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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Abigor - Time Is The Sulphur In The Veins Of The Saint...
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( 5156 letture )
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Destino meschino quello degli Abigor. Se anche la band austriaca potesse essere considerata una validissima cometa, che aleggiava lontano della galassia norvegese del blackmetal, passate le soglie del 2000 l'intento di dare una svolta al proprio sound non va proprio a buon fine. Dopo un clamoroso scioglimento nel 2003 la band si riforma nel 2006, ottiene uno strano contratto (visti gli standard) con la End All Life/NoEvDia e rilascia il mediocre Fractal Possession, album di post-blackmetal marziale a tratti industrial ma senza la pomposità degli Aborym, senza le schizofrenìe dei Mysticum e senza la curatissima sperimentazione dei Thee Maldoror Kollective.
Ci riprovano dunque con questo Time is the Sulphur in the Veins of the Saint... che, oltre ad avere un titolo tutto sommato poetico, estremizza la sperimentazione del disco precedente, giungendo ad eccessività sonore che in qualche maniera acquistano mediante l'ascolto un proprio senso. Il disco si divide in due lunghe tracce da venti minuti l'una, nelle quali gli Abigor propongono un blackmetal che ormai ha ben poco in comune perfino con i loro ultimi album pre-split. Benchè i testi traccino una linea filosofico/satanista/scientista, le musiche sono ben lontane dai canoni religious. Le astrazioni sonore sono demarcate dalla batteria alla quale vengono circoscritte una serie di sonorità folli, elettroniche, aliene e cibernetiche. Le chitarre fanno ottimi lavori soprattutto quando abbandonano i classici riff metal per puntare su acidi fraseggi (a volte in sweep, a volte in classici accompagnamenti, fino ad arrivare, soprattutto nella seconda parte dell'album, a sfuriate cyber-prog) puntualmente effettati con vari delay che rimbalzano da un canale all'altro, giungendo perfino alle similitudini con le sonorità 8 bit. Ottime anche le prestazioni vocali di Arthur Rosar che vanno dagli scream, alle declamazioni a voce filtrata, alle cantilene in voce pulita. Anche i synth compiono un egregio lavoro passando dagli accompagnamenti più industrial (Nine Inch Nails, KMFDM...) a qualche accenno di pomposo synthpop (New Order). Nonostante la lunghezza dei brani, l'album si dirama in modo eterogeneo favorendo notevolmente l'ascolto al fruitore; tra l'altro una vasta gamma di effetti e di cambi di stile fanno sì che il disco si mantenga sempre fresco.
Il risultato si configura come un'alternativa agli ultimi lavori di Dødheimsgard, Manes e Blacklodge. Menzione niente affatto casuale quella di questi ultimi artisti francesi: gli Abigor, infatti, rilasceranno il loro ultimo album anche in formato di doppio LP, creando una sorta di linea di continuazione concettuale, proprio con i Blacklodge, forgiando questa sorta di arma a doppio taglio. Il mio voto si basa quindi sulla considerazione che io abbia fra le mani (o meglio fra le orecchie) una specie di lavoro incompleto, che sarebbe meglio comprendere e valutare nella sua dualistica totalità con quello dei Blacklodge. Aggiungo anche, e qua concludo, che mi sembra un po' immotivata la scelta dell'estrema lunghezza delle canzoni (anche se la seconda parte spicca di più per creatività): si sarebbe benissimo potuto fare un disco da 8-10 tracce e non si sarebbe avvertita differenza alcuna, in quanto i due brani, come già accennato sopra, sono sufficientemente vari sia nei riff che nei testi.
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5
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Che amarezza e tristezza vedere una band come gli Abigor, che secondo me sino a Satanized ha piazzato un capolavoro dietro l’altro, finisca inesorabilmente nel dimenticatoio. Qualcuno di voi che ama Nachthymnen come me esiste ancora? 😉 |
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4
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wow Professor Morte, commento di gran classe. Lo apprezzo molto ma credo che con gli ultimi due album gli Abigor si sono mossi in territori semi-sconosciuti anche per loro. Questo è un disco che se fosse uscito dopo Satanized, sarebbe stato veramente all'avanguardia. Purtroppo in questi anni sono uscite decine di esempi simili e soprattutto meglio riusciti. Poi mi sembra che negli ultimissimi anni il blackmetal stia prendendo una piega un po' distante da questo proposto ora dagli Abigor. Restano una band che ho sempre amato, fino a Satanized compreso e che in futuro avranno la mia attenzione. |
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3
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Eh, il Professor Morte quando scrive non perdona  |
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2
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Wow, che intervento con le contropalle! Questi non li ho mai sentiti. Vado a recuperare. |
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1
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E' davvero un destino meschino quello degli Abigor: ossia quello di non riuscire (almeno dal '96) a ricevere i meritati elogi da una critica quasi mai al passo con la loro concettualità. Puntualmente (salvo i primi due full) gli Abigor hanno dovuto fare i conti con un pubblico poco attento, che ha rimproverato loro davvero di tutto: dall'eccessivo grezzume di "Apokalypse" al presunto rammollimento di "Supreme Immortal Art" (a suo tempo un ibrido innovativo), dalla criptica incomprensibilità di "Channeling the Quintessence of Satan" (una perla nera) al caos dei riff e della produzione di "Satanized" (in realtà un tentativo riuscito di estremizzare alcuni aspetti originari del black-metal continentale). Fino ad arrivare, naturalmente, agli ultimi due lavori, anch'essi (anche se per motivi differenti) sommamente sottovalutati e relegati a semplici corollari di quel calderone black metal contemporaneo (Aborym, Blacklodge, Diabolicum, Mysticum...) per far parte del quale sembra siano sufficienti una manciata di riff seminali e un paio di puttanate elettroniche qualsiasi. Non è così: negli Abigor c'è sempre una teoretica d'avanguardia rivolta all'estremizzazione dei aspetti musicali e concettuali la cui finezza può essere accostata a quella della darkambient, o della avantgard-wave scandinava, e che invece mal si presta ad essere analizzata con i grossolani strumenti del (solo) metal. Il destino meschino degli Abigor (che pur li rende ai miei occhi ampiamente stimabili) è di avere lo sguardo rivolto, sempre e di nuovo, in una direzione diversa da quello dei loro ascoltatori. Saluti e baci dal Professore. |
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INFORMAZIONI |
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Line Up
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Arthur Rosar - vocals Peter Kubik - guitar, bass Thomas Tannenberger - guitar
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