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Steve Hackett - Surrender of Silence
05/10/2021
( 2229 letture )
Dopo la parentesi acustica dell’anno scorso di Under a Mediterrean Sky, Steve Hackett torna nuovamente alla sua abituale veste progressive rock dalla forte vocazione orchestrale ed etnica con Surrender Of Silence. La nuova fatica dell’ex Genesis è la forma definitiva delle idee maturate durante il lockdown e, infatti, stando alle parole del chitarrista, l’intento del disco sarebbe quello di permettere all’ascoltatore di viaggiare mentalmente in luoghi esotici, stimolandone la fantasia e l’immaginazione attraverso veri e propri quadri sonori resi possibili grazie ai numerosi collaboratori in giro per il mondo che hanno aiutato Hackett a completare e arricchire il processo di scrittura dell’album.

Sulla scia dei precedenti Wolflight e The Night Siren, Surrender of Silence espande ulteriormente le influenze sinfoniche ed etniche andando a combinarle con il rock progressivo e, talvolta, con cadenze e riffing venati di hard rock. Chiaramente il tocco di Steve Hackett è sempre riconoscibile sia quando si ritaglia i propri spazi solisti sia quando si limita ad accompagnare i brani, anche se rispetto ai lavori precedenti il chitarrista sembra voler rimanere talvolta in secondo piano in molti momenti, preferendo dare spazio agli evocativi interventi orchestrali. Ciò nonostante, la sei corde è sempre incisiva negli interventi, cesellando le canzoni con melodie efficaci, assoli articolati e carichi di insistiti legati, ma soprattutto con una capacità comunicativa e talvolta emozionale davvero rara. In questo senso i brani più riusciti sono Relaxation Music for Sharks (Featuring Feeding Frenzy), l’oscura e gotica The Devil’s Cathedral dagli ottimi spunti strumentali, Held in the Shadows in cui la chitarra fa da risposta e controcanto al coro del ritornello, e la delicata ballad Scorched Earth. In mezzo a questi brani dalle sonorità più virate sull’hard-prog sinfonico, se ne trovano altrettanti che spezzano l’andamento deciso e tempestoso generale, esplorando altri contesti che, come abbiamo accennato, richiamano caldi paesaggi africani e affascinanti suggestioni provenienti dal medio ed estremo Oriente. Trovano così la propria ragion d’essere episodi come la tribale Wingbeats o la teatrale e maestosa Shanghai to Samarkand, probabilmente il brano migliore del disco baciato da una solennità e da atmosfere tese che richiama nel suo andamento marziale Kashmir degli arcinoti Led Zeppelin.

La deriva artistica di Steve Hackett, da qualche anno ad oggi, si basa evidentemente sulla ricerca di composizioni di ampio respiro e barocche pregne, senza alcun tipo di paletto autoimposto, di influenze diversissime, ma che comunque riescono a coesistere in armonia rendendo l’ascolto sempre accattivante e piacevole. Surrender Of Silence riconferma due cose: la prima è la voglia mai sopita del chitarrista inglese di esplorare soluzioni sonore alternative da aggiungere al proprio tocco e stile esecutivo inconfondibile. La seconda è la classe, l’ispirazione e la voglia di mettersi in discussione sperimentando continuamente del buon Steve Hackett, il quale, a settantuno anni “suonati”, sembra essere ancora in grado di dire qualcosa di nuovo, insegnando ai giovani come fare del buon prog rock.



VOTO RECENSORE
79
VOTO LETTORI
85.14 su 7 voti [ VOTA]
Frank Frank
Venerdì 5 Agosto 2022, 0.08.40
8
Disco molto gradevole che cresce ad ogni ascolto, brani dal sapore variegato e con sonorità eterogenee che il nostro Steve riesce a tenere assieme grazie alla sua classe ed alla inconfondibile chitarra dove ogni riff è per un amante del sound Genesis una magnifica carezza. Visto ad Udine il 26 luglio 2022 con una band affiatatissima sempre nel suo magico rivisited dei Genesis.
rockliife
Giovedì 14 Ottobre 2021, 14.27.37
7
niente da dire e' un grande...migliora come il vino.. dischi uno meglio dell'altro..
Le Marquis de Fremont
Lunedì 11 Ottobre 2021, 13.57.38
6
Inutile sottolineare la bravura e la grande ispirazione di Hackett. Qui ne da una ennesima prova e mi sono piaciuti gli inserti un po' "world" se posso usare il termine. D'accordo con il recensore, nel mettere Shanghai to Samarkand come il pezzo migliore dell'album. Della capacità di songwriting di Hackett e della sua modernità, lo dimostra un paragone con The Quest, l'ultimo degli Yes, pour moi abbastanza anonimo. Qui c'è molto di meglio. Jusqu'à la prochaine fois.
Dark_Nebula
Domenica 10 Ottobre 2021, 11.45.31
5
@ Azoras e già i Genesis senza di lui sono andati poco a poco alla deriva
Michele "Axoras"
Sabato 9 Ottobre 2021, 13.02.25
4
Non c'è niente da fare, è una delle più grandi certezze del "passato" ai giorni d'oggi. A tratti ad oggi penso di essere quasi contento che abbia abbandonato i genesis XD
maurizio
Giovedì 7 Ottobre 2021, 23.55.13
3
GRAN BEL DISCO....io amo steve e i primi genesis un appunto la voce steve a una voce non all'altezza del resto perciò il disco o lo fai cantare tutto da nad sylvan ochiami dei cantanti veri voto 80 con una grande voce sarebbe stato un disco da 90 e più
Dark_Nebula
Mercoledì 6 Ottobre 2021, 15.02.53
2
Ho preso questo suo ultimo lavoro ad occhi chiusi, e che dire... un viaggio emozionale come sempre. In più, per via anche dell'ottimo mixaggio, se ascoltato in multicanale per via del supporto blu ray della versione deluxe (e per chi ha un buon impianto), ne trarrà altre sfumature che vanno evidenziare quanto detto all'inizio. Un artista immenso da cui prendere spunto e ispirazione
Adrian Smith
Mercoledì 6 Ottobre 2021, 8.37.17
1
Grande, rispetto per chi oltre agli anni continua a sfornare lavori di pregio con cadenza annuale. Che sia prog o rock o ambient, Steve Hackett esprime qualita’!
INFORMAZIONI
2021
Inside Out Music
Prog Rock
Tracklist
1. The Obliterati
2. Natalia
3. Relaxation Music for Sharks (Featuring Feeding Frenzy)
4. Wingbeats
5. The Devil’s Cathedral
6. Held in the Shadows
7. Shangai to Samarkand
8. Fox’s Tango
9. Day of the Dead
10. Scorched Earth
11. Esperanza
Line Up
Amanda Lehmann (Voce)
Durga McBroom (Voce)
Lorelei McBroom (Voce)
Nad Sylvan (Voce)
Steve Hackett (Chitarra elettrica, acustica, 12 corde, Charango, Armonica, Cetra, Voce, Percussioni)
Roger King (Tastiere, Orchestrazioni)
Jonas Reingold (Basso)
Christine Townsend (Violino, Viola)
Rob Townsend (Sax soprano, Sax tenore, Clarinetto, Dizi)
Ubaidulloev Sodirkhon Saydulloevich (Dutar)
Malik Mansurov (Tar)
Nick D’Virgilio (Batteria)
Craig Blundell (Batteria)
Phil Ehart (Batteria)
 
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