tides 8. Flood of Wrath 9. Terrorkommando Eligos
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Line Up
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Silenius (Voce) P.K. (Chitarra, Basso) T.T. (Chitarra, Basso, Batteria)
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RECENSIONI |
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