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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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Loathe - I Let It in and It Took Everything
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10/02/2021
( 1660 letture )
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La dimostrazione concreta di come il metalcore moderno sia un sottogenere in divenire, aperto a molteplici influenze alloctone e ormai libero dalla sterile riproposizione dei cliché emo degli anni ’00. Un ottimo esempio di questa nuova maturità viene offerto da I Let It in and It Took Everything dei Loathe, un giovane gruppo di Liverpool nato nel 2014 autore di una delle migliori uscite in ambito -core dell’anno appena concluso. Gli inglesi, nel corso della loro breve carriera, hanno messo a punto un sound molto particolare e intrigante, consistente in un metalcore/deathcore incamerante elementi post-rock, riff/breakdown djent ed un’elettronica di matrice industrial fino ad abbracciare, nel disco oggi in analisi, persino lo shoegaze e il nu/alternative metal. Vi sottopongo l’impressione a caldo che ho avuto una volta terminato il primo ascolto del full-length: è così che suonerebbero i Deftones se si votassero al modern metalcore? È solo una mera provocazione ovvio, forse però non del tutto campata per aria, dato che l’ombra di Chino Moreno e soci aleggia con forza nelle tracce più intimistiche e soprattutto nel timbro morbido della seconda voce Erik Bickerstaffe. La compresente dualità tra la ferocia delle harsh vocals e la melodia eterea è infatti uno dei cardini della proposta dei Loathe, capaci di ricreare in ogni brano un microcosmo di suoni e sensazioni contraddittorie dove, pur sulla lama di un rasoio, convivono riff acuminati, breakdown ruggenti, manipolazioni vocali alienanti e armoniose aperture in grado di placare il terremoto delle distorsioni e di farci immergere in atmosfere sognanti e placide, come se dopo un incubo claustrofobico ci trovassimo in uno spazio galleggiante squarciato da rasserenanti bagliori di luce.
Il primo contatto tangibile con tale dicotomia, non contando l’eterea introduzione Theme, è Aggressive Evolution, un manifesto sin dal titolo: partenza nervosa dal sommovimento djent-core con la voce di Kadeem France filtrata elettronicamente e poi libera di scatenarsi in uno scream ringhioso finché, tutt’a un tratto, arriva il ritornello in clean che ci avvolge e ci riscalda con il suo tepore; i contrasti non terminano nel prosieguo del brano anzi, delle interpolazioni vocali più spinte e il primo affiorare di virus glitch inspessiscono il tessuto sonoro che si dirama verso sbocchi industrial. Un raptus di collera senza freni esplode nell’up-tempo Broken Vision Rhythm, sorretto dall’urgenza della batteria incalzante di Radcliffe e dallo scream/growl ruvido di France, qui spalleggiato dall’ospite Harry Rule dei God Complex. Il quadro sonoro viene ribaltato completamente nella seguente Two-Way Mirror, cinque minuti ondeggianti tra richiami post-rock e alternative con vocals soffuse introversamente shoegaze e Deftones periodo Saturday Night Wrist o ancor più Koi No Yokan. La band offre poi la propria visione di quello che con sfrontatezza potremmo definire crossover contemporaneo in New Faces in the Dark, squassata tra pulsioni metalcore, fredde voci cibernetiche industriali, riff nu metal, ancora inflessioni alla Deftones e breakdown djent, il tutto calibrato e dosato magistralmente. Altra prova di forza sono i due minuti di Red Room, tesa nel suo avvio post-rock a tinte elettroniche e poi brutalmente sfregiata da harsh vocals durissime e da una scarica di breakdown djent-core. L’armonia dei poli opposti è ben visibile nella sfaccettata Screaming, dove France lacera e Bickerstaffe ricuce con gradazioni vocali terse rifacentesi a suggestioni indie e alternative alla Radiohead (influenza dichiarata dagli stessi cantanti) mentre la semi-ballad Is It Really You?, tra le nenie dei cori, melodie delicate e una chitarra acustica sul finale, trasporta in un paesaggio onirico illuminato da un timido sole primaverile. L’idillio così costruito viene frantumato senza pietà dal malvagio metalcore/deathcore di Gored, dove ancora una volta si prendono la scena il forsennato drumming di Radcliffe e le frequenze distorte del timbro sporco di France, e da Heavy Is the Head That Falls with the Weight of a Thousand Thoughts, la traccia più schizofrenica e pesante che si addentra in territorio black metal con i martellanti blast beat iniziali, continua muovendosi tra deathcore e infusioni glitch, ferisce con le tonalità bassissime del growl del main vocalist, devasta con breakdown granitici ed infine implode sotto le delicate note di una chitarra acustica. Magnifica, seppur completamente agli antipodi, è la fragile A Sad Cartoon, una indefinita perla di shoegaze, indie e alternative coronata dagli emozionanti intrecci vocali dei singer e dalle backing vocals aggiuntive per una prova corale da brividi. La band si congeda con la title-track, summa di quanto finora ascoltato e ultimo giro sulla giostra delle melodie diafane, harsh vocals efferate, breakdown djent e distorsioni elettroniche; adesso ogni cosa è al suo posto ed è dunque il momento del commiato.
