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27/04/25
THE LUMINEERS
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Eyehategod - Confederacy of Ruined Lives
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10/04/2021
( 961 letture )
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Non si può giocare col Diavolo senza prima o poi finire bruciati. Questo più o meno il punto di partenza da cui cominciare a considerare il nero monolite a titolo Confederacy of Ruined Lives, creato da quella vera e propria macchina di sofferenza dal nome Eyehategod. La band, nata a New Orleans nel 1988, è una degli alfieri dello sludge e rappresenta, per certi versi, probabilmente la sua anima più vicina all’hardcore, non fosse altro che per le torturate corde vocali di Mike IX Williams, tossico senzatetto, poeta decadente e nichilista, misantropo e moderno Diogene. La band, reduce dal proprio terzo album, Dopesick, aveva probabilmente raggiunto il proprio culmine di schizofrenia proprio durante le registrazioni di quel monumento allo sludge, tra ferite e sangue sparso per tutto lo studio di registrazione, riuscendo a trasferire in quell’album una follia di fondo non replicabile, che lo portava probabilmente a superare la già dolorosa e feroce dimensione dei suoi predecessori. Una tensione che aveva inevitabilmente usurato i rapporti interni, con Jimmy Bower che aveva finito per offrire i propri servigi come batterista sia ai Down che ai Crowbar e poi ai Corrosion of Conformity, Brian Patton che tornò ai propri Soilent Green e il posto di bassista che tornava di nuovo vacante. Senza sciogliersi, insomma, gli Eyehategod si erano separati e lo resteranno a lungo, almeno cioè finché l’idea di pubblicare una raccolta di singoli, split, demo e brani scartati, non costrinse i quattro membri originali, raggiunti dal bassista Daniel Nick, a rimettersi a lavorare assieme, facendo uscire Southern Discomfort a gennaio del 2000 e il nuovo disco di inediti, Confederacy of Ruined Lives, appunto, nel settembre dello stesso anno.
Le premesse per il disco non furono insomma le migliori e, in effetti, rispetto alle prove precedenti, tutte a loro modo delle pietre miliari nel genere, il quarto album sarà anche uno dei più travagliati nella lunga carriera dei ragazzi della Louisiana. La difficoltà di fare di meglio di quanto avevano realizzato fino a quel punto e la consapevolezza di non star vivendo il loro miglior momento, porterà quindi i cinque a non forzare ulteriormente la mano verso novità o stravolgimenti dei punti di forza del loro approccio, che viene sostanzialmente confermato e reiterato. Semmai, rispetto a Dopesick, il nuovo album appare appena più lineare, meno caotico, con una forte impronta sludge e meno rumoristica. Una tendenza che comunque non modifica in niente la pesantezza doom del riffing, né la melmosa e apocalittica sonorità che avvolge tutto il disco e che ben prepara la sensazione di disgusto verso tutto e tutti che viene veicolata nei brani. Basta poi dare una veloce scorsa ai titoli per rendersi conto della ritornante attenzione rivolta al tema della corruzione. Un argomento questo che traspare evidente in almeno tre tracce del disco e che assieme alla prima Revelation/Revolution sembra indicare una propensione verso temi di critica sociale e politica. Ma se le novità scarseggiano in Confederacy of Ruined Lives, ebbene, questo non significa che il disco manchi di idee o che si riveli bolso e inoffensivo. Non è oggettivamente possibile per una band come gli Eyehategod, che della sincera e profonda rabbia e delusione verso l’umanità hanno fatto una bandiera. Già la iper-sabbathiana opener, sulla quale Williams scatena la propria ugola scorticata ci invita ad abbandonare ogni speranza e ogni spinta verso la redenzione: la perdizione e il marciume ci attendono. A confermarlo ecco subito i feedback rumoristici e il riff mortale di Blood Money, che accelera appena sulla strofa, andando ad avvicinarsi a quanto fatto dai Down anche nell’evoluzione del brano: blues, southern flavour e rabbia sincera. Una ricetta che continua a rivelarsi feconda e viene infatti ripresa anche nella successiva Jack Ass in the Will of God, peraltro un rifacimento di Southern Discomfort, a conferma di quanto quel disco fosse stato importante per ritrovare una direzione di band. Ancora meglio la successiva Self Medication Blues, con i suoi saliscendi dinamici che sembrano confermare una vena più semplice e diretta, ma non meno gorgogliante. A questo punto il disco sembra incanalarsi verso un binario più o meno chiaro, quando ecco che 0.001% sconvolge tutto con i suoi dolorosissimi tre minuti di noise e feedback trapananti che sembrano poi aprire al brano vero e proprio, il quale però quasi immediatamente collassa nuovamente nella spirale del noise, fino a oltre sei minuti di dolore puro che lasciano delle ferite vere nell’ascoltatore. A malapena possiamo sperare di riprenderci con la successiva 99 Miles of Bad Road e trascinarci poi verso il finale del disco, che senza tradire il trademark della band, risulta appena più prevedibile, come già successo a metà ascolto.
Figlio di un momento di tensione e di una naturale e fisiologica flessione di intensità, per una band che fino a poco tempo prima aveva vissuto letteralmente sul filo del rasoio, Confederacy of Ruined Lives ha spesso finito per soffrire la vicinanza ai primi tre monoliti rilasciati dagli Eyehategod, facendo la figura del disco meno interessante della discografia del gruppo (escludendo il citato Southern Discomfort, che non può essere considerato un album nel vero senso della parola), se si considera poi che dalla sua uscita passeranno poi quattordici anni per ritrovare la band in studio, col quinto e omonimo album. Un destino questo al quale non può sfuggire e che, per certi versi, è anche meritato: sicuramente meno feroce e meno pungente degli album precedenti, più “ordinario”, se una parola del genere può avere il minimo senso per una band come gli Eyehategod, privo di picchi assoluti e con qualche traccia che rasenta la “normalità”, Confederacy of Ruined Lives non è all’altezza delle migliori uscite del gruppo. Eppure, la sua maggior linearità può rivestire un valore aggiunto per chi facesse fatica a digerire le altre -terrorizzanti- uscite e il livello medio resta comunque decisamente alto, tanto che è impossibile parlare di filler o di brani che siano deludenti. È un po’ quello che succede quando si producono capolavori in serie: il primo che non lo è rischia di essere sottostimato, molto al di là di quelli che potrebbero essere i suoi difetti. La verità è che riascoltarlo oggi e rispolverarlo dallo scaffale è il miglior regalo che possiate fare a lui e a voi stessi.
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2
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Grazie mille No Fun, troppo buono! |
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1
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Penso che il primo paragrafo della rece sia una delle cose migliori lette su questo sito, giusta presentazione per la musica tragica di questo grande gruppo. Questo mi manca però, mi sa che mi faccio un regalo mentre aspetto l'ultimo. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Revelation / Revolution 2. Blood Money 3. Jack Ass in the Will of God 4. Self Medication Blues 5. The Concussion Machine Process 6. Inferior and Full of Anxiety 7. 0.001% 8. 99 Miles of Bad Road 9. Last Year (She Wanted a Doll House) 10. Corruption Scheme
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Line Up
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Mike IX Williams (Voce) Brian Patton (Chitarra) Jimmy Bower (Chitarra) Danny Nick (Basso) Joe LaCaze (Batteria)
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