Questa è senza dubbio una delle strade (assieme a quella più squisitamente industrial dei Code Orange) che il metalcore deve percorrere per scrollarsi di dosso l’etichetta di genere adolescenziale/commerciale: I Let It in and It Took Everything ridefinisce il concetto di -core e ne amplia a dismisura i confini grazie ad un sound moderno e umbratile in cui l’incontro/scontro tra violenza e leggiadria produce un risultato qualitativamente alto in termini di tecnica, cantato e puri sentimenti uditivi. The Door is Open si legge al centro dell’artwork: ora sta a voi scegliere se oltrepassare o meno la soglia e vivere un’esperienza in musica che, come recita il titolo del disco, potrebbe toccare i vostri sentimenti più profondi. In pratica il vostro tutto.
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13
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Oh grazie mille @Transcendence!! Sempre puntualissimo ed informatissimo! Quindi si son arenati con la scrittura del nuovo disco da qualche annetto...peccato! speriamo che siano a buon punto e nel caso che sia degno successore di questa perla! |
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12
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@DraKe: Sì esistono ancora. Nel 2021 hanno pubblicato un album post-rock/ambient per dare ai fan una distrazione durante i vari lockdown, e hanno cancellato i tour nel 2021 per scrivere il prossimo album in studio. Poi alcune date assieme a Spiritbox, Underoath, Periphery, Three Days Grace, Chevelle e alcuni festival nel 2024. C'è da dire che pur essendo attivi da 10 anni postano su Instagram solo dal 2020 con circa 3-4 post all'anno, quindi tengono un bassissimo profilo. |
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11
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Non so come son finito ad ascoltare questo disco, forse perché consigliato da qualcuno di voi in altri recenti post...ma... quanto spacca??? Bellissimo! Mi ha sorpreso molto sia per la proposta che per la produzione bella distorta adeguatissima e carta vincente per fare spiccare la musica verso le stelle! Ma esistono ancora? Questo disco è datato 2020 (anche se potrebbe essere probabilmente del 2030 talmente avanti...) |
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10
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Troppa competenza! I Knut mi eran piaciuti un casino.. Questi Loathe mi hanno interessato però, al di là di una certa "leggerezza" (chiaramente per i Miei gusti) nelle parti melodiche, forse anche la "troppa/tanta" Commistione di generi fa perdere un po' di compattezza all'Album... |
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9
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Si , il metalcore ha origine negli anni '90 e come dice giustamente @Transcendence, è figlio degli incroci del decennio precedente, quelli del crossover thrash.
Nei '90 il termine più corretto sarebbe Metallic Hardcore, ovvero gli stilemi base dell'hardcore interpolati con il metal: ti ricordi @Lucio i Knut? Ecco loro, anche se già un caso particolare, erano metallic hardcore come i Converge, i Sons of Abraham ecc. I più famosi di questo filone sono ancora oggi gli Hatebreed (di cui ho avuto il piacere di recensire l'ultimo disco del 2020) ma considera che anche il primo album dei Killswitch Engage, del 2000, non era metalcore ma metallic hardcore. La confusione si genera perchè i due termini sono praticamente sinonimi e infatti bisognerebbe usare l'etichetta melodic metalcore per non creare problemi a chi si approccia a questi filoni per la prima volta.
Torno veloce sui Loathe: questo disco per me è davvero un gioiello (Aggressive Evolution la mia preferita) e mi auguro che con le pubblicazioni future riescano a raccogliere ancora più consensi e possano raggiungere la notorietà che meritano.
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8
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Ah ok.. Non ho mai pensato ad un possibile "miscuglio" fra Pantera ed Obituary.. I secondi, è dai tempi di The End Complete che non li seguo più, ma li ricordo come esponenti del Death americano classico.. Diverso discorso per i Pantera... |
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7
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@ LUCIO 77: No primordiale nel senso Hardcore primordiale ereditato dalla scena anni 80 e da esponenti come Pantera e Obituary, con canzoni corte, più ripetitive e per niente melodiche: i Bring Me the Horizon sono sempre stati all'opposto di quella scena, specialmente adesso. |
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6
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Grazie per i Consigli ad entrambi.. Ascolterò.. Ma "primordiale" inteso primi BMTH e simili? Potrebbe interessarmi... |
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5
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Ci sarebbe pure una "rinascita" del metalcore primordiale anni 90 promosso da riviste come Kerrang! con relativi esponenti (Knocked Loose, Varials, Jesus Piece, Counterparts, Employed to Serve, Kublai Khan). Del resto l'ultimo degli Hatebreed era atteso da anni, e anche Integrity e Ringworm continuano a fare dischi a dispetto della variante Djent. |
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4
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@Lucio, sapevo che prima o poi avresti trovato questa recensione!
Sull'etichetta: per me è giusto definire il disco metalcore, perché l'impalcatura sonora di base è quella. Poi certo, come scritto nel testo, loro partono dal -core e inseriscono un'infinità di sfumature e influenze prese da altri generi, a mio avviso la vera carta vincente della loro proposta. Qui si sentono tantissimo i Deftones (su cui ho anche scritto un Fatal Portrait) e dunque potremmo dire "alternative/metalcore" senza andare tanto lontani dalla verità.
Il melodic metalcore che tu conosci (quello di Alive or just breathing per intenderci) ha dettato legge dal 2004 fino al 2015 (anno di That's the Spirit dei BMTH) e da lì in poi c'è stato una sorta di diramazione: chi continua a mantenere questi stilemi, chi ha alleggerito il sound verso il mainstream (BMTH) e chi cerca nuove strade ibridando la materia core con altri generi. Questi sono i Loathe, sicuramente tra i migliori interpreti dell' ultima corrente di modern metalcore. Ti consiglio, e credo ti possa piacere anche di più, Underneath dei Code Orange: metalcore e industrial e tra i dischi più belli dell'anno scorso insieme a quello qui in esame. |
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3
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Ascoltato con interesse.. Sono rimasto spiazzato dall'Etichetta Metal Core dell'Album, visto che in concreto si è manifestato come un Lavoro Crossover .. Per il mio orecchio le parti melodiche forse sono un po' troppo "leggere", però i brani si lasciano ascoltare.. La prossima volta, prima leggo la Recensione così non ho "sorprese" e so già cosa aspettarmi.. Mea culpa... |
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@Carmine, ah ah grande Chino Moreno! Certo i Loathe sono giovani e hanno ancora tanta strada da fare, ma per quanto finora pubblicato sono tra i più interessanti e meritevoli nel panorama metalcore. Già il primo disco era di buona fattura però con questo hanno alzato l'asticella in modo vertiginoso. Sui Code Orange non posso che concordare con te perché lo ritengo anche io un lavoro pazzesco e senza dubbio tra i migliori del 2020 |
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Chino Moreno poco dopo l'uscita twittava questo: “Two-Way Mirror is better than all your stupid music, including mine. FUCK WITH ME.”. Peccato che fu costretto a cancellarlo, era una bell'attestato di stima. Aldilà di tutto, credo che la recensione sia più che esaustiva. E' uno dei lavori più emozionanti che abbia ascoltato lo scorso anno e spero anche io che da qui parta un filone di dischi e di band che portino altra aria fresca al genere. Giusto citare anche i Code Orange, peccato non se ne sia parlato abbastanza da queste parti, Underneath è un'altra bomba. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Theme 2. Aggressive Evolution 3. Broken Vision Rhythm 4. Two-Way Mirror 5. 451 Days 6. New Faces in the Dark 7. Red Room 8. Screaming 9. Is It Really You? 10. Gored 11. Heavy Is the Head That Falls with the Weight of a Thousand Thoughts 12. A Sad Cartoon 13. A Sad Cartoon (reprise) 14. I Let It in and It Took Everything
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Line Up
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Kadeem France (voce) Erik Bickerstaffe (voce, chitarra) Connor Sweeney (chitarra, cori) Feisal El-Khazragi (basso, cori) Sean Radcliffe (batteria)
Musicisti ospiti Harry Rule (voce, traccia 3) Vincente Void (voce, traccia 14)
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